Decorrenza della prescrizione dei crediti retributivi in corso di rapporto di lavoro

Con la sentenza 36197/2023, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite è chiamata a pronunciarsi sui seguenti quesiti:

  1. se la prescrizione dei crediti retributivi dei lavoratori nel pubblico impiego contrattualizzato debba decorrere dalla fine del rapporto, a termine o a tempo indeterminato, o, in caso di successione di rapporti, dalla cessazione dell’ultimo, come accade nel lavoro privato;
  2. se, nell’eventualità di abuso nella reiterazione di contratti a termine, seguita da stabilizzazione presso la stessa P.A. datrice di lavoro, la prescrizione dei crediti retributivi debba decorrere dal momento di tale stabilizzazione;

L’attualità del tema è data dall’entrata in vigore della legge 92 del 2012 e quindi del DLGS n.23/2015 che in caso di licenziamento illegittimo nella maggioranza dei casi hanno fatto venir meno l’ipotesi della conseguente reintegra.

Di seguito, la Corte di Cassazione con la sentenza n.26246 del 2022 ha stabilito che, in assenza della tutela reale, poteva in ogni caso ritenersi incombente sul lavoratore il timore della conseguente reazione datoriale e quindi la prescrizione doveva ritenersi operante a partire dalla cessazione del rapporto di lavoro.

Ora lo stesso tema si pone nell’ambito del pubblico impiego contrattualizzato.

Va notato in proposito che dopo alcune oscillazioni giurisprudenziali con l’articolo 21 del decreto Madia era affermata nell’ambito delle Pubbliche Amministrazioni la piena applicabilità della legge sui licenziamenti nel testo originale che prevedeva la reintegrazione in caso di licenziamento illegittimo per il personale non dirigente e dirigente.

La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, è chiamata ad affrontare il tema che già sul presupposto della confermata stabilità del posto di lavoro pubblico in base all’articolo 21 del decreto Madia dovrebbe trovare soluzione nel senso di consentire il decorrere della prescrizione in corso di rapporto di lavoro.

La Corte affronta però il tema della decorrenza della prescrizione nel caso di reiterazione di contratti a termine nell’ambito del settore pubblico.

Essa ribadisce per il pubblico impiego, la regola già vigente della decorrenza della prescrizione in costanza di rapporto di lavoro in nome della peculiarità tuttora persistente tra lavoro alle dipendenze dei privati e delle pubbliche amministrazioni anche in forza dei principi fondamentali contenuti nell’articolo 97 della Costituzione.

Secondo le Sezioni Unite “La privatizzazione non ha comportato una totale identificazione tra lavoro pubblico privatizzato e lavoro privato. In particolare, permangono nel lavoro pubblico privatizzato quelle peculiarità individuate dalla Corte Costituzionale, in relazione al previgente regime dell’impiego pubblico, come giustificative di un differente regime della prescrizione: sia in punto di stabilità del rapporto di lavoro a tempo indeterminato (D.Lgs. n. 165 del 2001art. 51, comma 2 e, all’attualità, D.Lgs. cit., art. 63, comma 2), che, in punto di eccezionalità del lavoro a termine (secondo la disciplina speciale dell’art. 36 D.Lgs. cit.)…” (Cass. 19 novembre 2021, n. 35676, in motivazione sub p.to 42, così, massimata: “In tema di pubblico impiego contrattualizzato, nell’ipotesi di contratto di lavoro formalmente autonomo, del quale sia successivamente accertata la natura subordinata, la prescrizione dei crediti retributivi decorre in costanza di rapporto, attesa la mancanza di ogni aspettativa del lavoratore alla stabilità dell’impiego e la conseguente inconfigurabilità di un metus in ordine alla mancata continuazione del rapporto suscettibile di tutela”).

Fabio Petracci

Il termine di 120 giorni per la conclusione del procedimento del procedimento disciplinare

Con l’ordinanza n. 33382/2023 la Corte di Cassazione in tema di procedimento disciplinare nell’ambito del pubblico impiego, ha ritenuto che il termine di 120 giorni tassativamente prescritto per concludere a pena di decadenza il procedimento disciplinare decorra dalla data di prima acquisizione della notizia dell’infrazione che coincide con quella in cui la notizia è pervenuta all’ufficio per i procedimenti disciplinari o, se anteriore, con la data in cui la notizia medesima è pervenuta al responsabile della struttura in cui il dipendente lavora”.

Ove non sia possibile individuare un dirigente o un responsabile dell’Ufficio interessato competente, il termine per concludere il procedimento disciplinare non può che decorrere, ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001art. 55 bis, comma 4, secondo e terzo periodo, dalla data in cui la notizia dell’illecito è pervenuta all’ufficio per i procedimenti disciplinari.

La pronuncia prende in esame un caso verificatosi in data anteriore al DLGS 75/2017 (Riforma Madia) che ha apportato importanti innovazioni all’impianto disciplinare del pubblico impiego, modificando sensibilmente l’articolo 55 bis del DLGS 165/2001 che scandisce i termini del procedimento disciplinare.

A seguito della riforma Madia, solo i termini di avvio e di conclusione del procedimento disciplinare sono perentori, mentre la violazione di altri termini nell’ambito del procedimento, non comportano la decadenza dall’azione disciplinare, a meno che non ne risulti irrimediabilmente compromesso il diritto di difesa del dipendente.

