Cassazione Sezione Lavoro 28.5.2021 n.14993. Pubblico impiego – dimissioni – accettazione da parte della pubblica amministrazione – non necessità. Convalida ex legge 92/2012 – inapplicabilità.

Le dimissioni del pubblico dipendente.

 

La Suprema Corte è investita del caso di un pubblico dipendente che rassegnate le dimissioni con semplice nota scritta,  ne chiede l’annullamento.

Ritiene come nell’ambito della Pubblica Amministrazione contrattualizzata con il DLGS n.29/1993, sia ormai inapplicabile la normativa che prevedeva l’accettazione delle dimissioni da parte dell’amministrazione medesima.

Così afferma testualmente in proposito la sentenza della Cassazione citata in epigrafe:

Questa Corte ha da tempo affermato che, a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 29 del 1993, essendo il cd. rapporto di pubblico impiego privatizzato regolato dalle norme del codice civile e dalle leggi civili sul lavoro, nonchè dalle norme sul pubblico impiego, solo in quanto non espressamente abrogate e non incompatibili, le dimissioni del lavoratore costituiscono un negozio unilaterale recettizio, idoneo a determinare la risoluzione del rapporto di lavoro dal momento in cui vengano a conoscenza del datore di lavoro e indipendentemente dalla volontà di quest’ultimo di accettarle, sicchè non necessitano più, per divenire efficaci, di un provvedimento di accettazione da parte della pubblica amministrazione (cfr. in tal senso Cass. 5 marzo 2009, n. 57; Cass. 5 marzo 2013, n. 5413).

3.2. Il principio è stato ribadito anche da Cass. 21 novembre 2018, n. 30126 che, proprio per l’affermata necessità di accertare esclusivamente l’intento risolutorio del soggetto che ha posto in essere il negozio, ha affermato che deve essere particolarmente rigorosa l’indagine diretta ad accertare che, da parte del lavoratore, sia stata effettivamente manifestata in modo univoco l’incondizionata e genuina volontà di porre fine al rapporto (nella specie, non risulta che l’atto di dimissioni de quo sia stato impugnato per essere frutto di un presupposto erroneo convincimento).

3.3. E’ stato, altresì, affermato (v. Cass. 10 febbraio 2009, n. 3267) che, proprio in ragione dell’effetto immediato di tali dimissioni, la successiva revoca è inidonea ad eliminare l’effetto risolutivo già prodottosi, restando peraltro salva la possibilità, per le parti, in applicazione del principio generale di libertà negoziale, di porre nel nulla le dimissioni con la conseguente prosecuzione a tempo indeterminato del rapporto stesso, e con l’onere, in tal caso, di fornire la dimostrazione del raggiungimento del contrario accordo, a carico del lavoratore (nel caso in esame, una tale evenienza non è stata giammai prospettata).

Non è neppure applicabile l’articolo 1, comma 7 (legge Fornero) che stabilisce i requisiti per rassegnare valide dimissioni, norma che la Cassazione ritiene inapplicabile al pubblico impiego, nell’attesa delle necessarie norme di raccordo.

Così testualmente afferma la Corte in motivazione:

  1. Tanto precisato in termini generali, va verificato se deroghe siano state introdotte dalla normativa successiva.

4.1. Va, al riguardo, osservato che, ai sensi della L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 7, le disposizioni normative di cui alla medesima legge costituiscono principi e criteri per la regolazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 1, comma 2, e succ. mod., ferme restando le deroghe contemplate per il personale appartenente agli ordinamenti di cui all’art. 3 del medesimo D.Lgs..

A sua volta, il successivo comma 8 prevede espressamente che, al fine dell’applicazione del comma 7, il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, individua e definisce, anche mediante iniziative normative, gli ambiti, le modalità e i tempi di armonizzazione della disciplina relativa ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche.

4.2. Questa Corte, con la sentenza Cass. 9 giugno 2016, n. 11868, che peraltro ha preso in esame, disattendendola, la precedente Cass. 26 novembre 2015, n. 24157 richiamata dalla ricorrente, ha affermato che sebbene la norma, che risulta dal combinato disposto della L. n. 92 del 2012, art. 1, commi 7 e 8, sia stata formulata in termini diversi rispetto ad altre disposizioni, con le quali è stata esclusa l’automatica estensione all’impiego pubblico contrattualizzato di norme dettate per l’impiego privato (si pensi, ad esempio, al D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 1, comma 2), tuttavia a fini interpretativi assume peculiare rilievo il rinvio ad un successivo intervento normativo contenuto nel comma 8, non dissimile da quello previsto dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 86, comma 8, che ha, appunto, demandato al Ministro della funzione pubblica, previa consultazione delle organizzazioni sindacali, di assumere le iniziative necessarie per armonizzare la disciplina del pubblico impiego con la nuova normativa, pacificamente applicabile al solo impiego privato. La circostanza che il comma 7 faccia salve le disposizioni della L. n. 92 del 2012 che dispongano in senso diverso, si giustifica considerando che la stessa legge contiene anche norme che si riferiscono espressamente all’impiego pubblico (si pensi, ad esempio, all’art. 2, comma 2, che esclude dall’ambito della operatività dell’ASPI i dipendenti delle pubbliche amministrazioni), sicchè la eccezione opera solo con riferimento alle disposizioni in relazione alle quali la questione della applicabilità all’impiego pubblico sia stata già risolta in modo espresso dal legislatore del 2012. Così è stato affermato che le modifiche apportate dalla L. n. 92 del 2012 alla L. n. 300 del 1970, art. 18 non si applicano ai rapporti di pubblico impiego privatizzato (sicchè la tutela del dipendente pubblico, in caso di licenziamento illegittimo intimato in data successiva all’entrata in vigore della richiamata L. n. 92, resta quella prevista dall’art. 18 St. lav. nel testo antecedente la riforma).

