CASSAZIONE – Quando è legittimo il licenziamento per impossibilità di destinare il lavoratore a mansioni diverse.

Cassazione Civile 01386/22

Una lavoratrice addetta a mansioni di arredatrice era licenziata per giustificato motivo oggettivo a causa della soppressione della sua posizione lavorativa attuata dall’azienda prima che ne avvenisse il fallimento.

Il Tribunale fallimentare di Roma sul presupposto che in sede conciliativa il datore di lavoro aveva offerto alla lavoratrice occupazione con l’inferiore mansione di addetta alle vendite, che quest’ultima non aveva accettato, rispinge la domanda volta ad ottenere l’insinuazione nel passivo del risarcimento per il licenziamento illegittimo.

La Corte di Cassazione adita dalla lavoratrice decide invece diversamente.

Il giudice di legittimità sostiene come competa al datore di lavoro la prova dell’impossibilità di occupare diversamente il lavoratore.

Nel caso di specie, ritiene la Corte, la sentenza del Tribunale si è basata esclusivamente su di un fatto accaduto dopo il recesso e comunque senza fosse stata fornita la prova dei fatti su cui si basava la pretesa incollocabilità della lavoratrice.

Avvocato Fabio Petracci.

E’ possibile chiedere al proprio datore di lavoro un’aspettativa per provare un nuovo lavoro?

Mi viene richiesto se sia possibile chiedere al proprio datore di lavoro un’aspettativa al fine di provare un nuovo rapporto di lavoro.

La risposta è negativa. Né la legge, né la contrattazione collettiva prevedono simili ipotesi di aspettativa.

In linea di massima non è possibile l’esistenza di un rapporto sospeso per aspettativa accanto ad uno in essere.

L’unica eccezione è data dalla possibilità di far coesistere due rapporti di lavoro a tempo parziale che non comportino per il dipendente la violazione delle regole sulla concorrenza.

Chiaramente per instaurare il cumulo di questi rapporti è necessario che il primo datore di lavoro, cioè quello temporalmente precedente, accetti l’instaurazione di un rapporto di lavoro a tempo parziale.

La legge 53/2000 all’articolo5 prevede in ogni caso la possibilità di richiedere dopo cinque anni di anzianità un’aspettativa per la formazione o per il conseguimento di un titolo di studio della durata massima di undici mesi.

Ciò vale per qualunque tipo di formazione che non sia quella già organizzata dal datore di lavoro.

A questo punto, nulla vieterebbe che il lavoratore avviasse presso il futuro datore di lavoro uno stage formativo da svolgere durante l’aspettativa.

E’ anche possibile per il lavoratore in aspettativa instaurare durante l’aspettativa ed in coerenza con le motivazioni della stessa, instaurare un rapporto di consulenza o autonomo con terzi.

In ogni caso, la concessione dell’aspettativa è affidata alla discrezionalità motivata del datore di lavoro non prevede né retribuzione né accredito di contributi.

Fabio Petracci

 

 

 

Articolo 18 ed ipotesi di reintegra. Gli ultimi interventi della Consulta e della Suprema Corte.

Licenziamento disciplinare illegittimo.
Contratto collettivo prevede sanzione conservativa.
Cassazione Sezione Lavoro 25.11.2021 n.36729.