La nuova normativa che va ad innovare l’articolo 55 bis del DLGS 165/2001 prevede che, nel caso in cui il fatto addebitato abbia una conseguenza disciplinare superiore al rimprovero verbale, il Responsabile della struttura entro dieci giorni, segnala il fatto all’Ufficio Procedimenti Disciplinari (UDP) e quindi quest’ultimo con immediatezza e comunque non oltre trenta giorni dal ricevimento della segnalazione , provvede a trasmettere la contestazione scritta dell’addebito al dipendente, convocandolo con un preavviso di dieci giorni per l’audizione disciplinare.

Quindi, l’UDP conclude il procedimento con l’atto di archiviazione o con l’irrogazione della sanzione, entro 120 giorni dalla contestazione dell’addebito.

A questo punto, dopo la riforma attuata con il decreto legislativo Madia DLGS 75/2017, gli unici due termini tassativamente previsti a pena di decadenza sono il termine di avvio del procedimento ( invio all’Ufficio Disciplinare 10 giorni) ed il termine di conclusione del procedimento 120 giorni dall’avvio dee contestazione.

Quindi, a seguito della riforma Madia,  il termine di 120 giorni per la conclusione del procedimento disciplinare non è più ancorato alla data della prima acquisizione della notizia dell’infrazione, come precedentemente stabilito al vecchio testo dell’articolo 55 bis DLGS 165/2001, ma è riferito ad una data più chiara e facilmente individuabile data dalla “contestazione dell’addebito fatta dall’UPD” al lavoratore.

Fabio Petracci

Assegnazione di sede ex articolo 33 lege 104/92: la giurisdizione è del Giudice ordinario

Il TAR del Lazio con la sentenza n.17673/2023 conferma l’indirizzo della Corte di Cassazione – Cassazione Civile Sezioni Unite 9.6.2021 n.16086 – che ha ritenuto come in tema di assegnazione della sede di lavoro presso una amministrazione pubblica (all’esito della procedura concorsuale per l’assunzione in servizio), intervenuta con contratto stipulato successivamente al 30 giugno 1998, deve riconoscersi – stante il carattere generale della giurisdizione del giudice ordinario in relazione ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche (art. 63, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001), a fronte del quale la perpetuazione della giurisdizione del giudice amministrativo (prevista dal comma 4 dello stesso art. 63) riveste una portata limitata ed eccezionale – la giurisdizione del giudice ordinario nella controversia in cui, sul presupposto della definitività della graduatoria e senza in alcun modo censurare lo svolgimento del concorso ed il relativo atto finale, si faccia valere, in base all’art. 33, comma 5, della l. n. 104 del 1992, il diritto – che sorge con l’assunzione al lavoro e, dunque, in un momento successivo all’esaurimento della procedura concorsuale – alla scelta della sede di lavoro più vicina al proprio domicilio.

Il TAR del Lazio adeguandosi a questo indirizzo ha affrontato lo specifico tema dell’assegnazione della sede di servizio al vincitore di concorso titolare dei benefici di cui alla legge 104/1992. l’Organo giurisdizionale amministrativo precisa che “con l’approvazione della graduatoria definitiva si è chiusa la fase procedimentale amministrativa, soggetta alla giurisdizione del Giudice amministrativo, ed è iniziata la fase relativa all’immissione in servizio soggetta alla giurisdizione del Giudice ordinario”. Dopo la fase dell’approvazione della graduatoria si apre la fase esecutiva nella quale si configurano attività che attengono allo svolgimento privatistico del rapporto di lavoro (TAR Lazio, Roma I-quater, 28 marzo 2023, n. 5322, Cons di Stato, V sezione; 21 novembre 2014) e nel cui contesto i comportamenti e le determinazioni dell’Amministrazione sono espressione del potere negoziale che la stessa esercita nella veste e con la capacità del privato datore di lavoro. Il quadro normativo consente di affermare che in tema di lavoro pubblico la giurisdizione del giudice ordinario costituisce ormai la regola e quella del giudice amministrativo l’eccezione.

Fabio Petracci

Le stabilizzazioni nell’ambito del Servizio Sanitario Regionale sono possibili sino al 31.12.2024

Le regole generali per la stabilizzazione

Le stabilizzazioni nell’ambito del Pubblico Impiego trovano fondamento nell’articolo 20 del DLGS 75/2017 che così dispone:

“1. Le amministrazioni, al fine di superare il precariato, ridurre il ricorso ai contratti a termine e valorizzare la professionalità acquisita dal personale con rapporto di lavoro a tempo determinato, possono, fino al 31 dicembre 2023, in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni di cui all’articolo 6, comma 2, e con l’indicazione della relativa copertura finanziaria, assumere a tempo indeterminato personale non dirigenziale che possegga tutti i seguenti requisiti:

