CONVEGNO: Avvocato e rete professionale: nuove frontiere organizzative, autonomia e indipendenza ovvero dall’intelligenza artificiale alla mono-committenza.

Giovedì 13 giugno alle ore 15.30 a Trieste presso la Sala Università Unicusano, Via Fabio Severo n.14/A

ANF Associazione Nazionale Forense e CIU UNIONQUADRI

CONVEGNO

Avvocato e rete professionale: nuove frontiere organizzative, autonomia e indipendenza ovvero dall’intelligenza artificiale alla mono-committenza.

Interverranno:

Saluti di benvenuto da parte dell’Avv. Marco Marocco – Consigliere Ordine Avvocati Trieste

Prof. Francesco Russo – Professore associato di Storia e Politiche Internazionali della Formazione presso l’Università degli Studi di Udine Consigliere regionale Vice Presidente del Consiglio regionale
Le libere professioni nell’economia regionale

Dott. Marco ANCORA – esecutivo CIU Unionquadri
Gli obiettivi delle reti tra professionisti

Prof. Dott. Nicola DE MARINIS – Consigliere Suprema Corte di Cassazione Sezione Lavoro
Subordinazione e parasubordinazione in ambito legale

Avv. Adriano SPONZILLI – Direttivo Associazione Nazionale Forense
Monocommittenza e progetti di legge su autonomia e indipendenza

Avv. Giampaolo Di Marco – Segretario Generale Associazione Nazionale Forense
Relazione di sintesi

Modera Avv. Fabio Petracci

Attribuzione crediti n. 3 di cui uno in materia deontologica

Pubblica Amministrazione. I requisiti per gli incarichi esterni.

Il presente scritto riguarda la materia concernente l’affidamento di incarichi a liberi professionisti da parte di enti pubblici, al di fuori delle fattispecie dell’appalto e del lavoro dipendente.

Sarà quindi dato rilievo alla normativa fondamentale che disciplina il conferimento di incarichi da parte della pubblica amministrazione.

Esamineremo innanzitutto l’articolo 7 del DLGS 165/2001 (Testo Unico Pubblico Impiego) che pone le condizioni di legittimità perché una pubblica amministrazione possa instaurare con un soggetto un rapporto di lavoro autonomo.

Come potremo vedere l’articolo 7 è stato oggetto di numerosi interventi restrittivi per eliminare gli abusi ed i reali pericoli di alimentare il precariato.

Il concetto che in primo luogo se ne ricava anche a fissarne la differenziazione dal lavoro subordinato è che debba trattarsi effettivamente di una prestazione individuale i cui termini di prestazione non debbono essere organizzati dalla pubblica amministrazione.

Deve trattarsi inoltre di un estrema ed ultima risorsa per la pubblica amministrazione che normalmente dovrebbe prevedere la presenza delle risorse umane per ogni necessità.

Se almeno all’apparenza ricorrono questi elementi, sarà opportuno confrontarli con la normativa che segue, per un esame di ammissibilità.

  1. Il testo unico del pubblico impiego

L’articolo 7 del DLGS 165/2001 costituisce la base cui riferirsi allorquando deve trattarsi della disciplina del conferimento di incarichi professionali da parte delle pubbliche amministrazioni.

Normalmente l’attività della pubblica amministrazione è svolta per il tramite di lavoratori dipendenti sottoposti a peculiari forme di assunzione e di trattamento contemplate dal DLGS 165/2001 Testo Unico del Pubblico Impiego e contestualmente per gli enti locali dal DLGS 267/2000 Testo Unico dell’ordinamento degli enti locali.

Per incarichi professionali invece intendiamo delle prestazioni che si pongono al di fuori del lavoro dipendente in un contesto di autonomia che va dalle prestazioni coordinate continuative, al lavoro organizzato dal committente e quindi assimilato in quanto al trattamento giuridico al lavoro dipendente sino alle vere e proprie forme di lavoro autonomo e professionale, anche regolamentato dalle norme ordinistiche.

Nell’ultimo periodo, abbiamo assistito al varo di normative volte a diminuire la spesa pubblica e d’altro canto a ridurre in favore della tipologia della subordinazione le varie forme di lavoro para subordinato spesso al limite della legalità.

Da una parte, interveniva in funzione di razionalizzare la Pubblica Amministrazione e contenerne i costi, il decreto Madia DLGS 75/2017 e dall’altra a ridurre le diverse alternative al lavoro subordinato il  il Jobs Act Dlgs 81/2015.

Ne ha risentito anche la materia degli incarichi professionali, laddove l’articolo 7 imponeva restrizioni alla materia degli incarichi professionali esterni.

Quando i contratti di collaborazione con le pubbiche amministrazioni sono vietati.