L’articolo 18 quarto comma della legge 300/70 riconosce il diritto alla reintegra del lavoratore licenziato nel caso di insussistenza del fatto contestato.
Ciò avviene nel caso in cui non sussista proporzionalità alcuna tra la sanzione ed il fatto contestato, sia allorquando la contrattazione collettiva preveda per il caso contestato l’applicazione di una sanzione conservativa.
Interessante sul punto, Cassazione Sezione Lavoro 15 dicembre 2020 n.28630 in Il Lavoro nella giurisprudenza n.10, 1 ottobre 2021,p.943 con nota di Francesca Nardelli.
Come notato dall’autrice, la Corte di Cassazione con una pronuncia quanto mai sintetica affronta il tema della rilevanza da attribuire al fatto contestato ai fini del licenziamento disciplinare, nonché sulla valutazione giudiziale delle tipizzazioni contrattuali, nel caso in cui sia accertata l’illegittimità del licenziamento per irrilevanza disciplinare della condotta ed il CCNL preveda per la fattispecie contestata una mera sanzione conservativa.
Nel caso in commento, la Corte di Cassazione confermava l’illegittimità del licenziamento ed il conseguente diritto alla reintegra sul presupposto in base al quale la fattispecie contestata in base al CCNL era risultata suscettibile della sola sanzione conservativa.
La Corte di Cassazione, nella valutazione del fatto addebitato al lavoratore, ha aderito invece all’orientamento giurisprudenziale prevalente secondo cui “l’insussistenza del fatto materiale va intesa come fatto disciplinarmente rilevante consistente in un comportamento astrattamente inadempiente corrispondente a quello considerato nella disposizione del codice disciplinare su cui di fonda la contestazione disciplinare elevata”.
Prevale in questo caso, l’indirizzo già prevalente nella giurisprudenza circa l’esatta portata da attribuire dopo le recenti riforme (Fornero e Jobs Act) all’espressione “insussistenza del fatto” ai fini della reintegrazione del lavoratore sul posto di lavoro.
In un primo momento, la tutela consistente nella reintegra era limitata al solo caso dell’insussistenza sul piano materiale dell’addebito contestato.
Quindi il giudice avrebbe dovuto esclusivamente accertare sul piano fenomenologico l’esistenza del fatto contestato.
In questo orientamento alcuni dei principali autori ( Persiani, Maresca, Vallebona).
Di seguito la giurisprudenza di legittimità ha fornito un diverso indirizzo chiarendo come l’insussistenza del fatto contestato comprenda anche le ipotesi della sussistenza materiale dello stesso priva però di valenza disciplinare (Cassazione n.20540/2015).
Di seguito, il legislatore mediante l’articolo 3 del DLGS 23/2015 aggiungeva alla parola “fatto contestato” il termine “materiale”.
Interveniva di seguito la pronuncia n.12174 del 2019 della Cassazione che ribadiva le conclusioni già prima assunte conferendo all’espressione insussistenza materiale del fatto contestato il significato di fatto non avente rilievo disciplinare ai fini del recesso.
Va notato inoltre che di recente la Corte Costituzionale con sentenza 1.4.2021 n.59 ha ritenuto confliggere con diverse disposizioni costituzionali e comunitarie il settimo comma dell’articolo 18 legge 300/70 nella parte in cui prevede che il giudice, quando accerti la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo possa e non debba disporre la reintegrazione del lavoratore.
Fabio Petracci

L’anzianità professionale nell’ambito del settore sanitario.

Spesso la contrattazione collettiva subordina l’attribuzione di indennità o responsabilità professionali alla maturazione di determinati periodi di esperienza professionale.
Maggiore è l’incidenza di dette clausole, laddove si richiede una professionalità specifica, come nel caso della sanità pubblica.
Ci si chiede in proposito se e come le clausole contrattuali delimitino in qualche modo l’efficacia di tali forme di anzianità.
Viene in esame proprio il CCNL della Sanità Pubblica.
Ci poniamo il quesito in primo luogo se un contratto a termine in tale ambito, poi seguito da uno a tempo indeterminato possa valere come anzianità professionale.
Sul punto l’ARAN con un recente parere ha chiarito come il periodo lavorato con contratto a tempo determinato nell’ambito del comparto sanità pubblica debba essere computato a tutti gli effetti come anzianità professionale.
Lo stesso vale per i periodi lavorati presso altri datori di lavoro, ma sempre nell’ambito del Comparto Sanità Pubblica.
Lo stesso discorso non vale invece per periodi maturati nel settore sanitario, ma con applicazione di CCNL diverso, come ad esempio nell’ambito della Sanità Privata.
Dunque, l’unico e vero discrimine per considerare o meno i periodi professionali pregressi, è dato dal settore contrattuale di inquadramento.

Avvocato Fabio Petracci.

CASSAZIONE – Rito del lavoro e prova testimoniale: sanabile l’omessa indicazione dei nominativi dei testi da escutere