  1. a) risulti in servizio successivamente alla data di entrata in vigore della legge n. 124 del 2015 con contratti a tempo determinato presso l’amministrazione che procede all’assunzione o, in caso di amministrazioni comunali che esercitino funzioni in forma associata, anche presso le amministrazioni con servizi associati;
  2. b) sia stato reclutato a tempo determinato, in relazione alle medesime attività svolte, con procedure concorsuali anche espletate presso amministrazioni pubbliche diverse da quella che procede all’assunzione;
  3. c) abbia maturato, al 31 dicembre 2022, alle dipendenze dell’amministrazione di cui alla lettera a) che procede all’assunzione, almeno tre anni di servizio, anche non continuativi, negli ultimi otto anni.
  4. Fino al 31 dicembre 2024, le amministrazioni possono bandire, in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni di cui all’articolo 6, comma 2, e ferma restando la garanzia dell’adeguato accesso dall’esterno, previa indicazione della relativa copertura finanziaria, procedure concorsuali riservate, in misura non superiore al cinquanta per cento dei posti disponibili, al personale non dirigenziale che possegga tutti i seguenti requisiti: 
  5. a) risulti titolare, successivamente alla data di entrata in vigore della legge n. 124 del 2015, di un contratto di lavoro flessibile presso l’amministrazione che bandisce il concorso;
  6. b) abbia maturato, alla data del 31 dicembre 2024, almeno tre anni di contratto, anche non continuativi, negli ultimi otto anni, presso l’amministrazione che bandisce il concorso.

2-bis. Anche per le finalità connesse alla stabilizzazione delle ricerche collegate al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), le disposizioni dei commi 1 e 2, con riferimento agli enti pubblici di ricerca di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 218, sono prorogate fino al 31 dicembre 2026.

  1. Ferme restando le norme di contenimento della spesa di personale, le pubbliche amministrazioni, fino al 31 dicembre 2022, ai soli fini di cui ai commi 1 e 2, possono elevare gli ordinari limiti finanziari per le assunzioni a tempo indeterminato previsti dalle norme vigenti, al netto delle risorse destinate alle assunzioni a tempo indeterminato per reclutamento tramite concorso pubblico, utilizzando a tal fine le risorse previste per i contratti di lavoro flessibile, nei limiti di spesa di cui all’articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla legge 20 luglio 2010, n. 122, calcolate in misura corrispondente al loro ammontare medio nel triennio 2015-2017 a condizione che le medesime amministrazioni siano in grado di sostenere a regime la relativa spesa di personale previa certificazione della sussistenza delle correlate risorse finanziarie da parte dell’organo di controllo interno di cui all’articolo 40-bis, comma 1, e che prevedano nei propri bilanci la contestuale e definitiva riduzione di tale valore di spesa utilizzato per le assunzioni a tempo indeterminato dal tetto di cui al predetto articolo 9, comma 28. 
  2. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non possono essere applicate dai comuni che per l’intero quinquennio 2012-2016 non hanno rispettato i vincoli di finanza pubblica. Le regioni a statuto speciale, nonché gli enti territoriali ricompresi nel territorio delle stesse, possono applicare il comma 1, elevando ulteriormente i limiti finanziari per le assunzioni a tempo indeterminato ivi previsti, anche mediante l’utilizzo delle risorse, appositamente individuate con legge regionale dalle medesime regioni che assicurano la compatibilità dell’intervento con il raggiungimento dei propri obiettivi di finanza pubblica, derivanti da misure di revisione e razionalizzazione della spesa certificate dagli organi di controllo interno. Ai fini del rispetto delle disposizioni di cui all’articolo 1, commi 557e 562, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, gli enti territoriali delle predette regioni a statuto speciale, calcolano inoltre la propria spesa di personale al netto dell’eventuale cofinanziamento erogato dalle regioni ai sensi del periodo precedente. I predetti enti possono prorogare i rapporti di lavoro a tempo determinato fino al 31 dicembre 2018, nei limiti delle risorse utilizzabili per le assunzioni a tempo indeterminato, secondo quanto previsto dal presente articolo. Per gli stessi enti, che si trovino nelle condizioni di cui all’articolo 259 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, la proroga di cui al quarto periodo del presente comma è subordinata all’assunzione integrale degli oneri a carico della regione ai sensi del comma 10 del citato articolo 259.
  3. Fino al termine delle procedure di cui ai commi 1 e 2, è fatto divieto alle amministrazioni interessate di instaurare ulteriori rapporti di lavoro flessibile di cui all’articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e successive modificazioni, per le professionalità interessate dalle predette procedure. Il comma 9-bis dell’articolo 4del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, è abrogato.
  4. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 1, commi 425426 della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
  5. Ai fini del presente articolo non rileva il servizio prestato negli uffici di diretta collaborazione di cui all’articolo 14del decreto legislativo n. 165 del 2001 o degli organi politici delle regioni, secondo i rispettivi ordinamenti, né quello prestato in virtù di contratti di cui agli articoli 90 e 110 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
  6. Le amministrazioni possono prorogare i corrispondenti rapporti di lavoro flessibile con i soggetti che partecipano alle procedure di cui ai commi 1 e 2, fino alla loro conclusione, nei limiti delle risorse disponibili ai sensi dell’articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.
  7. Il presente articolo non si applica al reclutamento del personale docente, educativo e amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA) presso le istituzioni scolastiche ed educative statali. Fino all’adozione del regolamento di cui all’articolo 2, comma 7, lettera e), della legge 21 dicembre 1999, n. 508, le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano alle Istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica. I commi 5 e 6 del presente articolo non si applicano agli enti pubblici di ricerca di cui al decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 218. Per i predetti enti pubblici di ricerca il comma 2 si applica anche ai titolari di assegni di ricerca in possesso dei requisiti ivi previsti. Il presente articolo non si applica altresì ai contratti di somministrazione di lavoro presso le pubbliche amministrazioni. 
  8. Per il personale dirigenziale e non dirigenziale del Servizio sanitario nazionale, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all’articolo 1, comma 543, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, la cui efficacia è prorogata al 31 dicembre 2019 per l’indizione delle procedure concorsuali straordinarie, al 31 dicembre 2020 per la loro conclusione, e al 31 ottobre 2018 per la stipula di nuovi contratti di lavoro flessibile ai sensi dell’articolo 1, comma 542, della legge 28 dicembre 2015, n. 208
  9. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano al personale, dirigenziale e no, di cui al comma 10, nonché al personale delle amministrazioni finanziate dal Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca, anche ove lo stesso abbia maturato il periodo di tre anni di lavoro negli ultimi otto anni rispettivamente presso diverse amministrazioni del Servizio sanitario nazionale o presso diversi enti e istituzioni di ricerca. 7