4.4. In ragione dei suddetti principi (ribaditi anche da Cass. 6 ottobre 2017, n. 23424, conforme alla citata Cass. n. 11868/2016) è stato ritenuto che, per l’applicabilità all’impiego pubblico contrattualizzato della disciplina concernente la procedura di convalida delle dimissioni, di cui alla L. n. 92 del 2012, art. 4, commi 16 – 22, occorre l’adozione di appositi provvedimenti attuativi per l’armonizzazione del lavoro privato con il lavoro nelle pubbliche amministrazioni (v. sul punto Cass. 9 agosto 2019, n. 21297). Ciò in quanto anche che la suddetta disciplina della convalida delle dimissioni è modulata sulle dinamiche del lavoro privato, in relazione all’esigenza di garantire che le dimissioni siano frutto di autonoma determinazione del lavoratore soprattutto nei periodi in cui lo stesso non può essere licenziato, piuttosto che su quelle del lavoro pubblico contrattualizzato. Ed infatti, la L. n. 92 del 2012, art. 4, commi da 16 a 22, al fine di garantire la corrispondenza tra la dichiarazione di volontà del lavoratore e l’intento risolutorio (in particolare nel caso in cui le dimissioni intervengano durante il periodo di gravidanza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante i primi tre anni di vita del bambino o nei primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento, o, in caso di adozione internazionale) rafforza il regime della convalida, che diviene condizione sospensiva della risoluzione del rapporto di lavoro stesso.”

 

Fabio Petracci.

 

Pubblico Impiego, progressioni verticali, titolo di studio, concorso o selezione comparativa?

Consiglio di Stato
Sezione Terza sede giurisdizionale sentenza n.4172/2021
I giudici amministrativi con questa sentenza hanno ribadito che per partecipare alle procedure “speciali” di progressioni verticali, attivate dalle pubbliche amministrazioni, al fine di valorizzare le professionalità interne, in conformità alle disposizioni previste dall’art.22, comma 15, del d.l.gs n.75/2017 (cosiddetta Riforma Madia), come modificato dall’art. 1, comma 1-ter, D.L. n. 162/2019, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 80/2020, per il solo triennio 2018/2020, prorogato al 2020/2022, le amministrazioni “possono derogare al principio del concorso pubblico con riserva di posti per i propri dipendenti e procedere alle progressioni verticali con procedure selettive esclusivamente interne, ma per la partecipazione al concorso è necessario che i concorrenti siano in possesso dei titoli di studio necessari per l’accesso dall’esterno alla categoria, ossia dei titoli richiesti per l’accesso al pubblico impiego a seguito di un ordinario concorso aperto a tutti i candidati.”

La giurisprudenza (Cassazione Sezioni Unite 10.1.2007 n.220 ) aveva ritenuto come i passaggi all’area superiore per mobilità verticale e tramite concorso dovevano ritenersi come assunzioni ex novo ascritte al diritto pubblico e quindi rientranti nella giurisdizione del giudice amministrativo.

In effetti, l’articolo 52 allora vigente del DLGS 165/2001 prevedeva che l’accesso all’area superiore dovesse avvenire per concorso con riserva a favore del personale interno in misura non superiore al 50%.

Dunque, un nuovo concorso da svolgere assieme ai candidati esterni con la novazione del rapporto di lavoro.

Di seguito il DLGS 75/2017 (Madia) mediante il comma 15 dell’articolo 22, apportava una temporanea modifica alla normativa in questione, prevedendo che per il triennio 2020/2022, le pubbliche amministrazioni al fine di valorizzare le professionalità interne, avrebbero potuto attivare delle procedure selettive per la progressione tra aree, riservate al personale di ruolo, nella misura del 30% del fabbisogno di personale, considerando come titoli rilevanti per l’accesso all’area superiore, la valutazione positiva conseguita dal dipendente per un triennio.

Quindi, la materia delle progressioni verticali ha subito con il DL 80/2021 delle importanti innovazioni.

L’articolo 52 del DLGS 80/2020 nel testo anteriore al citato DL 80/2021 prevedeva testualmente che:

Le progressioni fra le aree avvengono tramite concorso pubblico, ferma restando la possibilità per l’amministrazione di destinare al personale interno, in possesso dei titoli di studio richiesti per l’accesso dall’esterno, una riserva di posti comunque non superiore al 50 per cento di quelli messi a concorso. La valutazione positiva conseguita dal dipendente per almeno tre anni costituisce titolo rilevante ai fini della progressione economica e dell’attribuzione dei posti riservati nei concorsi per l’accesso all’area superiore

 

L’attuale testo dell’articolo 52 del DLGS 165/2001, dopo l’intervento del DLGS 80/2021 così prevede:

 

Fatta salva una riserva di almeno il 50 per cento delle posizioni disponibili destinata all’accesso dall’esterno, le progressioni fra le aree avvengono tramite procedura comparativa basata sulla valutazione positiva conseguita dal dipendente negli ultimi tre anni di servizio, sull’assenza di provvedimenti disciplinari, sul possesso di titoli professionali e di studio ulteriori rispetto a quelli previsti per l’accesso all’area, nonché sul numero e sulla tipologia degli incarichi rivestiti.

 

Se raffrontiamo le due disposizioni, notiamo le seguenti differenze:

 

La nuova versione dell’articolo 52 del DLGS 165/2001 non prevede più il concorso pubblico per la progressione fra aree, ma più semplicemente una procedura comparativa tra i candidati relativa agli ultimi tre anni di servizio.

 

Nel precedente testo, la valutazione positiva costituiva un titolo rilevante ai fini dell’accesso all’area superiore.

Nell’attuale, la valutazione positiva ed i titoli posseduti costituiscono invece i veri e propri elementi di comparazione.

 

Quindi, in funzione prettamente meritocratica, il passaggio di area non avviene più tramite concorso, come se si trattasse di una nuova assunzione, ma nella misura del 50% tramite procedura comparativa secondo principi di selettività, in funzione delle capacità culturali e professionali, della qualità dell’attività svolta e dei risultati conseguiti, attraverso l’attribuzione di fasce di merito.

Ne consegue, il superamento della rigida regola concorsuale quale barriera tra le aree professionali.

 

Fabio Petracci.