Il Testo Unico del Pubblico Impiego, D. Lgs. n. 165/2001, all’art. 7, comma 5-bis, prevede il divieto – a far data dal 1 luglio 2019 – per le amministrazioni pubbliche di stipulare contratti di collaborazione che si concretino in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro.

Pertanto, da tale data non sono più utilizzabili nelle pubbliche amministrazioni i contratti di collaborazione coordinata e continuativa.

I limitati casi di ammissibilità

Il successivo comma 6 dell’art. 7 prevede tuttavia che per specifiche esigenze cui non possano far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire esclusivamente incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo (artt. 2222 e ss. del codice civile), ad esperti di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria, in presenza dei seguenti presupposti di legittimità:

“a) l’oggetto della prestazione deve corrispondere alle competenze attribuite dall’ordinamento all’amministrazione conferente, ad obiettivi e progetti specifici e determinati e deve risultare coerente con le esigenze di funzionalità dell’amministrazione conferente;

  1. b) l’amministrazione deve avere preliminarmente accertato l’impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno;
  2. c) la prestazione deve essere di natura temporanea e altamente qualificata;
  3. d) devono essere preventivamente determinati durata, oggetto e compenso della collaborazione; non è ammesso il rinnovo; l’eventuale proroga dell’incarico originario è consentita, in via eccezionale, al solo fine di completare il progetto e per ritardi non imputabili al collaboratore, ferma restando la misura del compenso pattuito in sede di affidamento dell’incarico, oggetto e compenso della collaborazione.”

E’ possibile prescindere dal requisito della comprovata specializzazione universitaria, ferma restando la necessità di accertare la maturata esperienza nel settore, nel caso di conferimento di incarichi per attività che debbano essere svolte da professionisti iscritti in ordini o albi o con soggetti che operino nel campo dell’arte, dello spettacolo dei mestieri artigianali o dell’attività informatica nonché a supporto dell’attività didattica e di ricerca, per i servizi di orientamento, compreso il collocamento, e di certificazione dei contratti di lavoro.

Ancora, l’eventuale ricorso ai contratti di lavoro autonomo (c.d. incarichi) per lo svolgimento di funzioni ordinarie dell’Amministrazione e l’eventuale utilizzo dei soggetti incaricati con modalità tali da costituire lavoro subordinato sono cause di responsabilità amministrativa per il dirigente che ha stipulato i contratti.

In sostanza, lo scopo dell’attribuzione degli incarichi è quello di reperire all’esterno dell’organizzazione dell’Amministrazione risorse che permettano di soddisfare esigenze dell’Ente connotate da carattere temporaneo e per le quali è necessaria un’elevata professionalità, senza dover ricorrere ad assunzioni di personale di ruolo.

L’opportunità di creare un apposito regolamento

Infine, il comma 6-bis dell’art. 7 D. Lgs. n. 165/2001 prevede che le amministrazioni pubbliche debbano disciplinare e rendere pubbliche, secondo i propri ordinamenti, le procedure comparative per il conferimento degli incarichi.

Il divieto di instaurare CO.CO.CO come e da quando opera

Scatta così il divieto di instaurare nell’ambito del pubblico impiego le prestazioni coordinate e continuative.

Dopo alcune proroghe, dal 1 luglio 2019, gli enti pubblici non potranno più stipulare collaborazioni coordinate e continuative, l’ultima proroga era stata prevista dall’articolo 1, comma 131 della legge 145/2018.

In realtà, l’articolo 7 del DLGS 165/2001 al comma 5 bis fa divieto alle pubbliche amministrazioni di stipulare collaborazioni coordinate continuative o a progetto, ma qualsiasi forma di collaborazione non genuinamente autonoma e dove intervenga l’organizzazione della stessa da parte dell’ente anche in relazione al tempo ed al luogo di lavoro.

In sostanza l’ente pubblico può ricorrere a liberi professionisti, laddove le risorse interne non permettano di sopperire a talune esigenze istituzionali dell’ente medesimo.

Le sanzioni

Sanzioni sono previste per il mancato rispetto della norma.

In primo luogo, il contratto stipulato in violazione di legge dovrà considerarsi nullo e naturalmente il dipendente non potrà pretendere il riconoscimento della subordinazione e la stabilizzazione del rapporto. Di conseguenza esso verrà meno, il dipendente non sarà tenuto in forza dell’articolo 2126 del codice civile a restituire quanto percepito ed otterrà comunque se il periodo sarà riconosciuto come subordinato il pagamento dei contributi. Nel caso sia invece instaurato un rapporto di lavoro autonomo comunque in violazione dell’articolo 7 del DLGS 165/2001 ad esempio in quanto nell’ambito dell’ente sussistevano le professionalità necessarie, il professionista potrà agire per il risarcimento del danno ex articolo 2043 del codice civile. Le conseguenti spese andranno quindi a carico del dirigente che ha instaurato indebitamente il rapporto.