11-bis. Allo scopo di fronteggiare la grave carenza di personale e superare il precariato, nonché per garantire la continuità nell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza, per il personale medico, tecnico-professionale e infermieristico, dirigenziale e no, del Servizio sanitario nazionale, le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano fino al 31 dicembre 2022. Ai fini del presente comma il termine per il conseguimento dei requisiti di cui al comma 1, lettera c), e al comma 2, lettera b), è stabilito alla data del 31 dicembre 2022, fatta salva l’anzianità di servizio già maturata sulla base delle disposizioni vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto.

  1. 12. Ai fini delle assunzioni di cui al comma 1, ha priorità il personale in servizio alla data di entrata in vigore del presente decreto.
  2. In caso di processi di riordino, soppressione o trasformazione di enti, con conseguente transito di personale, ai fini del possesso del requisito di cui ai commi 1, lettera c), e 2, lettera b), si considera anche il periodo maturato presso l’amministrazione di provenienza.
  3. Le assunzioni a tempo indeterminato disciplinate dall’articolo 1, commi 209211212, della legge 27 dicembre 2013, n. 147sono consentite anche nel triennio 2018-2020. Per le finalità di cui al presente comma le amministrazioni interessate possono utilizzare, altresì, le risorse di cui ai commi 3 e 4 o previste da leggi regionali, nel rispetto delle modalità, dei limiti e dei criteri previsti nei commi citati. Ai fini delle disposizioni di cui all’articolo 1, commi 557 e 562, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, gli enti territoriali calcolano la propria spesa di personale al netto dell’eventuale cofinanziamento erogato dallo Stato e dalle regioni. Le amministrazioni interessate possono applicare la proroga degli eventuali contratti a tempo determinato secondo le modalità previste dall’ultimo periodo del comma 4”.

Trattasi quindi di procedure agevolate di assunzione riservate a chi abbia lavorato per almeno un triennio anche non continuativo anche non continuativo nell’ambito degli ultimi otto anni con contratto a termine ed in questo caso l’ammissione in servizio è diretta, oppure abbia lavorato con altro contratto flessibile di almeno tre anni anche non continuativi negli ultimi otto. In questo caso l’assunzione avviene invece tramite concorso con la riserva del 50% dei posti.

Il settore della sanità dopo il COVID-19

Per quanto riguarda il settore della sanità, la previsione di legge attuale è data, anche in riferimento all’emergenza da COVID-19, dalla legge di bilancio 30.12.2021 n.234, articolo 1, comma 268.

Vi si legge:

“Al fine di rafforzare strutturalmente i servizi sanitari regionali anche per il recupero delle liste d’attesa e di consentire la valorizzazione della professionalità acquisita dal personale che ha prestato servizio anche durante l’emergenza da COVID-19, gli enti del Servizio sanitario nazionale, nei limiti di spesa consentiti per il personale degli enti medesimi dall’articolo 11, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 2019, n. 60, come modificato dal comma 269 del presente articolo:

  1. a) verificata l’impossibilità di utilizzare personale già in servizio, nonché di ricorrere agli idonei collocati in graduatorie concorsuali in vigore, possono avvalersi, anche per gli anni 2022 e 2023, delle misure previste dagli articoli 2-bis, limitatamente ai medici specializzandi di cui al comma 1, lettera a), del medesimo articolo, e 2-ter, commi 1 e 5, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, anche mediante proroga, non oltre il 31 dicembre 2023, degli incarichi conferiti ai sensi delle medesime disposizioni;58
  2. b) ferma restando l’applicazione dell’articolo 20 del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, dal 1° luglio 2022 e fino al 31 dicembre 2024 possono assumere a tempo indeterminato, in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni di personale, il personale del ruolo sanitario e del ruolo sociosanitario, anche qualora non più in servizio, che siano stati reclutati a tempo determinato con procedure concorsuali, ivi incluse le selezioni di cui all’articolo 2-ter del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, e che abbiano maturato al 31 dicembre 2023 alle dipendenze di un ente del Servizio sanitario nazionale almeno diciotto mesi di servizio, anche non continuativi, di cui almeno sei mesi nel periodo intercorrente tra il 31 gennaio 2020 e il 31 dicembre 2022, secondo criteri di priorità definiti da ciascuna regione. Alle iniziative di stabilizzazione del personale assunto mediante procedure diverse da quelle sopra indicate si provvede previo espletamento di prove selettive;5759
  3. c) possono, anche al fine di reinternalizzare i servizi appaltati ed evitare differenze retributive a parità di prestazioni lavorative, in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni di personale, avviare procedure selettive per il reclutamento del personale da impiegare per l’assolvimento delle funzioni reinternalizzate, prevedendo la valorizzazione, anche attraverso una riserva di posti non superiore al 50 per cento di quelli disponibili, del personale impiegato in mansioni sanitarie e socio-sanitarie corrispondenti nelle attività dei servizi esternalizzati che abbia garantito assistenza ai pazienti in tutto il periodo compreso tra il 31 gennaio 2020 e il 31 dicembre 2021 e con almeno tre anni di servizio”.