 

Ricercatori università specialità e deroghe al contratto a termine

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha chiarito che il sistema italiano di reclutamento dei ricercatori a tempo determinato non è in contrasto con l’accordo quadro concluso il 18 marzo 1999, sul lavoro a tempo determinato, nello specifico la Corte dichiara che: “La clausola 5 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che essa non osta a una normativa nazionale in forza della quale è prevista, per quanto riguarda l’assunzione dei ricercatori universitari, la stipulazione di un contratto a tempo determinato per un periodo di tre anni, con una sola possibilità di proroga per un periodo massimo di due anni, subordinando, da un lato, la stipulazione di tali contratti alla condizione che siano disponibili risorse per la programmazione, al fine di svolgere attività di ricerca, di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti, e, dall’altro, la proroga di tali contratti alla positiva valutazione delle attività didattiche e di ricerca svolte, senza che sia necessario che tale normativa stabilisca i criteri oggettivi e trasparenti che consentano di verificare se la stipulazione e il rinnovo di tali contratti rispondano effettivamente a un’esigenza reale, se essi siano idonei a conseguire l’obiettivo perseguito e siano necessari a tal fine”.

Smart working e permessi sindacali. Cosa dice l’ARAN

E’ possibile la fruizione dei permessi per l’espletamento del mandato e dei permessi per le riunioni di organismi direttivi statutari ad ore qualora il dipendente/dirigente sindacale sia in smart working?

Per quanto di competenza, si fa presente che la regola generale prevede che sia i permessi per le riunioni di organismi direttivi statutari che i permessi per l’espletamento del mandato possano essere fruite sia ad ore che a giornate (art. 10, comma 1 per i permessi per l’espletamento del mandato e art. 13, comma 1 per i permessi per le riunioni di organismi direttivi statutari del CCNQ 4/12/2017 come modificato dal CCNQ 19/11/2019).

Sul punto, appare utile ricordare che la funzione di qualsiasi tipologia di permesso è quella di consentire al lavoratore di interrompere la propria attività durante l’orario di lavoro.

Pertanto, con riguardo alla possibilità di fruizione di permessi sindacali retribuiti ad ore per il personale che rende la propria prestazione lavorativa in smart working, questa Agenzia è dell’avviso che le due fattispecie non siano a priori incompatibili.

Ad esempio, in base alle indicazioni della Direttiva 01/06/2017, n° 3 del Ministro per la Pubblica Amministrazione, nel lavoro svolto in modalità agile è possibile individuare fasce di reperibilità – volte ad assicurare il coordinamento tra la prestazione di lavoro in modalità agile e l’organizzazione complessiva del datore di lavoro – nelle quali il lavoratore deve rendersi contattabile e disponibile per l’amministrazione.

In tale ipotesi, anche nella modalità lavorativa agile potrebbe risultare necessaria la fruizione su base oraria dei permessi retribuiti previsti dal vigente CCNQ in tema di prerogative sindacali. Infatti, essi nella fattispecie in esame, si concretizzerebbero nella possibilità per il dipendente, in relazione ad un intervallo temporale determinato, di poter svolgere attività sindacale in orario coincidente con le predette fasce di reperibilità di cui alla citata Direttiva, ferme restando le ordinarie disposizioni contrattuali in tema di requisiti soggettivi e oggettivi per la fruizione dei permessi in parola.

 

Comparto scuola. Nel caso di mobilità nell’ambito del comparto per supplenza temporanea il dipendente RSU perde la qualifica di rappresentante sindacale?

Un assistente amministrativo, eletto nella RSU, che successivamente ha accettato un incarico di supplenza temporanea su posto da DSGA in altra istituzione scolastica, decade dalla carica di componente RSU?

Parere dell’ARAN.

Nel merito si fa presente che l’art. 59 del CCNL Comparto Scuola del 29 novembre 2007 prevede che “Il personale ATA può accettare, nell’ambito del comparto scuola, contratti a tempo determinato di durata non inferiore ad un anno, mantenendo senza assegni, complessivamente per tre anni, la titolarità della sede. L’accettazione dell’incarico comporta l’applicazione della relativa disciplina prevista dal presente CCNL per il personale assunto a tempo determinato, fatti salvi i diritti sindacali.”

La predetta disposizione si configura come norma di miglior favore in quanto consente ad un dipendente, già in servizio presso una Scuola, di avere un altro rapporto di lavoro a tempo determinato, in un diverso Istituto scolastico, per migliorare la sua posizione economica e professionale. Nell’ambito di tale disciplina, al prevalente interesse del dipendente viene posto, dalle parti negoziali, un preciso limite per quanto riguarda la durata dell’incarico che, al fine di evitare ricadute negative sull’organizzazione del lavoro, non può essere inferiore all’arco temporale di un anno.

Di contro, l’art. 3 parte II dell’Accordo quadro 7 agosto 1998, novellato dall’art. 1 del CCNQ 9 febbraio 2015, prevede che per poter essere eletto quale componente della RSU è necessario che il lavoratore sia in servizio. Trattandosi di requisito per l’eleggibilità, la condizione citata deve permanere anche dopo l’elezione, pena la decadenza dalla carica. Pertanto, qualora il lavoratore eletto nella RSU non presti più servizio nell’Amministrazione (pensionamento, trasferimento, assegnazione provvisoria, comando presso un’altra Amministrazione, contratto a tempo determinato, etc.), si verifica un caso di decadenza “automatica”.

In tale ipotesi la RSU deve verificare se in base alla regola generale di cui all’art. 7, comma 3 dell’ACQ citato – ovvero che “La RSU decade qualora il numero dei componenti scenda al di sotto del 50% del numero previsto all’art. 4, Parte Prima, ACQ del 7 agosto 1998, con il conseguente obbligo di procedere al suo rinnovo, secondo le modalità previste dal presente Regolamento” – la RSU possa ancora considerarsi validamente costituita.

SEMINARIO: La non contestazione del ricorrente nel processo del lavoro.

VENERDI’ 25 GIUGNO 2021 DALLE ORE 14,00 ALLE ORE 17.00 presso il Seminario Vescovile di via Pasquale Besenghi, 16 a Trieste ed in streaming su piattaforma Cisco Webex previa iscrizione.