Altre sanzioni di natura aministrativa contabile e disciplinare attendono inoltre il dirigente che abbia operato in violazione dell’articolo 7 del DLGS 165/2001 .

I casi che legittimano l’instaurazione di contratti di lavoro autonomo – le ipotesi tassative

Ma quando allora le pubbliche amministrazioni possono ricorrere alle collaborazioni esterne, tenuto presente il divieto di instaurare collaborazioni continuative ed organizzate dall’ente datore di lavoro?

Le collaborazioni lecite debbono rispondere ai seguenti requisiti:

  • Il collaboratore esterno deve identificarsi in un esperto di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria e l’incarico deve essere in linea con la specializzazione del soggetto e corrispondere o servire all’oggetto delle competenze istituzionali dell’amministrazione;
  • L’amministrazione deve quindi aver preliminarmente accertato l’impossibilità oggettiva di utilizzare per lo scopo propri dipendenti;
  • La prestazione deve essere di natura temporanea;
  • Devono essere preventivamente determinati la durata l’oggetto ed i compensi.

Si fa presente che si prescinde dal requisito della comprovata specializzazione universitaria per le prestazioni da effettuarsi da professionisti iscritti ad ordini o albi e per soggetti che operino nel campo dell’arte e dello spettacolo, per mestieri artigianali, per l’attività informatica  e per i servizi di orientamento e collocamento.

Ciò in concreto significa che ogni affidamento di incarico professionale nelle amministrazioni pubbliche andrà preceduto da uno delibera che evidenzi il sussistere di tutti i requisiti di liceità dell’affidamento.

Nella successiva lezione, evidenzieremo specificamente il ricorrere di tutte le condizioni di ammissibilità cui ora abbiamo fatto cenno.

  1. Il Codice degli Appalti

 Nel 2016 è entrato in vigore il D. Lgs. n. 50/2016, c.d. Codice degli Appalti o dei contratti pubblici, che disciplina i contratti di appalto e di concessione delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori aventi ad oggetto l’acquisizione di servizi, forniture, lavori e opere, nonché i concorsi pubblici di progettazione.

Quivi, l’art. 17 precisa a quali appalti e concessioni di servizi non si applicano le disposizioni del Codice agli appalti ed alle concessioni di servizi, ovvero quelli:

“a) aventi ad oggetto l’acquisto o la locazione, quali che siano le relative modalità finanziarie, di terreni, fabbricati esistenti o altri beni immobili o riguardanti diritti su tali beni;

  1. b) aventi ad oggetto l’acquisto, lo sviluppo, la produzione o coproduzione di programmi destinati ai servizi di media audiovisivi o radiofonici che sono aggiudicati da fornitori di servizi di media audiovisivi o radiofonici, ovvero gli appalti, anche nei settori speciali, e le concessioni concernenti il tempo di trasmissione o la fornitura di programmi aggiudicati ai fornitori di servizi di media audiovisivi o radiofonici. Ai fini della presente disposizione il termine «materiale associato ai programmi» ha lo stesso significato di «programma»;
  2. c) concernenti i servizi d’arbitrato e di conciliazione;
  3. d) concernenti uno qualsiasi dei seguenti servizi legali:

1) rappresentanza legale di un cliente da parte di un avvocato ai sensi dell’articolo 1 della legge 9 febbraio 1982, n. 31, e successive modificazioni:

1.1) in un arbitrato o in una conciliazione tenuti in uno Stato membro dell’Unione europea, un paese terzo o dinanzi a un’istanza arbitrale o conciliativa internazionale;

1.2) in procedimenti giudiziari dinanzi a organi giurisdizionali o autorità pubbliche di uno Stato membro dell’Unione europea o un Paese terzo o dinanzi a organi giurisdizionali o istituzioni internazionali;

2) consulenza legale fornita in preparazione di uno dei procedimenti di cui al punto 1), o qualora vi sia un indizio concreto e una probabilità elevata che la questione su cui verte la consulenza divenga oggetto del procedimento, sempre che la consulenza sia fornita da un avvocato ai sensi dell’articolo 1 della legge 9 febbraio 1982, n. 31, e successive modificazioni;

3) servizi di certificazione e autenticazione di documenti che devono essere prestati da notai;

4) servizi legali prestati da fiduciari o tutori designati o altri servizi legali i cui fornitori sono designati da un organo giurisdizionale dello Stato o sono designati per legge per svolgere specifici compiti sotto la vigilanza di detti organi giurisdizionali;