Si tratta nel caso di specie di ipotesi specifica subordinata ai requisiti di cui sopra cui si aggiunge il requisito, nell’ambito dei 18 mesi, di almeno sei mesi di servizio svolto tra il 31 gennaio 2020 e il 31 dicembre 2022.

Oltre alle ipotesi di precariato svolto mediante contratti a termine, si consente l’assunzione per il tramite di concorso per coloro che abbiano lavorato con altri contratti flessibili.

Possono inoltre essere avviati appositi concorsi per riassorbire nella misura del 50% coloro che abbiano lavorato nell’ambito di servizi appaltati dalla sanità pubblica a soggetti esterni.

La regolamentazione ad hoc – Conferenza Stato Regioni

Trattandosi di rapporti di lavoro nell’ambito delle Aziende Sanitarie che fanno capo alle Regioni, la materia oltre che ad essere disciplinata dalla normativa nazionale in tema di pubblico impiego, trova le proprie regole di dettaglio nel documento emesso in data 10.5.2023 dalla Conferenza Stato Regioni in merito all’applicazione della disciplina in materia di stabilizzazione del personale del Servizio Sanitario Nazionale.

Il documento prevede la possibilità di assumere direttamente o previo esperimento di prova selettiva o utilizzando graduatorie di contratti a termine.

Ciò significa che chi ha maturato i 18 mesi nell’ambito di contratti a termine, potrà accedere direttamente all’impiego per il tramite della stabilizzazione.

Diversamente chi ha operato con contratto di lavoro autonomo o con altre forme di lavoro flessibile dovrà partecipare ad una procedura concorsuale.

Non può essere destinatario della stabilizzazione chi ha lavorato con contratto di somministrazione (tramite agenzia).

Resta sempre applicabile l’articolo 35 del DLGS 165/2001 che impone il limite delle assunzioni per gli enti pubblici dall’esterno nella misura del 50% delle risorse complessivamente programmate per l’assunzione di personale in conformità al piano triennale dei fabbisogni inserito nel PIAO (documento di programmazione delle assunzioni).

In concreto, chi desidera fruire delle stabilizzazioni deve verificare:

  1. calcolare il periodo di lavoro svolto con contratto precario;
  2. verificare la tipologia di rapporto: deve essere contratto a termine o altra forma di precariato, no somministrazione;
  3. verificare presso l’amministrazione di destinazione se hanno in programma assunzioni per il tramite della stabilizzazione;
  4. se assunti già a termine – possibilità di assunzione diretta
  5. se altre forme di precariato, necessita il concorso.

avv. Fabio Petracci

Quando il dipendente pubblico diviene assolutamente e permanentemente inabile al lavoro

Normalmente nell’ambito del rapporto di lavoro regolato dalla disciplina del Codice civile, l’impossibilità della prestazione determina la risoluzione del rapporto di lavoro per giustificato motivo oggettivo.

Nell’ambito del pubblico impiego, ormai disciplinato per la gran parte dalle ordinarie leggi del lavoro, l’impossibilità assoluta alla prestazione comporta analoga conseguenza.

La peculiarità dell’impiego pubblico e le regole di stabilità che lo contraddistinguono comportano però un assetto maggiormente complesso del provvedimento.

La previsione di legge specifica è individuata nell’articolo 55-octies del DLGS 165/2001 testo unico del Pubblico Impiego.

La normativa vigente

L’articolo 55-octies del DLGS 165/2001 stabilisce alcune norme basilari, affermando come l’accertata e permanente inidoneità permanente al servizio consente all’amministrazione la risoluzione del rapporto.

Procedura ed effetti però sono disciplinati dal D.P.R. 27-7-2011 n. 171- Regolamento di attuazione in materia di risoluzione del rapporto di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche dello Stato e degli enti pubblici nazionali in caso di permanente inidoneità psicofisica, a norma dell’articolo 55-octies del DLGS 165/2001.

L’articolo 2 del DPR fornisce la definizione dell’inidoneità psicofisica che viene a seconda degli effetti ad essere suddivisa in

  1. inidoneità psicofisica permanente assoluta lo stato di colui che a causa di infermità o difetto fisico o mentale si trovi nell’assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa;
  2. inidoneità psicofisica permanente relativa, lo stato di colui che a causa di infermità o difetto fisico o mentale si trovi nell’impossibilità permanente allo svolgimento di alcune o di tutte le mansioni dell’area, categoria o qualifica di inquadramento.

L’inidoneità, in questo caso, deve essere oggetto di una procedura di accertamento disciplinata dall’articolo 3 del citato DPR.

Chi e come si attiva la procedura

L’avvio della procedura di norma compete all’amministrazione, ma essa può essere avviata anche ad iniziativa del dipendente.

