La clausola risolutiva espressa nel contratto di agenzia.

Il contratto di agenzia; 2. Lo scioglimento del contratto di agenzia; 3. La clausola risolutiva espressa; 4. La clausola risolutiva espressa nel contratto di agenzia; 5. Effetti del Covid-19 sulla clausola risolutiva espressa nel contratto di agenzia.

 

  1. IL CONTRATTO DI AGENZIA

Il contratto di agenza è disciplinato dal codice civile italiano, in specie, dagli artt. 1742 a 1753 nel Libro Quarto, Titolo III, Capo X.

Con tale contratto, una parte (preponente), si avvale dell’aiuto di un’altra parte (agente) per la promozione della propria attività in una zona determinata (ex art 1742 c.c.).

Agente e preponente possono inserire nel proprio contratto di agenzia una specifica clausola che permette all’agente di promuovere attività di imprese in concorrenza tra di loro, e al preponente di avvalersi di più agenti (ex art 1743 c.c.).

L’agente coopera stabilmente allo sviluppo dell’attività economica del preponente. Egli ha funzioni rappresentative per la conclusione di contratti e ha una certa indipendenza nel suo esercizio professionale, pertanto si assume a proprio carico dei rischi e dei costi dell’esercizio medesimo (ex art. 1748 del c.c., terzo comma).

Ai sensi dell’art 1748 cc, il preponente è tenuto a pagare una provvigione che, di norma, è costituita da una percentuale sugli affari conclusi.

Per quanto riguarda la durata del contratto, può essere sia a tempo determinato che indeterminato. In quest’ultimo caso, ai sensi dell’art 1750 c.c., “ciascuna delle parti può recedere dal contratto stesso dandone preavviso all’altra entro un termine stabilito”.

 

  1. LO SCIOGLIMENTO DEL CONTRATTO DI AGENZIA

Nel momento della cessazione del rapporto, il preponente è tenuto a corrispondere all’agente un’indennità se ricorrono alcune condizioni (ex l’art. 1751 c.c.). “L’indennità spetta se l’agente ha procurato nuovi clienti al preponente o ha sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti e il preponente riceve ancora sostanziali vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti e il pagamento dell’indennità è equo. L’indennità non è invece dovuta se il preponente risolve il contratto per un’inadempienza grave imputabile all’agente e se l’agente recede dal contratto senza giustificazioni di cause non attribuibili all’agente, o se l’agente cede ad un terzo i diritti e gli obblighi che ha in virtù del contratto d’agenzia”.

Dopo lo scioglimento del contratto, le parti possono sottoscrivere un patto di non concorrenza (ex art 1751 bis c.c.). È tipico il caso in cui il preponente desideri impedire all’agente di proseguire la sua attività con un contratto di agenzia che lo lega al concorrente. Il patto deve essere per iscritto, e deve riguardare la stessa zona, clientela e genere di beni o servizi per i quali era stato concluso il contratto di agenzia. La sua durata non può superare i due anni.

L’accettazione del patto di non concorrenza comporta per l’agente l’ottenimento di un’indennità, commisurata alla natura del contratto di agenzia e all’indennità di fine rapporto.

 

  1. LA CLAUSOLA RISOLUTIVA ESPRESSA

La clausola risolutiva espressa è prevista anch’essa dal codice civile, all’articolo 1456, nella sezione dedicata alla risoluzione del contratto per inadempimento dell’obbligazione.

In tale articolo viene prevista, per i contraenti, la possibilità di inserire una clausola nel contratto – la clausola risolutiva espressa, appunto – in forza della quale il contratto si risolve nel caso in cui un’obbligazione non sia adempiuta secondo le modalità stabilite.

Se una delle parti intende, quindi, avvalersi della clausola risolutiva espressa, deve dichiararlo all’altro contraente, e la risoluzione si verifica di diritto.