5) altri servizi legali che sono connessi, anche occasionalmente, all’esercizio dei pubblici poteri;

  1. e) concernenti servizi finanziari relativi all’emissione, all’acquisto, alla vendita e al trasferimento di titoli o di altri strumenti finanziari ai sensi del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, servizi forniti da banche centrali e operazioni concluse con il Fondo europeo di stabilità finanziaria e il meccanismo europeo di stabilità;
  2. f) concernenti i prestiti, a prescindere dal fatto che siano correlati all’emissione, alla vendita, all’acquisto o al trasferimento di titoli o di altri strumenti finanziari;
  3. g) concernenti i contratti di lavoro;
  4. h) concernenti servizi di difesa civile, di protezione civile e di prevenzione contro i pericoli forniti da organizzazioni e associazioni senza scopo di lucro identificati con i codici CPV 75250000-3, 75251000-0, 75251100-1, 75251110- 4, 75251120-7, 75252000-7, 75222000-8; 98113100-9 e 85143000-3 ad eccezione dei servizi di trasporto dei pazienti in ambulanza;
  5. i) concernenti i servizi di trasporto pubblico di passeggeri per ferrovia o metropolitana;
  6. l) concernenti servizi connessi a campagne politiche, identificati con i codici CPV 79341400-0, 92111230-3 e 92111240-6, se aggiudicati da un partito politico nel contesto di una campagna elettorale per gli appalti relativi ai settori ordinari e alle concessioni”.

Con specifico riferimento al settore dei servizi legali, sono state approvate dall’ANAC (Autorità Nazionale Anti Corruzione) le Linee Guida n. 12, con delibera n. 907 del 24/10/2018.

Quando l’affidamento di servizi legali deve essere trattato come appalto?

Nelle citate Linee Guida viene precisato che l’affidamento dei servizi legali costituisce appalto qualora la stazione appaltante affidi la gestione del contenzioso in modo continuativo o periodico al fornitore nell’unità di tempo considerata (di regola il triennio); il singolo incarico conferito ad hoc costituisce invece un contratto d’opera professionale, consistendo nella trattazione della singola controversia o questione, ed è sottoposto al regime di cui all’articolo 17 del D. Lgs. n. 50/2016 (contratti esclusi dall’applicazione del Codice degli Appalti).

Con riferimento ai contratti esclusi dall’applicazione delle disposizioni previste dal Codice degli Appalti, l’art. 4 del D. Lgs. n. 50/2016 precisa che l’affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture debba in ogni caso avvenire nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità e tutela dell’ambiente ed efficienza energetica.

La differenza tra appalto di servizi e contratto d’opera

Resta intesa, come rilevante la differenziazione tra appalto di servizi e contratto d’opera.

La Corte dei Conti Sezione Regionale di Controllo per la Lombardia con deliberazione n.178 del 15 maggio 2014 in un parere reso ad un Comune della Provincia di Milano, delimita il confine tra la fattispecie dell’appalto di servizi e l’affidamento di un incarico professionale – contratto d’opera.

La Corte dei Conti, richiamando anche la sentenza n.2730/2012 del Consiglio di Stato ritiene che l’elemento qualificante dell’appalto di servizi sia dato dal fatto che l’affidatario di un appalto di servizi necessiti per l’espletamento dello stesso, di apprestare una specifica organizzazione finalizzata a soddisfare i bisogni dell’ente.

Conclude la Corte dei Conti che il codice dei contratti pubblici adotti una nozione più ampia di appalto di servizi, ma solo al fine di individuare l’applicabilità della disciplina di affidamento.

Rimane ferma però, a detta della Corte dei Conti, la nozione di appalto di servizi  così come delineata dal codice civile, che presuppone che la prestazione oggetto dell’obbligazione sia caratterizzata dalla sussistenza di una specifica organizzazione che possa garantire l’adempimento di una prestazione caratterizzata dalla complessità dell’oggetto e dalla predeterminazione della durata”.

In ogni caso, a prescindere da tali differenze la stipula di un contratto d’opera da parte della pubblica amministrazione, va preceduta dai seguenti requisiti:

  • l’affidamento dell’incarico deve essere preceduto da un accertamento reale sull’assenza di servizi o di professionalità, interne all’ente, in grado di adempiere l’incarico;
  • Va espletata una procedura di selezione comparativa, adeguatamente pubblicizzata, finalizzata ad assicurare alla P.A. la migliore offerta da un punto di vista qualitativo e quantitativo;
  • Deve essere acquisito il parere obbligatorio del Collegio dei revisori dell’ente ai sensi dell’art. 1, comma 42 della L. n. 311/2004;
  • Vanno  rispettati gli obblighi di comunicazione e pubblicità: il conferimento dell’incarico va comunicato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica ai sensi dell’articolo 53, comma 14, secondo periodo, del d.lgs. 165/2001 e ne deve essere curata la pubblicazione sul sito web ai sensi dall’art. 15, comma 2 del d.lgs. 33/2013.
  1. Le ultime novità dal punto di vista giurisprudenziale

La Corte dei Conti Sezione Campania, con la sentenza n.88/2018, ha ritenuto che l’Amministrazione, pur seguendo le procedure in materia di appalti, nel caso di specie avesse in realtà conferito un incarico individuale ai sensi dell’art. 7 del D. Lgs. n. 165/2001.