La pubblica amministrazione è tenuta ad attivare la procedura nei seguenti casi:

  1. assenza del dipendente per malattia, superato il primo periodo di conservazione del posto previsto nei contratti collettivi di riferimento;
  2. disturbi del comportamento gravi, evidenti e ripetuti, che fanno fondatamente presumere l’esistenza dell’inidoneità psichica permanente assoluta o relativa al servizio;
  3. condizioni fisiche che facciano presumere l’inidoneità fisica permanente assoluta o relativa al servizio.

La procedura di accertamento

L’articolo 4 prevede pure apposita procedura e stabilisce che:

  1. L’accertamento dell’inidoneità psicofisica è effettuato dagli organi medici competenti in base agli articoli 6, 9 e 15 del decreto del Presidente della Repubblica n. 461 del 2001;
  2. Gli organi medici possono avvalersi per specifici accertamenti, analisi o esami del Servizio sanitario nazionale.
  3. È previsto anche un accertamento preliminare in quanto, l’amministrazione, prima di concedere l’eventuale ulteriore periodo di assenza per malattia, dandone preventiva comunicazione all’interessato, procede all’accertamento delle condizioni di salute dello stesso, per il tramite dell’organo medico competente, al fine di stabilire la sussistenza di eventuali cause di permanente inidoneità psicofisica assoluta o relativa. Quindi, l’amministrazione può chiedere che il dipendente sia sottoposto a visita da parte dell’organo medico competente, al fine di verificare l’eventuale inidoneità relativa o assoluta, dandone immediata e contestuale comunicazione al dipendente interessato, ferma restando la possibilità di risoluzione del rapporto di lavoro in caso di superamento del periodo di comporto previsto dai contratti collettivi di riferimento.

Nel caso di accertamento di invalidità assoluta e permanente, l’Amministrazione procede alla risoluzione del rapporto con pagamento del preavviso.

La sospensione cautelare

Capita spesso che nelle more dell’accertamento, l’amministrazione non riesca ad utilizzare il dipendente senza rischi per i colleghi, l’utenza ed il dipendente stesso.

In questo caso, può essere disposta la sospensione cautelare del dipendente provvedimento che, non avendo carattere disciplinare – punitivo, ne comporta l’integrale retribuzione (articolo 6 D.P.R. 27-7-2011 n. 171).

I casi per procedere alla sospensione cautelare sono i seguenti:

  1. in presenza di evidenti comportamenti che fanno ragionevolmente presumere l’esistenza dell’inidoneità psichica, quando gli stessi generano pericolo per la sicurezza o per l’incolumità del dipendente interessato, degli altri dipendenti o dell’utenza, prima che sia sottoposto alla visita di idoneità;
  2. in presenza di condizioni fisiche che facciano presumere l’inidoneità fisica permanente assoluta o relativa al servizio, quando le stesse generano pericolo per la sicurezza o per l’incolumità del dipendente interessato, degli altri dipendenti o dell’utenza, prima che sia sottoposto alla visita di idoneità;
  3. in caso di mancata presentazione del dipendente alla visita di idoneità, in assenza di giustificato motivo.

Conservazione del posto e trattamento economico

Il DPR citato al successivo articolo 7 tratta del trattamento economico di fronte a queste situazioni.

Di fronte ad ipotesi di inabilità parziale, l’amministrazione prima di procedere al licenziamento deve cercare di applicare il dipendente a mansioni anche inferiori.

L’articolo 8 affronta proprio il caso delle conseguenze sul rapporto di lavoro dell’inidoneità permanente psicofisica al servizio.

In tal caso, l’amministrazione previa comunicazione all’interessato entro 30 giorni dal ricevimento del verbale di accertamento medico, risolve il rapporto di lavoro e corrisponde, se dovuta l’indennità sostitutiva del preavviso.

In tal caso, resta ferma la disciplina vigente in materia di trattamenti pensionistici per inabilità, ivi compresa quella recata dalla legge 8 agosto 1995, n. 335 e dal decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092.

Rimane salvo quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 461 del 2001 e successive modificazioni, nonché dal decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965 e del decreto legislativo n. 38 del 2000 in materia di infortuni sul lavoro.

Per pervenire alla dichiarazione di inabilità assoluta al lavoro, è prevista apposita procedura descritta dalla Circolare del Ministero della Difesa (le Commissioni sono quelle militari) con nota 1° ottobre 2020, prot. n. 56967 avente ad oggetto: assenze dal servizio per malattia – Procedura di verifica dell’idoneità al servizio del dipendente – Posizione di stato ricoperta dal dipendente per il periodo in cui resta in attesa della visita medica presso l’organo medico competente.

La procedura avviene in ogni caso per il tramite dei competenti organi di verifica sulla base degli articoli 6 – 9 del DPR 461/2001 che all’articolo 15 estende le procedure relative al riconoscimento della causa di servizio alle pratiche di inabilità.

Gli Organi Competenti per la valutazione sono la Commissione Medica Ospedaliera (C.M.O.), la Commissione Medica di Verifica (C.M.V.) e la Commissione Medica dell’Azienda sanitaria locale territorialmente competente ai sensi dell’art. 9 del D.P.R. n. 461/2001.

Il rapporto di lavoro durante la fase di accertamento

La durata degli accertamenti e talune pronunce interlocutorie come il ricorrere di responsi di inabilità assoluta e temporanea con successivo giudizio della locale commissione portano a dilatarsi i tempi di accertamento.

Si verificano così problematiche inerenti al rapporto di lavoro nel corso degli accertamenti.