Seminario di aggiornamento professionale in materia di Diritto del Lavoro
LA NON CONTESTAZIONE DEL RICORRENTE NEL PROCESSO DEL LAVORO

Presiede ed introduce il tema
Fabio Petracci
Avvocato Giuslavorista – Foro di Trieste

Relatori
Riccardo Bolognesi
Avvocato Giuslavorista – Presidente APL – Avvocati per il lavoro
Direttore della Scuola Forense «Vittorio Emanuele Orlando» dell’Ordine degli Avvocati di Roma

Eugenio Frasca
Avvocato Giuslavorista – Foro di Roma

Nicola De Marinis
Consigliere della Suprema Corte di Cassazione

Conclusioni
Daniele Compagnone
Avvocato Giuslavorista – Foro di Gorizia

Il seminario è stato accreditato con Delibera del COA di Trieste del 18 giugno 2021, con 3 crediti formativi concessi ai partecipanti presenti (firma all’inizio e al termine).
Il seminario potrà essere seguito anche in streaming tramite piattaforma Cisco Webex , previa richiesta del link da inviare alla mail segreteria@avvocatiperillavoro.it

Scarica la locandina.

Il DL 80/2021, Brunetta, alte professionalità, meritocrazia, assunzioni PNRR nella pubblica amministrazione.

D.L. 09/06/2021, n. 80

Misure urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni funzionale all’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per l’efficienza della giustizia.

Pubblicato nella Gazz. Uff. 9 giugno 2021, n. 136.

 

Articolo 1 – comma 1 previsione per enti di assunzioni mirate al PNRR.

Si impone a ciascuna amministrazione l’individuazione di uno specifico fabbisogno per PNRR per ciascuna PA.

 

Per i reclutamenti di cui ai commi 4 e 5, ciascuna amministrazione, previa verifica di cui al presente comma, individua, in relazione ai progetti di competenza, il fabbisogno di personale necessario all’attuazione degli stessi. In caso di verifica negativa le Amministrazioni possono assumere il personale o conferire gli incarichi entro i limiti delle facoltà assunzionali verificate.

 

Comma 2 contratti a termine PNRR procedure, durata e risoluzioni speciali per l’attuazione del PNRR

 

  1. Al fine di accelerare le procedure per il reclutamento del personale a tempo determinato da impiegare per l’attuazione del PNRR, le amministrazioni di cui al comma 1, possono ricorrere alle modalità di selezione stabilite dal presente articolo. A tal fine, i contratti di lavoro a tempo determinato e i contratti di collaborazione di cui al presente articolo possono essere stipulati per un periodo complessivo anche superiore a trentasei mesi, ma non eccedente la durata di attuazione dei progetti di competenza delle singole amministrazioni e comunque non oltre il 31 dicembre 2026. Tali contratti indicano, a pena di nullità, il progetto del PNRR al quale è riferita la prestazione lavorativa e possono essere rinnovati o prorogati, anche per una durata diversa da quella iniziale, per non più di una volta. Il mancato conseguimento dei traguardi e degli obiettivi, intermedi e finali, previsti dal progetto costituisce giusta causa di recesso dell’amministrazione dal contratto ai sensi dell’articolo 2119 del codice civile

 

I contratti a termine potranno trasformarsi a tempo indeterminato con una riserva massima del 40%

 

  1. Al fine di valorizzare l’esperienza professionale maturata nei rapporti di lavoro a tempo determinato di cui ai commi 4 e 5, lettera b), le amministrazioni di cui al comma 1, prevedono, nei bandi di concorso per il reclutamento di personale a tempo indeterminato, una riserva di posti non superiore al 40 per cento, destinata al predetto personale che, alla data di pubblicazione del bando, abbia svolto servizio per almeno trentasei mesi.
  2. Fermo restando quanto stabilito ai commi 1 e 2 per le finalità ivi previste, le amministrazioni, previa verifica di cui al comma 1, possono svolgere le procedure concorsuali relative al reclutamento di personale con contratto di lavoro a tempo determinato per l’attuazione dei progetti del PNRR mediante le modalità digitali, decentrate e semplificate di cui all’articolo 10 del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 2021, n. 76, prevedendo, oltre alla valutazione dei titoli ai sensi del citato articolo 10, lo svolgimento della sola prova scritta. Se due o più candidati ottengono pari punteggio, a conclusione delle operazioni di valutazione dei titoli e delle prove di esame, è preferito il candidato più giovane di età, ai sensi dell’articolo 3, comma 7, della legge 15 maggio 1997, n. 127.

 

Modifiche sono apportate anche all’articolo 7 del DLGS 165/2001 con la costituzione di un nucleo selezionato di consulenti cui attingere tramite gli elenchi della Funzione Pubblica inserito nel portale del reclutamento. Il comma 5 dell’articolo 1.

 

  1. Ai medesimi fini di cui al comma 1, il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, attraverso il portale del reclutamento di cui all’articolo 3, comma 7, della legge 19 giugno 2019, n. 56, istituisce due distinti elenchi ai quali possono iscriversi, rispettivamente:
  2. a) professionisti ed esperti per il conferimento incarichi di collaborazione con contratto di lavoro autonomo di cui all’articolo 7, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;
  3. b) personale in possesso di un’alta specializzazione per l’assunzione con contratto di lavoro a tempo determinato.
  4. Ciascun elenco è suddiviso in sezioni corrispondenti alle diverse professioni e specializzazioni e agli eventuali ambiti territoriali e prevede l’indicazione, da parte dell’iscritto, dell’ambito territoriale di disponibilità all’impiego. Le modalità per l’istituzione dell’elenco e la relativa gestione, l’individuazione dei profili professionali e delle specializzazioni, il limite al cumulo degli incarichi, le modalità di aggiornamento dell’elenco e le modalità semplificate di selezione comparativa e pubblica sono definite con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, previa intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

La legge assicura criteri selettivi per l’inserimento negli elenchi e relativa selezione per gli incarichi.

Tutte le fasi della procedura di cui al presente comma sono tempestivamente pubblicate sul sito istituzionale di ciascuna amministrazione.