Cass. civ., Sez. VI – Lavoro, Ordinanza, 01/12/2021, n. 37773.
Nel rito del lavoro, la mancata indicazione dei nominativi dei testi nell’atto introduttivo, qualora la prova testimoniale sia stata comunque dedotta senza indicare le persone da interrogare, non determina la decadenza dalla relativa istanza istruttoria, ma concretizza una mera irregolarità che consente al giudice l’esercizio del potere – dovere di consentirne l’integrazione ex articolo 421 CPC, concedendo un termine perentorio per la regolarizzazione, integrando così le indicazioni concernenti le persone da interrogare. Solo l’inosservanza di detto termine produce la decadenza dalla prova, rilevabile anche d’ufficio.
Nel caso di specie, si trattava del ricorso di un lavoratore per ottenere il pagamento degli straordinari, senza aver indicato i nominativi dei testi che avrebbero dovuto confermare lo svolgimento della prestazione oltre l’orario.
La recente pronuncia della Sezione Lavoro è totalmente conforme a quanto a suo tempo stabilito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n.262/1997 la quale risolveva un contrasto giurisprudenziale in merito, ammettendo l’applicabilità dell’integrazione in base all’articolo 421 CPC.
Se esaminiamo il dato testuale dell’articolo 421 CPC, notiamo che il termine può con cui si apre il secondo comma della norma medesima porterebbe a ritenere come l’esercizio dei poteri officiosi costituisca una mera facoltà discrezionale del Giudice (in tal senso, Cassazione 6 marzo 1987 n.2382, 11 gennaio 1988 n.108, 3 maggio 1989 n.2588, 15 maggio 1990 n.4147. Di seguito, partendo dalla sentenza 17 giugno 2004 n.11353 delle Sezioni Unite è stato ritenuto come l’esercizio dei poteri officiosi di cui all’articolo 421 CPC non costituisca una facoltà discrezionale del Giudice del Lavoro, ma un suo obbligo, la cui omissione debba essere motivata si da consentire il sindacato della Corte di legittimità, sia sotto il profilo della violazione di legge, che del vizio di motivazione.

Avvocato Fabio Petracci.

Siglata l’intesa precontrattuale nel Pubblico Impiego: cambiamenti per inquadramenti e carriere.

Un passo verso la meritocrazia.
In data 21 dicembre, è stata sottoscritta la preintesa contrattuale tra ARAN ed associazioni sindacali cui a breve farà seguito il nuovo contratto collettivo per le Funzioni Centrali delle Amministrazioni statali.
Il contratto è espressamente definito dalle parti come uno strumento efficace ed innovativo di gestione del personale per incentivarne lo sviluppo professionale.
Professionalità e meritocrazia sono state del resto le mete del Ministro Brunetta anche nelle precedenti riforme che non sempre hanno raggiunto lo scopo anche a causa della complessità dei meccanismi premiali.
Per queste ragioni la parte dedicata all’inquadramento ed alle progressioni di carriera è stata ampliamente modificata.
Le modifiche all’attuale inquadramento professionale.
Il precedente inquadramento limitato a tre aree e concentrato principalmente nell’area B e C ha subito un interessante mutamento.
Sono state eliminate le tre aree contraddistinte da un semplice numero e ne sono state introdotte 4 contraddistinte da un indicazione professionale.
L’area base è quella degli operatori caratterizzata da mansioni semplici e da una scolarità corrispondente alla scuola dell’obbligo.
L’area successiva è invece quella degli assistenti dove è previsto un livello di mansioni di media difficoltà ed una scolarità corrispondente al livello di scuola superiore.
La terza area è quella dei funzionari con compiti direttivi e professionalità superiore per il cui ingresso è prevista almeno la laurea breve.
Va notato che l’accesso in base al titolo di studio può essere sostituito da un periodo prefissato di permanenza nell’area inferiore.
L’ipotesi contrattuale riguarda pure le progressioni orizzontali che saranno impostate con criteri di anzianità uniti a criteri meritocratici. Le progressioni orizzontali rivestiranno esclusivamente valenza economica.
L’area delle Elevate Professionalità.
La vera novità è però data dall’istituzione di una quarta area definita delle elevate professionalità.
In quest’ambito dovrebbe trovare collocazione il fulcro delle professionalità del personale non dirigente.
L’intesa precontrattuale inoltre prevede conformemente a quanto già stabilito dalla legge 80/2021 la possibilità di transito meritocratico tramite procedura valutativa e non concorso per il passaggio all’area superiore.
Notiamo inoltre come le posizioni organizzative siano previste per la sola area dei funzionari, nel mentre nell’ambito della quarta area, sarà prevista l’attribuzione generale di incarichi, come accade per la dirigenza.
Sicuramente si tratta di un passo in più per le alte professionalità nel pubblico impiego e speriamo sia un passo verso la meritocrazia.
E’ previsto un periodo transitorio per l’attuazione del nuovo inquadramento.
All’ipotesi contrattuale è allegata la tabella 2 che stabilisce la corrispondenza tra il vecchio inquadramento ed il nuovo.
Particolare significativo è il fatto che tale corrispondenza non è attuata per quarta area delle elevate professionalità, dove saranno attuati criteri marcatamente meritocratici.
Va ricordato che è la legge 80/2021 a prevedere l’esistenza di un’apposita area delle alte professionalità e che quindi detto sistema di inquadramento dovrà trovare applicazione a tutti i settori del pubblico impiego, ivi compresi sanità ed enti locali, con eccezione della scuola.
Fabio Petracci