Normalmente, il dipendente durante detti periodi può essere collocato in malattia ove però lo stesso sia coperto da valida certificazione che ne attesti l’inidoneità al lavoro.

Pertanto, in conseguenza delle modifiche introdotte dal D.P.R. n. 171/2011 citato , l’intervallo di tempo che intercorre tra il periodo di attesa della visita medica di idoneità al servizio e la pronuncia da parte della Commissione Medica competente (“periodo a disposizione della C. M”), non costituisce autonoma causa di sospensione del rapporto di lavoro, ma rientra – e trova adeguata regolamentazione – nella disposizione generale prevista dalla contrattazione collettiva in applicazione della quale il suddetto periodo può essere imputato giuridicamente ad assenza per malattia soltanto ed esclusivamente a condizione che sussista idonea certificazione sanitaria (certificato medico o verbale della C. M.) attestante la temporanea incapacità al lavoro del dipendente, con conseguente inserimento, in tal caso, dei relativi giorni nel computo della determinazione del periodo di comporto e delle decurtazioni economiche previste dalla contrattazione collettiva.

Al di fuori della suddetta ipotesi, e cioè in difetto di certificazione sanitaria attestante la temporanea incapacità al lavoro, il dipendente, per tutto il periodo di attesa della visita medica, deve considerarsi idoneo al servizio ed è, di conseguenza, tenuto a prestare attività lavorativa almeno sino al giudizio dell’organo sanitario competente, dal cui esito definitivo (idoneità, oppure temporanea inidoneità) dipende la posizione di stato in cui il dipendente sarà collocato per il successivo periodo, salvo sia giudicato permanentemente inidoneo in modo assoluto al servizio.

Durante l’assenza decorre il comporto

Ci si chiede se durante dette assenze decorra il periodo di comporto.

Secondo l’ARAN, interpellata sul punto, la risposta è positiva.

Tra i quesiti posti all’ARAN sul tema era chiesto se ai fini del beneficio dell’esclusione dal computo dei giorni di assenza per malattia nel periodo di comporto di cui alla contrattazione collettiva, fosse sufficiente che l’assenza fosse dovuta a gravi patologie.

Rispondeva l’ARAN che per l’applicazione dei benefici previsti dall’art. 47, comma 8, del CCNL del 17/05/2004, che prevede l’esclusione dal computo dei giorni di assenza per malattia ai fini del periodo di comporto e la retribuzione al 100%, era richiesta, oltre alla presenza di gravi patologie, la contestuale necessità di effettuazione di terapie salvavita: i due elementi, tra loro inscindibili, costituiscono, a giudizio dell’ARAN, il presupposto per l’applicazione della disciplina più favorevole.

Pertanto, ai fini della concessione del beneficio, deve risultare che il lavoratore sia affetto da grave patologia e che lo stesso debba sottoporsi alle relative terapie salvavita.

La disciplina dell’inabilità nel Comparto Scuola

Per quanto riguarda il comparto scuola dove, comunque vigono spesso normative specifiche, notiamo come la norma collettiva preveda che il dipendente assente per malattia ha diritto alla conservazione del posto per un periodo di diciotto mesi.

Allo scadere di tale termine il lavoratore, in casi di particolare gravità comprovati da idonea documentazione medica, può presentare al dirigente un’istanza finalizzata alla concessione di un ulteriore periodo di conservazione del posto, pari ad altri diciotto mesi, senza corresponsione di alcuna retribuzione.

A tale richiesta non corrisponde in capo al lavoratore alcun diritto soggettivo alla proroga del periodo di comporto. Al termine del primo periodo, nelle more dell’iniziativa datoriale finalizzata all’effettuazione della visita di idoneità, infatti, il dipendente è tenuto a presentarsi al lavoro una volta cessato lo stato di malattia

Il superamento dei periodi di conservazione del posto è, dunque, condizione sufficiente a legittimare il recesso (comma 4 del citato art. 17).

L’adozione del provvedimento di risoluzione rientra tra gli atti di gestione del rapporto di impiego ed è di competenza del dirigente scolastico il quale, al contemporaneo verificarsi dei presupposti previsti dalla legge e dalla contrattazione collettiva (ossia l’avvenuto superamento del periodo massimo di comporto e l’assenza di qualsivoglia richiesta di proroga da parte del lavoratore) provvederà a risolvere il contratto, previa diffida al lavoratore.

Nel caso in cui invece il dirigente scolastico sia intenzionato a concedere al dipendente gli ulteriori 18 mesi, lo stesso dovrà avviare, previo avviso all’interessato, la procedura per l’accertamento dell’idoneità psicofisica allo scopo di verificare se il lavoratore, allo scadere del secondo periodo di conservazione, sia effettivamente in grado di riassumere servizio per le mansioni precedenti alla malattia e tutelare così il suo stato di salute (comma 3).

In questo caso, qualora all’esito dell’accertamento il dipendente sia risultato permanentemente inidoneo al servizio, il dirigente procederà alla risoluzione del rapporto di lavoro e alla corresponsione dell’indennità sostitutiva del preavviso (art.8).

avv. Fabio Petracci

Conversione del decreto legge 44/2023. Le principali novità

La Camera ha approvato il DDL di conversione del decreto-legge n. 44/2023 “Disposizioni urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle amministrazioni pubbliche” concernente numerose modifiche introdotte al testo originario del decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 22 aprile scorso. Di seguito vediamo alcune delle principali novità introdotte durante la prima parte dell’esame parlamentare che – lo ricordiamo – proseguirà ora in Senato.