  1. Per il conferimento degli incarichi di cui al comma 5, lettera a), il decreto di cui al comma 6 individua quali requisiti per l’iscrizione nell’elenco:
  2. a) almeno cinque anni di permanenza nel relativo albo, collegio o ordine professionale comunque denominato;
  3. b) essere iscritto al rispettivo albo, collegio o ordine professionale comunque denominato;
  4. c) non essere in quiescenza.
  5. Il decreto di cui al comma 6, ai fini dell’attribuzione di uno specifico punteggio agli iscritti, valorizza le documentate esperienze professionali maturate, il possesso di titoli di specializzazione ulteriori rispetto a quelli abilitanti all’esercizio della professione, purché a essa strettamente conferenti. Le amministrazioni, sulla base delle professionalità che necessitano di acquisire, invitano, rispettando l’ordine di graduatoria almeno tre professionisti o esperti, e comunque in numero tale da assicurare la parità di genere, tra quelli iscritti nel relativo elenco e li sottopongono ad un colloquio selettivo per il conferimento degli incarichi di collaborazione.
  6. L’iscrizione negli elenchi di cui al comma 5, lettera b), avviene previo svolgimento di procedure idoneative svolte ai sensi dell’articolo 10 del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 2021, n. 76, con previsione della sola prova scritta, alle quali consegue esclusivamente il diritto all’inserimento nei predetti elenchi in ordine di graduatoria, sulla base della quale le amministrazioni attingono ai fini della stipula dei contratti.
  7. Ai fini di cui al comma 5, lettera b), per alta specializzazione si intende il possesso della laurea magistrale o specialistica e di almeno uno dei seguenti titoli, in settori scientifici o ambiti professionali strettamente correlati all’attuazione dei progetti:
  8. a) dottorato di ricerca;
  9. b) documentata esperienza professionale continuativa, di durata almeno biennale, maturata presso enti e organismi internazionali ovvero presso organismi dell’Unione Europea.

 

 

Le amministrazioni titolari degli interventi di cui al PNRR possono richiedere che le procedure concorsuali siano organizzate dal Dipartimento della Funzione Pubblica assieme a FORMEZ:

 

 

  1. Per le amministrazioni pubbliche di cui al comma 1, le procedure concorsuali di cui al comma 4 possono essere organizzate dal Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri ai sensi del comma 3-quinquies dell’articolo 4 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, anche avvalendosi dell’Associazione Formez PA e del portale del reclutamento di cui all’articolo 3, comma 7, della legge 19 giugno 2019, n. 56. Nel bando è definito il cronoprogramma relativo alle diverse fasi di svolgimento della procedura

 

 

L’articolo 2 prevede l’avvio di progetti di lavoro formativi nell’ambito della pubblica amministrazione, mediante contratti di formazione e lavoro e quindi anche tramite l’istituto dell’apprendistato.

 

 

Art. 2. Misure urgenti per esperienze di formazione e lavoro professionalizzanti per giovani nella pubblica amministrazione

In vigore dal 10 giugno 2021

  1. Nelle more della attuazione della previsione di cui all’articolo 47, comma 6, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro della istruzione, il Ministro della università e della ricerca e il Ministro per le politiche giovanili, previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni di cui all’articolo 3 del decreto legislativo n. 281 del 1997, è consentita l’attivazione di specifici progetti di formazione e lavoro nelle pubbliche amministrazioni per l’acquisizione, attraverso contratti di apprendistato di cui agli articoli 4445 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, di competenze di base e trasversali, nonché per l’orientamento professionale da parte di diplomati e di studenti universitari. A tal fine è istituito, a decorrere dall’anno 2021, un apposito fondo presso lo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per il successivo trasferimento al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei Ministri, gestito dal Dipartimento della funzione pubblica, con una dotazione di euro 700.000 per l’anno 2021 e di euro 1.000.000 a decorrere dall’anno 2022 che costituisce limite di spesa.
  2. Agli oneri derivanti dal presente articolo, pari a euro 700.000 per l’anno 2021 e a euro 1.000.000 a decorrere dall’anno 2022 si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto legge 29 novembre 2004, n. 282convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.

 

 

 

Importanti interventi riguardano l’inquadramento del personale pubblico e le progressioni di carriera con significative modifiche all’articolo 52 del DLGS 165/2001.

Sono codificate le aree di inquadramento del personale che ammontano a 3 oltre ad una quarta area che sarà introdotta per il tramite della contrattazione collettiva e che riguarderà il personale ad alta professionalità non dirigente, quello che potrebbe intendersi un’area quadri.

 

 

Art. 3. Misure per la valorizzazione del personale e per il riconoscimento del merito

  1. All’articolo 52, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165il comma 1-bis, è sostituito dal seguente:
    «1-bis. I dipendenti pubblici, con esclusione dei dirigenti e del personale docente della scuola, delle accademie, conservatori e istituti assimilati, sono inquadrati in almeno tre distinte aree funzionali. La contrattazione collettiva individua, una ulteriore area per l’inquadramento del personale di elevata qualificazione.

 

Altrettanto importante è la previsione contenuta al comma 1, laddove è consentito in funzione prettamente meritocratica , il passaggio di area non più tramite concorso, come se si trattasse di una nuova assunzione, ma nella misura del 50% tramite procedura comparativa secondo principi di selettività, in funzione delle capacità culturali e professionali, della qualità dell’attività svolta e dei risultati conseguiti, attraverso l’attribuzione di fasce di merito.

Dunque, il superamento della rigida regola concorsuale quale barriera tra le aree professionali.

 

Le progressioni all’interno della stessa area avvengono secondo principi di selettività, in funzione delle capacità culturali e professionali, della qualità dell’attività svolta e dei risultati conseguiti, attraverso l’attribuzione di fasce di merito. Fatta salva una riserva di almeno il 50 per cento delle posizioni disponibili destinata all’accesso dall’esterno, le progressioni fra le aree avvengono tramite procedura comparativa basata sulla valutazione positiva conseguita dal dipendente negli ultimi tre anni di servizio, sull’assenza di provvedimenti disciplinari, sul possesso di titoli professionali e di studio ulteriori rispetto a quelli previsti per l’accesso all’area, nonché sul numero e sulla tipologia degli incarichi rivestiti. All’attuazione del presente comma si provvede nei limiti delle risorse destinate ad assunzioni di personale a tempo indeterminato disponibili a legislazione vigente.».

 

 

Nuove regole anche per l’accesso dall’area apicale a quella della dirigenza  per il tramite della scuola nazionale dell’amministrazione.