Nello specifico, un tanto era affermato in quanto risultava evidente che nella fattispecie oggetto d’esame fosse prevalente il “carattere personale o intellettuale della prestazione” nella persona del professionista di riferimento, anziché quello imprenditoriale in cui assume rilievo, assieme al requisito della gestione a proprio rischio, la qualità di imprenditore commerciale (art. 2195 cod. civ.), ovvero l’organizzazione dei mezzi necessari.

Ne conseguiva che la dichiarazione ai fini fiscali di aver fornito “servizi di impresa” risultava del tutto irrilevante rispetto alla fattispecie lavorativa prestata e alle sue caratteristiche oggettive che doveva invece essere qualificata come affidamento di incarico di un contratto d’opera intellettuale (artt. 2222 e 2229 c.c.). Invero, anche la necessità di utilizzare, da parte di un professionista, mezzi compresi tra gli ordinari strumenti cognitivi ed operativi a disposizione di qualunque lavoratore del settore, non può essere sufficiente a far ritenere che il contratto debba essere inquadrato nell’appalto di servizi.

Quindi, la Corte dei Conti confermava che la fattispecie in esame rientrasse nell’ipotesi dei c.d. “servizi esclusi” del codice dei contratti pubblici, trovando applicazione in ogni caso i principi dettati dall’art. 4 del D. Lgs. n. 50/2016.

Quanto invece alla distinzione tra incarico legale ed appalto di servizi legali, già la Sentenza del Consiglio di Stato n. 2730/2012 aveva delineato che l’appalto costituisce qualcosa in più rispetto ad un singolo incarico di patrocinio legale: l’appalto è configurabile quando il servizio legale viene prestato per un determinato arco temporale ed in ragione di un predeterminato corrispettivo.

Ciò appare peraltro confermato dalla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 6 giugno 2019 (C264/2018). La Corte di Giustizia ha infatti ribadito che gli incarichi legali sono esclusi dalla normativa generale sugli appalti in quanto diversi da ogni altro contratto, perché le relative prestazioni possono essere rese solo in ragione di un ambito fiduciario tra l’avvocato ed il cliente, peraltro caratterizzato dalla massima riservatezza.

In ogni caso, ciascuna amministrazione ben può organizzare, se lo ritiene opportuno, una apposita procedura selettiva tesa a comparare tra loro più professionisti per individuare lo specifico professionista da incaricare.

In merito, anche con riferimento ai principi generali del codice dei contratti pubblici, l’ANAC ha suggerito – senza obbligo alcuno di conformazione – alle amministrazioni di predisporre degli “elenchi” di avvocati ai quali eventualmente attingere per affidare eventuali incarichi.

Ancora, la Corte dei Conti, sezione d’Appello, con sentenza n. 155/2019, ha riformato la sentenza di condanna in primo grado per alcuni dirigenti di un Ente per aver dato luogo a rapporti di collaborazione esterna con alcuni professionisti senza aver svolto un effettivo e concreto accertamento sul personale interno da eventualmente utilizzare per rendere il servizio oggetto di incarico esterno.

Le motivazioni degli appellanti sono state accolte in quanto è stato ritenuto che i dirigenti fossero esenti da responsabilità per mancanza della colpa grave, in considerazione non solo delle gravi carenze degli organici, ma soprattutto della tempestiva attivazione di concorsi pubblici per la dotazione delle professionalità richieste per l’Ente.

Da ultimo, risulta opportuno ricordare anche la recente sentenza n. 11410/2019 del TAR Lazio, relativa alla legittimità di un avviso pubblico del Ministero dell’Economia e delle Finanze, che intendeva ricercare un supporto tecnico ad elevato contenuto specialistico di professionalità altamente qualificate per svolgere consulenze a titolo gratuito.

Il TAR ha valutato che, date le caratteristiche indicate dall’avviso – che riguardava una consulenza eventuale ed occasionale nell’arco temporale di due anni – la consulenza non poteva essere qualificata come contratto di lavoro autonomo, ex art. 7, commi 6 e 6 bis, del D. Lgs n. 165/2001 e che non si trattava neppure di servizio il cui affidamento sarebbe stato sottoposto alla disciplina del Codice degli Appalti, considerata l’assenza della previsione del numero ben definito di incarichi da conferire, dell’individuazione puntuale dell’oggetto e della consistenza di ciascun incarico, nonché di una selezione per l’aggiudicazione.