Se non ci fosse tale clausola in un contratto a prestazioni corrispettive, l’inadempimento per cui è possibile rescindere dal contratto deve essere particolarmente grave e non di scarsa importanza per l’interesse del contraente non inadempiente.

La clausola risolutiva espressa non può essere considerata una clausola vessatoria, poiché non sancisce limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, bensì rafforza la facoltà prevista dall’art. 1453 c.c. di richiedere la risoluzione del contratto per inadempimento, come da disciplina generale dei contratti.

 

  1. LA CLAUSOLA RISOLUTIVA ESPRESSA NEL CONTRATTO DI AGENZIA

Nell’ambito della cessazione del contratto di agenzia, è molto diffuso il ricorso alla clausola risolutiva espressa, la quale consente di determinare la risoluzione del rapporto con effetto immediato, laddove sussista un inadempimento, anche lieve, ad una delle obbligazioni in essa elencate.

La possibilità di pattuire tale clausola è espressamente sancita, per i contratti in generale, dall’art. 1456 c.c.: “I contraenti possono convenire espressamente che il contratto si risolva nel caso che una determinata obbligazione non sia adempiuta secondo le modalità stabilite.

Anche in questo caso, la risoluzione si verifica di diritto quando la parte interessata dichiara all’altra che intende valersi della clausola risolutiva. In altre parole, secondo l’orientamento prevalente, la clausola opererebbe indipendentemente dalla gravità dell’inadempimento. In caso di contenzioso, il giudice dovrà limitarsi ad accertare l’esistenza dell’inadempimento, senza valutarne l’entità e la sua imputabilità alla parte inadempiente, che si presume esistente, così generando una sorta di inversione dell’onere della prova. Sarà la parte inadempiente a dover dimostrare la sua assenza di responsabilità.

Così, infatti, la Corte di Cassazione Sezione Civile così si è espressa nella sentenza n. 7063 del 27 agosto 1987 (Società National Cheamsearch vs Reale): “il giudice deve solo accertare l’imputabilità dell’inadempimento, con esclusione di ogni valutazione sull’entità dello stesso al fine di determinare il diritto dell’agente all’indennità sostitutiva di preavviso”.

Si comprende che clausole di questo tipo costituiscono una soluzione a favore del preponente per porre termine al rapporto a tempo indeterminato con effetto immediato, senza il pagamento dell’indennità di mancato preavviso, o senza attendere la scadenza naturale del termine nei contratti a tempo determinato.

Nella medesima sentenza, la Corte di Cassazione Sezione Civile così si esprimeva: “Nel caso di un contratto di agenzia con clausola risolutiva espressa, l’inadempimento dell’agente è causa di recesso in tronco se a lui imputabile, quanto meno a titolo di colpa”.

Il Tribunale di Reggio Emilia, e poi la Corte d’Appello di Bologna, nel 1999, si sono posti l’interrogativo se fosse ammissibile l’utilizzo della clausola risolutiva espressa nel contratto di agenzia.

Ebbene, l’utilizzo della clausola in questione nel contratto di agenzia è legittimo, poiché il contratto di agenzia rimane sempre soggetto ai principi generali in tema di risoluzione per inadempimento.

 

  1. EFFETTI DEL COVID-19 SULLA CLAUSOLA RISOLUTIVA ESPRESSA NEL CONTRATTO DI AGENZIA

A causa dell’emergenza dovuta al COVID-19, lo svolgimento regolare dell’attività degli agenti di commercio ha subito una forte battuta d’arresto dovuta alle restrizioni imposte dal Governo durante le c.d. Fasi 1 e 2, con l’inevitabile calo dei loro volumi di vendita, se non un preoccupante mancato raggiungimento del target minimo di vendita concordato con il preponente.

Una tra le clausole maggiormente utilizzate e di grande diffusione nel contratto di agenzia è sicuramente la clausola c.d. del “minimo fatturato”. Con tale clausola le parti stabiliscono la soglia minima di fatturato annuo che l’agente deve apportare al preponente.