1-ter. Fatta salva la percentuale non inferiore al 50 per cento dei posti da ricoprire, destinata al corso-concorso selettivo di formazione bandito dalla Scuola nazionale dell’amministrazione, ai fini di cui al comma 1, una quota non superiore al 30 per cento dei posti residui disponibili sulla base delle facoltà assunzionali autorizzate è riservata, da ciascuna pubblica amministrazione al personale in servizio a tempo indeterminato, in possesso dei titoli di studio previsti a legislazione vigente e che abbia maturato almeno cinque anni di servizio nell’area o categoria apicale. Il personale di cui al presente comma è selezionato attraverso procedure comparative bandite dalla Scuola nazionale dell’amministrazione, che tengono conto della valutazione conseguita nell’attività svolta, dei titoli professionali, di studio o di specializzazione ulteriori rispetto a quelli previsti per l’accesso alla qualifica dirigenziale, della tipologia e del numero degli incarichi rivestiti con particolare riguardo a quelli inerenti agli incarichi da conferire e sono volte ad assicurare la valutazione delle capacità, attitudini e motivazioni individuali. A tal fine, i bandi definiscono le aree di competenza osservate e prevedono prove scritte e orali di esclusivo carattere esperienziale, finalizzate alla valutazione comparativa e definite secondo metodologie e standard riconosciuti. A questo scopo, sono nominati membri di commissione professionisti esperti nella valutazione delle suddette dimensioni di competenza, senza maggiori oneri.».

 

Nuove regole anche per i concorsi di accesso alla dirigenza con specializzazione delle competenze per aree

  1. All’articolo 28-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, dopo il comma 3 è inserito il seguente: «3-bis. Al fine di assicurare la valutazione delle capacità, attitudini e motivazioni individuali, i concorsi di cui al comma 3 definiscono le aree di competenza osservate e prevedono prove scritte e orali, finalizzate alla valutazione comparativa, definite secondo metodologie e standard riconosciuti. A questo scopo, sono nominati membri di commissione professionisti esperti nella valutazione delle suddette dimensioni di competenza, senza maggiori oneri.».

Le innovazioni apportate in materia di accesso alla dirigenza  sono considerate principi fondamentali ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione e pertanto non potranno essere modificate dalle regioni.

Nuove regole anche in tema di mobilità con modifiche all’articolo 30 del DLGS 165/2001, permettendo anche il superamento del previo assenso dell’amministrazione di appartenenza.

  1. All’articolo 30, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono apportate le seguenti modificazioni:
  2. a) le parole «previo assenso dell’amministrazione di appartenenza» sono soppresse;
  3. b) dopo il primo periodo sono inseriti i seguenti: «E’ richiesto il previo assenso dell’amministrazione di appartenenza nel caso in cui si tratti di posizioni motivatamente infungibili, di personale assunto da meno di tre anni o qualora la suddetta amministrazione di appartenenza abbia una carenza di organico superiore al 20 per cento nella qualifica corrispondente a quella del richiedente. E’ fatta salva la possibilità di differire, per motivate esigenze organizzative, il passaggio diretto del dipendente fino ad un massimo di sessanta giorni dalla ricezione dell’istanza di passaggio diretto ad altra amministrazione. Le disposizioni di cui ai periodi secondo e terzo non si applicano al personale delle aziende e degli enti del servizio sanitario nazionale, per i quali è comunque richiesto il previo assenso dell’amministrazione di appartenenza. Al personale della scuola continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti in materia.»

 

E’ inoltre valorizzato per l’ingresso nei livelli di alta specializzazione il dottorato di ricerca.

  1. All’articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165sono apportate le seguenti modificazioni:
  2. a) al comma 3, la lettera e-ter) è sostituita dalla seguente:

«e-ter) possibilità di richiedere, tra i requisiti previsti per specifici profili o livelli di inquadramento di alta specializzazione, il possesso del titolo di dottore di ricerca. In tali casi, le procedure individuano tra le aree dei settori scientifico-disciplinari individuate ai sensi dell’articolo 17, comma 99, della legge 15 maggio 1997, n. 127, afferenti al titolo di dottore di ricerca, quelle pertinenti alla tipologia del profilo o livello di inquadramento.»;

  1. b) il comma 3-quater è abrogato.
  2. All’articolo 4 della legge 3 luglio 1998, n. 210, sono apportate le seguenti modificazioni:
  3. a) al comma 1, sono aggiunte, alla fine, le seguenti parole: «, anche ai fini dell’accesso alle carriere nelle amministrazioni pubbliche nonché dell’integrazione di percorsi professionali di elevata innovatività»;
  4. b) al comma 2, al primo periodo, le parole «e da qualificate istituzioni italiane di formazione e ricerca avanzate» sono soppresse e, al terzo periodo, le parole «, nonché le modalità di individuazione delle qualificate istituzioni italiane di formazione e ricerca di cui al primo periodo,» sono soppresse.
  5. All’articolo 2, comma 5, della legge 21 dicembre 1999, n. 508, le parole «formazione alla ricerca» sono sostituite dalle seguenti: «dottorato di ricerca»

 

Quindi i successivi articoli 4 e 5 rafforzano il ruolo del FORMEZ e della Scuola della Pubblica Amministrazione.

 

E’ inoltre introdotto mediante l’articolo 6 il piano integrato di attività e di organizzazione che dovrà essere adottato dagli enti pubblici con più di 50 dipendenti, eccettuato il settore della scuola.

E’ previsto che il piano abbia durata triennale e deve definire gli obiettivi della performance, del lavoro agile, e della completa alfabetizzazione digitale ed i piani relativi alle progressioni di carriera del personale.

 

Così si legge all’articolo 6:

 