Per tali ragioni, il carattere gratuito della consulenza è stato ritenuto legittimo, in quanto nel nostro ordinamento non si rinviene alcun divieto in tal senso.

Da ultimo, la legge delega 21.6.2022 n.78 in tema di contratti pubblici , esclude la gratuità degli stessi salvo motivate eccezioni.

Fabio Petracci

CASSAZIONE – Avvocato non iscritto alla Cassa Forense deve pagare la contribuzione alla Gestione Separata INPS.

Mancata compilazione denuncia parametri per contribuzione – non è occultamento doloso del debito – prescrizione decorrenza.

Cass. civ., Sez. VI – Lavoro, Ord., 03/11/2022, n. 32424.

L’oggetto della controversia.

La Corte d’Appello di Napoli ha confermato la pronuncia del Tribunale della stessa città che aveva rigettato l’opposizione proposta da A.A., nel contraddittorio dell’I.N.P.S. e dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione, avverso l’avviso di addebito con il quale era stato preteso dalla predetta il pagamento della contribuzione dovuta alla gestione separata, quale avvocato, per l’anno 2009.

Inoltre , la Corte territoriale riteneva sussistente il debito contributivo ed infondata l’eccezione di prescrizione, in quanto nel presentare la dichiarazione dei redditi la ricorrente aveva omesso di compilare il quadro riguardante i parametri rilevanti rispetto alla sua denuncia (c.d. quadro RR) e ciò comportava la sospensione del termine prescrizionale per occultamento doloso del debito.

Sintesi della decisione.

La Corte di Cassazione con la sentenza di cui in epigrafe ha ritenuto sussistere il debito previdenziale ritenendo che, gli avvocati iscritti ad altre forme di previdenza obbligatorie che, svolgendo attività libero professionale priva del carattere dell’abitualità, non hanno – secondo la disciplina vigente “ratione temporis“, antecedente l’introduzione dell’automatismo della iscrizione – l’obbligo di iscrizione alla Cassa Forense, sono tenuti comunque ad iscriversi alla gestione separata presso l’INPS, in virtù del principio di universalizzazione della copertura assicurativa, cui è funzionale la disposizione di cui alla L. n. 335 del 1995art. 2, comma 26, secondo cui l’unico versamento contributivo rilevante ai fini dell’esclusione di detto obbligo di iscrizione è quello suscettibile di costituire in capo al lavoratore autonomo una correlata prestazione previdenziale.

Precisa la Corte che “l’obbligo di iscrizione alla gestione separata è genericamente rivolto a chiunque percepisca un reddito derivante dall’esercizio abituale (anche se non esclusivo) ma anche occasionale – in questo caso se siano superati i limiti di cui al D.L. n. 269 del 2003art. 44, comma 2, n.d.r. – di un’attività professionale per la quale è prevista l’iscrizione ad un albo”, se il corrispondente reddito non sia già oggetto di obbligo assicurativo presso la cassa di riferimento.

In merito alla mancata decorrenza della prescrizione a seguito del doloso occultamento del debito.

Precisa la Corte che, se è pur vero che la giurisprudenza di legittimità,  ha ritenuto che l’apprezzamento in ordine alla possibilità di ricondurre la mancata compilazione del quadro RR ad una fattispecie di doloso occultamento del debito non è avvenuto ad opera del giudice del merito.

Precisa la Corte che il dolo che impedisce il decorso della prescrizione non consiste nella sola intenzionalità di non dichiarare una situazione rilevante a fini contributivi, ma deve altresì essere tale da impedire al creditore di esercitare il proprio diritto, profilo che la Corte territoriale non ha in alcun modo indagato e che, tenuto conti dei poteri ispettivi degli enti previdenziali e dei profili di evidenza esterna, anche formale (iscrizione all’albo etc.) della professione forense, non possono certamente essere presunti.

Avvocatura pubblica e processo

Professionisti dipendenti da pubblica amministrazione.

Avvocatura di ente pubblico – cessazione dal servizio di avvocato –

Conseguenze sui procedimenti in corso – prosecuzione del professionista oltre alla data di cessazione dal servizio – inammissibilità.

 

Corte dei Conti Sezione Regionale di Controllo per la Campania – Parere depositato in data 12.5.2021.

 

Un comune ha alle proprie dipendenze un avvocato che sta seguendo un procedimento in essere in corso del quale si verifica il pensionamento del professionista dipendente.