Di norma il mancato raggiungimento del minimo pattuito implica, almeno ove il livello di fatturato da raggiungere sia stato determinato in modo realistico ed equo, un inadempimento dell’agente al suo dovere di promozione delle vendite nella zona e di sviluppo della clientela e può costituire giusta causa di risoluzione del contratto di agenzia ai sensi dell’art. 1456 c.c.

La giurisprudenza non è uniforme per quanto riguarda la legittimità della clausola risolutiva espressa per mancato raggiungimento del minimo di fatturato, ma la maggioranza di essa ritiene che la disposizione è valida e applicabile purché siano rispettati i generali principi di correttezza e buona fede nella conclusione, esecuzione e interpretazione dei contratti.

Ai sensi degli artt. 1750 e 1751 c.c. e della direttiva comunitaria n. 86/653 CE, l’indennità di cessazione del rapporto in caso di risoluzione per iniziativa unilaterale del preponente non è dovuta solo qualora l’inadempimento sia imputabile all’agente e sia così grave da integrare anche una causa legittimante il recesso (Cass. Civ. n. 10934/2011). In altre parole, per privare l’agente del diritto all’indennità, è necessario il previo accertamento dell’esistenza di un inadempimento dell’agente che integri gli estremi di una giusta causa di recesso e della relativa imputabilità allo stesso, almeno a titolo di colpa. Sotto tale profilo, per escludere l’imputabilità all’agente del suo inadempimento, è necessario che sussista un fatto, straordinario, imprevedibile ed incontrollabile, che sia stato da solo sufficiente a causare l’evento, che, nel caso di specie, è il mancato rispetto del target minimo di vendita. Ne consegue che, l’inadempimento non potrà non essere imputato all’agente nel caso in cui sia stato causato dall’emergenza sanitaria e/o dalle restrizioni imposte dal Governo, e non da negligenza dell’agente stesso.

A riguardo, il Ministero dello Sviluppo Economico ha emanato la Circolare “MISE 0088612” del 25 marzo 2020, dando istruzioni alle Camere di Commercio, di rilasciare una dichiarazione su richiesta dei soggetti interessati che attesti l’impossibilità di assolvere nei tempi agli obblighi contrattuali precedentemente assunti per motivi imprevedibili e indipendenti dalla volontà e capacità aziendale, escludendo così l’imputabilità dell’elemento soggettivo della colpa.

 

dottoressa Chiara Bassanese praticante avvocato

signorina Lili Liu studentessa di giurisprudenza presso l’Università di Trieste

Collaboratrici dello Studio Petracci.

Esecuzione civile e atto di precetto.

L’ESECUZIONE CIVILE

ART. 474-482 CPC: Libro II “Del processo di esecuzione”, Titolo I “del titolo esecutivo e del processo”

474 cpc

  • Titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile
  • Il titolo esecutivo può essere una sentenza, una scrittura privata autenticata (in questo caso, la scrittura deve essere riportata integralmente nel precetto), o atti di un notaio o pubblico ufficiale

475 cpc

  • Nel caso di sentenza o atti notarili o del pubblico ufficiale, serve la formula esecutiva (salvo che la legge disponga altrimenti)
  • Il titolo esecutivo può essere spedito dalla parte creditrice ed è necessaria una formula prevista dalla legge

476 cpc

  • Non si può spedire più di una copia del titolo esecutivo se non c’è un giusto motivo
  • Se la parte interessata ne vuole ancora una copia, può richiederla al capo dell’ufficio che ha pronunciato il titolo esecutivo, che deciderà con decreto
  • Se il cancelliere, il notaio o il pubblico ufficiale non rispettano l’art. 476 cpc, è prevista una pena pecuniaria