Art. 6. Piano integrato di attività e organizzazione

In vigore dal 10 giugno 2021

  1. Per assicurare la qualità e la trasparenza dell’attività amministrativa e migliorare la qualità dei servizi ai cittadini e alle imprese e procedere alla costante e progressiva semplificazione e reingegnerizzazione dei processi anche in materia di diritto di accesso, le pubbliche amministrazioni, con esclusione delle scuole di ogni ordine e grado e delle istituzioni educative, di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, con più di cinquanta dipendenti, entro il 31 dicembre 2021 adottano il Piano integrato di attività e organizzazione, di seguito denominato Piano, nel rispetto delle vigenti discipline di settore e, in particolare, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150e della legge 6 novembre 2012, n. 190.
  2. Il Piano ha durata triennale, viene aggiornato annualmente e definisce:
  3. a) gli obiettivi programmatici e strategici della performance secondo i principi e criteri direttivi di cui all’articolo 10, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150;
  4. b) la strategia di gestione del capitale umano e di sviluppo organizzativo, anche mediante il ricorso al lavoro agile, e gli obiettivi formativi annuali e pluriennali, finalizzati al raggiungimento della completa alfabetizzazione digitale, allo sviluppo delle conoscenze tecniche e delle competenze trasversali e manageriali e all’accrescimento culturale e dei titoli di studio del personale correlati all’ambito d’impiego e alla progressione di carriera del personale;
  5. c) compatibilmente con le risorse finanziarie riconducibili al Piano di cui all’articolo 6 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, gli strumenti e gli obiettivi del reclutamento di nuove risorse e della valorizzazione delle risorse interne, prevedendo, oltre alle forme di reclutamento ordinario, la percentuale di posizioni disponibili nei limiti stabiliti dalla legge destinata alle progressioni di carriera del personale, anche tra aree diverse, e le modalità di valorizzazione a tal fine dell’esperienza professionale maturata e dell’accrescimento culturale conseguito anche attraverso le attività poste in essere ai sensi della lettera b);
  6. d) gli strumenti e le fasi per giungere alla piena trasparenza dell’attività e dell’organizzazione amministrativa nonché per raggiungere gli obiettivi in materia di anticorruzione;
  7. e) l’elenco delle procedure da semplificare e reingegnerizzare ogni anno, anche mediante il ricorso alla tecnologia e sulla base della consultazione degli utenti, nonché la pianificazione delle attività inclusa la graduale misurazione dei tempi effettivi di completamento delle procedure effettuata attraverso strumenti automatizzati;
  8. f) le modalità e le azioni finalizzate a realizzare la piena accessibilità alle amministrazioni, fisica e digitale, da parte dei cittadini ultrasessantacinquenni e dei cittadini con disabilità;
  9. g) le modalità e le azioni finalizzate al pieno rispetto della parità di genere, anche con riguardo alla composizione delle commissioni esaminatrici dei concorsi.
  10. Il Piano definisce le modalità di monitoraggio degli esiti, con cadenza periodica, inclusi gli impatti sugli utenti, anche attraverso rilevazioni della soddisfazione dell’utenza mediante gli strumenti di cui al decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, nonché del monitoraggio dei procedimenti attivati ai sensi del decreto legislativo 20 dicembre 2009, n. 198.
  11. Le pubbliche amministrazioni di cui al comma 1 del presente articolo pubblicano il Piano e i relativi aggiornamenti entro il 31 dicembre di ogni anno sul proprio sito istituzionale e lo inviano al Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri per la pubblicazione sul relativo portale.
  12. Entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, con uno o più decreti del Presidente della Repubblica, adottati ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono individuati e abrogati gli adempimenti relativi ai piani assorbiti da quello di cui al presente articolo.
  13. Entro il medesimo termine di cui al comma 4, il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, adotta un Piano tipo, quale strumento di supporto alle amministrazioni di cui al comma 1. Nel Piano tipo sono definite modalità semplificate per l’adozione del Piano di cui al comma 1 da parte delle amministrazioni con meno di cinquanta dipendenti.
  14. In caso di mancata adozione del Piano trovano applicazione le sanzioni di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, ferme restando quelle previste dall’articolo 19, comma 5, lettera b), del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90(2), convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114.
  15. All’attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo le amministrazioni interessate provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

Quindi, il successivo articolo 7 prevede specifiche modalità di reclutamento per il personale di area apicale che dovrà coordinare gli interventi del PNRR

 

Art. 7. Reclutamento di personale nelle amministrazioni assegnatarie di progetti

  1. Per la realizzazione delle attività di coordinamento istituzionale, gestione, attuazione, monitoraggio e controllo del PNRR di cui al decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, entro trenta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri indice un concorso pubblico ai sensi dell’articolo 1, comma 4, per il reclutamento di un contingente complessivo di cinquecento unità di personale non dirigenziale a tempo determinato per un periodo anche superiore a trentasei mesi, ma non eccedente la durata di completamento del PNRR e comunque non oltre il 31 dicembre 2026, da inquadrare nell’Area III, posizione economica F1, nei profili professionali economico, giuridico, informatico, statistico-matematico, ingegneristico, ingegneristico gestionale, delle quali 80 unità da assegnare, per i profili indicati nella tabella 1, di cui all’Allegato IV al presente decreto, al Ministero dell’economia e delle finanze-Dipartimento della ragioneria generale dello Stato, e le restanti da ripartire con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, tra le amministrazioni centrali deputate allo svolgimento delle predette attività, individuate dal medesimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, si provvede alla individuazione delle amministrazioni di cui all’articolo 8, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77.
  2. Le graduatorie del concorso di cui comma 1 rimangono efficaci per la durata di attuazione del PNRR e sono oggetto di scorrimento in ragione di motivate esigenze fino a ulteriori 300 unità a valere sulle vigenti facoltà assunzionali.
  3. Le assunzioni di personale di cui al comma 1, da selezionare anche avvalendosi della Commissione per l’attuazione del progetto di riqualificazione delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 35, comma 5, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono effettuate in deroga ai limiti di spesa di cui all’articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122e non sono computate ai fini della consistenza della dotazione organica.
  4. Per le attività di monitoraggio e rendicontazione del PNRR di cui all’articolo 6, del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, il Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato può avvalersi di un contingente di esperti di comprovata qualificazione professionale fino a un importo massimo di euro 50.000 lordi annui per singolo incarico, entro il limite di spesa complessivo di euro 167.000 per l’anno 2021 e di euro 500.000 per ciascuno degli anni 2022, 2023, 2024, 2025 e 2026. Al fine di assicurare la più efficace e tempestiva attuazione degli interventi del PNRR, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze è istituito un fondo da ripartire con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze con una dotazione di euro 2.668.000 per l’anno 2021 e di euro 8.000.000 per ciascuno degli anni 2022, 2023, 2024, 2025 e 2026 per le restanti amministrazioni di cui al comma 1 che possono avvalersi, di un contingente di esperti di comprovata qualificazione professionale nelle materie oggetto degli interventi per un importo massimo di 50.000 euro lordi annui per singolo incarico. Gli incarichi di cui al presente comma sono conferiti ai sensi dell’articolo 7, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165e con le modalità di cui all’articolo 1 per la durata massima di trentasei mesi.
  5. Il Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato assicura la formazione del personale assunto ai sensi del comma 1. A tal fine è autorizzata la spesa di euro 865.000 per l’anno 2021.
  6. Per l’attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo è autorizzata la spesa di euro 12.600.000 per l’anno 2021 e di euro 35.198.000 per gli anni dal 2022 al 2026. Ai relativi oneri si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del Fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2021 – 2023, nell’ambito del programma «Fondi di riserva e speciali», della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2021, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento del medesimo Ministero.