Il Comune interpella la locale sezione di controllo della Corte dei Conti per conoscere se il legale potrà continuare nel proprio mandato sino alla cessazione della causa e se, in caso di continuazione, potrà essere retribuito dal comune medesimo.

La risposta al quesito che la Corte dei Conti è totalmente negativa e ne verificheremo il perché.

La Corte dei Conti prende le mosse del proprio ragionamento dall’articolo 85 del codice di procedura civile che disciplina la procura conferita al legale. In caso di revoca della stessa o di rinuncia del legale, essa conserva valenza sino alla nomina del nuovo legale e ciò per evidenti ragioni di speditezza processuale.

Lo stesso, afferma la Corte non avviene nel caso di cessazione dal servizio dell’avvocato pubblico dipendente, in quanto al rapporto di rappresentanza sottintende quello di servizio.

Conformemente si sono espresse in diversi contesti diverse sentenze della Suprema Corte fra le tante Cassazione n.27308/2018, Cassazione n.25638/2016).

Quindi, la cessazione del rapporto di impiego determina l’automatico venir meno della legittimazione a compiere atti processuali, ricorrendo una fattispecie assimilabile a quella dell’articolo 301 del codice di procedura civile che disciplina la morte, la radiazione e la sospensione dell’avvocato.

In effetti le conclusioni paiono esatte dal momento che il difensore pubblico dipendente cessato dal servizio cessa automaticamente dall’iscrizione all’albo speciale degli avvocati dipendenti pubblici.

Quanto al compenso, ritiene la Corte dei Conti come il professionista in questione avrà diritto esclusivamente ai compensi per l’attività maturata e svolta effettivamente sino alla data della cessazione dal servizio.

 

Avvocato Fabio Petracci

Conferimento di incarichi a lavoratori in quiescenza. Interviene La Corte di Giustizia della Comunità Europea.

Con una recente sentenza la Corte di Giustizia della Comunità Europea Sezione VIII del 2.4.2020 ha ritenuto che la normativa nazionale che vieta nei confronti delle persone in quiescenza il conferimento di incarichi e consulenza costituisce una forma di discriminazione indiretta basata sull’età e quindi vietata dalla direttiva n.2000/78.

Si tratta in questione dell’articolo 5, comma 9 del DL 95/2012 che ha introdotto il divieto per le pubbliche amministrazioni di attribuire incarichi di studi e consulenza a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza. Detti incarichi possono essere affidati esclusivamente a titolo gratuito. Sono state emesse in proposto n.2 circolari interpretative da parte del Ministero della Funzione Pubblica per chiarire l’applicazione della norma. Con il termine generale di “lavoratori” usato dalla legge non si intendono i soli pensionati della pubblica amministrazione, ma anche quelli delle aziende private e stante il termine che non individua solo gli ex lavoratori dipendenti, potrebbero pure rientrarvi i pensionati delle aziende private.

 

 

Gli ordini professionali come datori di lavoro.

Avendo già prestato consulenza a diversi ordini professionali sul tema, sintetizzo alcuni punti relativi al rapporto di lavoro con gli ordini professionali.

Gli ordini professionali sono a tutti gli effetti degli enti pubblici non economici.

Ciò significa che gli stessi, anche se di modeste dimensioni, applicano al personale la normativa prevista per gran parte degli enti pubblici che è contemplata nel Testo Unico del Pubblico Impiego DLGS 165/2001.

Le assunzioni

In primo luogo, come enti pubblici, gli ordini professionali debbono assumere per concorso o comunque tramite procedure selettive.

La norma in questione prevede che le assunzioni nell’ambito della pubblica amministrazione siano esse a termine sia a tempo indeterminato debbano avvenire per il tramite di una procedura selettiva (concorso) disciplinata dall’art. 35 del DLGS n. 165/2001.

Quindi, come nelle pubbliche amministrazioni, previa redazione del piano del fabbisogno di personale si dovrà redigere il concorso per l’assunzione del personale in pianta stabile.

Prima di procedere al bando di concorso si renderà necessario determinare l’organico dell’ordine medesimo definendo le qualifiche e le categorie contrattuali per poi inserirlo nel piano triennale del fabbisogno di personale

Il piano triennale del fabbisogno di personale è stato introdotto con il DLGS 75/2017 (decreto Madia) e comporta l’elaborazione di un piano di spesa ed assunzioni senza il quale non si potrà procedere a bandire alcun concorso.

La modalità concreta per la predisposizione di tale piano è contenuta nel decreto 8 maggio 2018 del Ministro per la Pubblica Amministrazione. (Allegato 1)

Dovranno inoltre aver luogo tutti gli adempimenti in termini di sicurezza e benessere previsti dal DLGS 81/2008.