477 cpc

  • Il titolo esecutivo ha efficacia contro gli eredi, ma il precetto può essere notificato dopo 10 giorni dalla notificazione del titolo
  • Entro un anno dalla morte, la notificazione va fatta all’ultimo domicilio del defunto ed è valida per tutti gli eredi collettivamente e impersonalmente

478 cpc

  • Se l’efficacia del titolo esecutivo è subordinata ad una cauzione, è necessario prestarla per iniziare l’esecuzione forzata
  • La cauzione deve essere annotata in calce o a margine al titolo esecutivo, o con atto separato

479 cpc

  • Se non è previsto altrimenti, vanno notificati il titolo esecutivo ed il precetto
  • Nel caso del primo, va notificato alla parte personalmente ex art. 137 cpc e segg. Se è una sentenza, entro un anno dalla pubblicazione
  • Nel caso del secondo, va redatto di seguito al titolo esecutivo e vanno notificati insieme. Ciò è possibile, però, se vengono notificati alla parte personalmente

480 cpc

  • Il precetto è l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal titolo esecutivo entro non meno di 10 giorni. Contiene l’avvertimento che altrimenti si procederà all’esecuzione forzata
  • A pena di nullità deve contenere:
    1. indicazione delle parti
    2. data della notificazione del titolo (o della trascrizione del titolo, se previsto dalla legge. In questo caso, l’ufficiale giudiziario deve certificare che corrispondono)
    3. l’avviso al debitore che può proporre un accordo per la composizione della crisi o proporre un piano del consumatore
    4. la residenza o l’elezione del domicilio della parte istante nel comune del giudice dell’esecuzione (altrimenti, si fa riferimento alla cancelleria del giudice dove è stata fatta la notificazione dell’istanza)
    5. sottoscrizione e notifica personale

481 cpc

  • Il precetto perde la sua efficacia dopo 90 giorni dalla notificazione, se non è ancora iniziata l’esecuzione
  • Se viene proposta opposizione, il termine viene sospeso e riprenderà a decorrere ex art. 627 cpc
  • 482 cpc
  • L’esecuzione forzata non può iniziare se non è decorso il termine indicato nel precetto, e non può iniziare a meno di 10 giorni dalla sua notificazione
  • Se c’è pericolo di ritardo, il presidente del Tribunale competente, o il giudice da lui delegato, può autorizzare l’esecuzione immediata, con o senza cauzione, con decreto in calce, trascritto dall’ufficiale giudiziario nella copia da notificarsi.

IL PRECETTO

La disciplina del precetto è contenuta nel Libro II, Titolo I del codice di procedura civile, art. 479 e seguenti.

La legge stessa, all’art. 480 c.p.c., lo definisce come “l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal titolo esecutivo entro non meno di 10 giorni” e contiene l’avvertimento, a tutela del debitore, che altrimenti si procederà all’esecuzione forzata. Deve contenere, a pena di nullità, l’indicazione delle parti, la data della notificazione del titolo, l’avviso al debitore della possibilità di proporre un accordo per la composizione della crisi o proporre un piano del consumatore, la residenza o l’elezione del domicilio della parte istante nel comune del giudice dell’esecuzione, e la sottoscrizione e notifica personale.

L’atto di precetto va redatto dopo il titolo esecutivo e va notificato alla parte personalmente assieme al titolo esecutivo, oppure le due notificazioni vanno effettuate in due momenti distinti.

Il precetto perde la sua efficacia dopo 90 giorni dalla notificazione se non è ancora iniziata l’esecuzione civile, a meno che non venga proposta opposizione. In tal caso, il termine viene sospeso e riprenderà a decorrere ex art. 627 c.p.c.

L’esecuzione forzata non può iniziare se non dopo il termine indicato nel precetto, e comunque a non meno di 10 giorni dalla sua notificazione. Se c’è pericolo di ritardo, l’esecuzione immediata può essere disposta con decreto del Giudice.

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Atto di precetto

Atto di precetto – spese legali

A cura della dott.ssa Chiara Bassanese