 

Dello stesso tenore il successivo articolo 8 che prevede le modalità di reclutamento di personale per attività di controllo, audit, anticorruzione e trasparenza, nonché l’articolo 9 che prevede il conferimento di incarichi professionali connessi a tali attività.

 

I successivi articoli riguardano invece l’assunzione di personale presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri (articolo 10)  e di seguito da 1 a 17 l’assunzione e la gestione del personale addetto all’ufficio per il processo.

 

Fabio Petracci.

Avvocatura pubblica e processo

Professionisti dipendenti da pubblica amministrazione.

Avvocatura di ente pubblico – cessazione dal servizio di avvocato –

Conseguenze sui procedimenti in corso – prosecuzione del professionista oltre alla data di cessazione dal servizio – inammissibilità.

 

Corte dei Conti Sezione Regionale di Controllo per la Campania – Parere depositato in data 12.5.2021.

 

Un comune ha alle proprie dipendenze un avvocato che sta seguendo un procedimento in essere in corso del quale si verifica il pensionamento del professionista dipendente.

Il Comune interpella la locale sezione di controllo della Corte dei Conti per conoscere se il legale potrà continuare nel proprio mandato sino alla cessazione della causa e se, in caso di continuazione, potrà essere retribuito dal comune medesimo.

La risposta al quesito che la Corte dei Conti è totalmente negativa e ne verificheremo il perché.

La Corte dei Conti prende le mosse del proprio ragionamento dall’articolo 85 del codice di procedura civile che disciplina la procura conferita al legale. In caso di revoca della stessa o di rinuncia del legale, essa conserva valenza sino alla nomina del nuovo legale e ciò per evidenti ragioni di speditezza processuale.

Lo stesso, afferma la Corte non avviene nel caso di cessazione dal servizio dell’avvocato pubblico dipendente, in quanto al rapporto di rappresentanza sottintende quello di servizio.

Conformemente si sono espresse in diversi contesti diverse sentenze della Suprema Corte fra le tante Cassazione n.27308/2018, Cassazione n.25638/2016).

Quindi, la cessazione del rapporto di impiego determina l’automatico venir meno della legittimazione a compiere atti processuali, ricorrendo una fattispecie assimilabile a quella dell’articolo 301 del codice di procedura civile che disciplina la morte, la radiazione e la sospensione dell’avvocato.

In effetti le conclusioni paiono esatte dal momento che il difensore pubblico dipendente cessato dal servizio cessa automaticamente dall’iscrizione all’albo speciale degli avvocati dipendenti pubblici.

Quanto al compenso, ritiene la Corte dei Conti come il professionista in questione avrà diritto esclusivamente ai compensi per l’attività maturata e svolta effettivamente sino alla data della cessazione dal servizio.

 

Avvocato Fabio Petracci

Nuove regole per i concorsi pubblici

Si appresta un periodo ricco di assunzioni nell’ambito delle pubbliche amministrazioni.

E’ prevista e programmata per la gran parte l’assunzione di personale con specifiche e spesso elevate professionalità per quella che dovrebbe essere la pubblica amministrazione che darà luogo alla ripresa del nostro paese, cessata la pandemia.

Le nuove regole sono contenute nel DL 44/2021 che in parte innova alle regole concorsuali contenute nel DPR 487/1994.

In pratica le prove scritte sono ridotte ad una cui si accompagnerà una prova scritta.

Viene istituzionalizzato l’uso dei mezzi informatici nell’ambito di tutte le prove.

E’ stabilito che acquistano peso nella selezione preliminare, ma anche nella valutazione finale i titoli legalmente riconosciuti e le esperienze maturate e riconosciute.

E’ prevista infatti che per i profili qualificati dalle amministrazioni, in sede di bando come ad elevata specializzazione tecnica, una fase di valutazione dei titoli legalmente riconosciuti e strettamente correlati alla natura e alle caratteristiche delle posizioni bandite, ai fini dell’ammissione a successive fasi concorsuali.

E’ inoltre previsto che detti titoli e l’eventuale esperienza professionale maturata, inclusi i titoli di servizio, possono concorrere, in misura non superiore ad un terzo, alla formazione del punteggio finale.

La norma sul punto riprende e rafforza quanto già in proposito previsto dalla legge 56/2019 all’articolo 6. ( legge concretezza).

La nuova disposizione convertita nella legge 74/2021 tende ad ampliare l’ambito concorsuale oltre le basi nozionistiche della prova scritta per introdurvi una valutazione molto più ampia della professionalità che avvicina in qualche modo il concorso pubblico alla selezione svolta dalle imprese.

In fase di conversione del provvedimento, sono state avanzate numerose critiche al peso conferito in sede di valutazione ai titoli legalmente riconosciuti ed a quelli professionali, in quanto in molti hanno ritenuto che in questo modo, sarebbero stati penalizzati i più giovani che difficilmente possiedono simili referenze.

Quindi in fase di conversione è stato nuovamente introdotto il limite del peso di un terzo per questi requisiti limite già previsto nel DPR 487/1994.

In sostanza è stata introdotta una procedura concorsuale finalizzata all’assunzione delle professionalità più elevate nell’ambito delle Pubbliche Amministrazioni.

Stante la complessità delle procedure concorsuali spesso foriere di defatiganti contenziosi, alcuni punti della normativa andrebbero chiariti.

In primo luogo, si vuol capire se trattasi di una procedura opzionale come appariva nel decreto prima della conversione, oppure di una disposizione cogente.

Propenderei per la prima ipotesi, dal momento che le disposizioni facoltative della legge sono espressamente indicate come tali.

Inoltre se, la valutazione dei titoli in sede preliminare pare riservata alle professionalità specifiche ed elevate indicate nel bando, tale precisazione non è affatto estesa alla valutazione finale di titoli ed esperienze contenuti nella misura di un terzo nell’ambito della valutazione finale.

Fabio Petracci.