Il personale sarà trattato ed inquadrato secondo il contratto del Comparto Enti Pubblici non Economici.

Nell’instaurare rapporti a termine o di natura flessibile o di consulenza, gli ordini professionali subiranno le limitazioni stabilite per il settore del pubblico impiego.

In particolare per gli incarichi professionali e le consulenze.

Particolari limitazione nel ricorso a consulenze sono imposte agli ordini professionali, come del resto alle amministrazioni pubbliche dall’articolo 7 del DLGS 165/2001

L’articolo 7 del DLGS 165/2001 fa divieto alle amministrazioni pubbliche di stipulare contratti di collaborazione aventi ad oggetto prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative, le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi ed ai modi di lavoro.

Solo per specifiche esigenze cui le amministrazioni non possono far fronte con personale in servizio, esse possono conferire incarichi individuali con contratti di lavoro autonomo ad esperti di particolare e comprovata specializzazione. In tal caso, devono ricorrere i seguenti requisiti:

a) l’oggetto della prestazione deve corrispondere alle competenze attribuite dall’ordinamento all’amministrazione conferente, ad obiettivi e progetti specifici e determinati e deve risultare coerente con le esigenze di funzionalità dell’amministrazione conferente;

b) l’amministrazione deve avere preliminarmente accertato l’impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno;

c) la prestazione deve essere di natura temporanea e altamente qualificata; non è ammesso il rinnovo; l’eventuale proroga dell’incarico originario è consentita, in via eccezionale, al solo fine di completare il progetto e per ritardi non imputabili al collaboratore, ferma restando la misura del compenso pattuito in sede di affidamento dell’incarico; (43)

d) devono essere preventivamente determinati durata, oggetto e compenso della collaborazione.

Si prescinde dal requisito della comprovata specializzazione universitaria in caso di stipulazione di contratti di collaborazione per attività che debbano essere svolte da professionisti iscritti in ordini o albi o con soggetti che operino nel campo dell’arte, dello spettacolo, dei mestieri artigianali o dell’attività informatica nonché a supporto dell’attività didattica e di ricerca, per i servizi di orientamento, compreso il collocamento, e di certificazione dei contratti di lavoro di cui al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, purché senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, ferma restando la necessità di accertare la maturata esperienza nel settore.

Inoltre le amministrazioni pubbliche disciplinano e rendono pubbliche, secondo i propri ordinamenti, procedure comparative per il conferimento degli incarichi di collaborazione.

Solo in casi del tutto eccezionali e sino alla soglia massima di euro 5.000.l’incarico può essere oggetto di affidamento diretto.

Il trattamento contrattuale per i dipendenti dagli ordini professionali sarà quello del Comparto Enti Pubblici Non Economici.

In tema di mansioni, agli ordini professionali troverà quindi piena applicazione l’articolo 52 DLGS 165/2001e quindi non sarà possibile la promozione alla categoria superiore per svolgimento di fatto delle mansioni superiori.

Inoltre il passaggio tra aree professionali sovraordinate, potrà avvenire esclusivamente mediante concorso.

In materia disciplinare troverà applicazione l’articolo 54 del DLGS 165/2001 che prevede la redazione di apposito codice di comportamento, l’articolo 54 bis che impone la tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti e l’articolo 55bis e seguenti che disciplinano il procedimento disciplinare.

Importante lo stesso articolo sopraindicato, laddove impone ad ogni ente pubblico la costituzione di apposito Ufficio per i Provvedimenti Disciplinari al Personale dipendente.

Eccezioni e particolarità.

Ulteriore novità in tema e data dall’entrata in vigore del DL 124/2019 convertito nella legge 19.12.2019.

All’articolo 50 della predetta normativa comma 3 bis è stabilito che gli ordini e collegi professionali, tenendo conto delle loro peculiarità dovranno attenersi ai soli principi generali del DLGS 165/2001, emanando un loro regolamento. E’ inoltre escluso l’obbligo per gli ordini professionali di attenersi in tema di valutazione della Performance e nomina degli Organismi Interni di Valutazione a quanto previsto dal DLGS 150/2009 (legge Brunetta).

In pratica, gli ordini professionali non debbono apprestare il complesso sistema di Valutazione della Performance ed istituire a questo scopo gli Organismi Indipendenti di Valutazione.

Il punto che costituisce un’ulteriore novità, consente per le questioni non fondamentali di applicare una normativa più snella dopo aver approvato un proprio regolamento.

Il regolamento potrebbe essere un utile filtro per semplificare e razionalizzare l’applicazione del Testo Unico sul Pubblico Impiego a Strutture spesso abbastanza semplici e garantite economicamente dai contributi degli iscritti.

24 maggio 2020

Avvocato Fabio Petracci