Trattenimento in servizio dirigenti prossimi alla quiescenza

Un primo punto riguarda la possibilità per le pubbliche amministrazioni di trattenere in servizio i dirigenti in quiescenza che siano in possesso di specifiche professionalità con incarichi che possono durare sino al 31.12.2026.

Riserva nei concorsi per chi ha svolto il servizio civile

E’ inoltre prevista nei concorsi delle amministrazioni pubbliche per personale non dirigente una riserva del 15% per coloro che abbiano concluso il servizio civile senza note di demerito.

Compilazione del PIAO indicando gli addetti alla formazione

Per quanto riguarda invece la formazione del personale nel settore pubblico, nella compilazione del PIAO nella parte relativa alla formazione, le pubbliche amministrazioni dovranno specificare le risorse finanziarie utilizzate, le metodologie formative utilizzate.

E’ previsto inoltre che le pubbliche amministrazioni dovranno individuare i formatori al loro interno tra i dirigenti ed i funzionari in possesso di idonee ed utili competenze.

Scorrimento delle graduatorie

Per quanto riguarda invece le graduatorie concorsuali, sarà possibile lo scorrimento delle stesse per effettuare nuove assunzioni nella misura del 20% dei candidati collocati in graduatoria.

Concorsi domande di partecipazione

Per quanto invece riguarda i concorsi organizzati su base territoriale, non sarà più possibile presentare domande di partecipazione multiple per più profili oggetto del bando o per diversi ambiti territoriali.

Sarà inoltre possibile lo scorrimento delle graduatorie con quelle di personale risultato idoneo in ambito territoriale contiguo.

Abolizione prova orale – procedure di reclutamento

Sino al 31.12.2026, i bandi di concorso per profili non apicale potranno prevedere lo svolgimento della sola prova scritta.

Contratti di apprendistato nella PA

Un importante novità riguarda la possibilità per le amministrazioni pubbliche di assumere nel limite del 10% delle facoltà di assunzione, giovani laureati individuati su base territoriale mediante avvisi pubblicati sul portale inpa.gov.it con contratto di apprendistato della durata massima di 36 mesi anche in deroga ai divieti posti dall’articolo 36 DLGS 165/2001.

Le procedure di reclutamento saranno basate su di una prova scritta e la valutazione di titoli e punteggi, oltre che su di una prova orale.

Contratti di formazione e lavoro nella PA

Sono inoltre previste sino al 31.12,2026, ulteriori assunzionidi giovani con contratto di formazione e lavoro nella misura del 10% delle facoltà di assunzione.

Convenzioni con le università per le assunzioni

Le assunzioni dovranno essere precedute da apposite convenzioni con le università per individuare studenti di età inferiore ai 24 anni che abbiano concluso gli esami previsti nel piano di studi.

I contratti in caso di esito positivo saranno trasformati in rapporti di lavoro a tempo indeterminato.

Potrà inoltre essere previsto nei bandi di concorso il raddoppio del punteggio relativo al titolo di studio richiesto qualora conseguito entro i cinque anni antecedenti il concorso.

Aspettativa non retribuita per i dipendenti pubblici

Il periodo è esteso a 36 mesi.

Disposizioni in materia di responsabilità erariale

E’ prorogato di un anno lo scudo erariale che limita per un anno la responsabilità erariale di amministratori e dipendenti pubblici per le sole condotte poste in atto con dolo.

Esclusione del controllo concomitante della Corte dei Conti sulle attività del PNRR

L’articolo 1 comma 12 quinquies lettera b), prevede l’esclusione, dal perimetro dei piani, programmi e progetti relativi agli interventi di sostegno e di rilancio dell’economia nazionale sui quali la Corte dei conti svolge il controllo concomitante, di quelli previsti o finanziati dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ovvero dal Piano nazionale per gli investimenti complementari.

Monitoraggio delle riforme per la PA

Mediante l’articolo 2 è istituito presso il Dipartimento della Funzione Pubblica l’Osservatorio Nazionale del Lavoro Pubblico con il compito di promuovere lo sviluppo strategico del Piano integrato di attività e organizzazione e le connesse iniziative di indirizzo in materia di lavoro agile, innovazione organizzativa, misurazione e valutazione della performance, formazione e valorizzazione del capitale umano, nonché di garantire la piena applicazione delle attività di monitoraggio sull’effettiva utilità degli adempimenti richiesti dai piani non inclusi nel PIAO, anche con specifico riguardo all’impatto delle riforme in materia di pubblica amministrazione. L’Osservatorio assorbe le funzioni dell’Osservatorio nazionale del lavoro agile e della Commissione nazionale della performance.

Per quanto riguarda gli Enti Territoriali

Articolo 3, comma 2 restano nella facoltà di assunzione dei comuni sino a 5.000 abitanti le risorse non utilizzate nel 2022.

Articolo 3, comma 3 possibilità per i Comuni che eseguono interventi per progetti PNRR di assumere personale a termine per oltre 36 mesi con termine sino al compimento dell’0pera.

Stabilizzazioni di personale

L’articolo 3 comma 5 prevede la facoltà per gli enti Territoriali di procedere alla stabilizzazione nella qualifica ricoperta del personale non dirigenziale che entro il 31.12.2026 termine del provvedimento abbia maturato almeno 36 mesi di servizio, anche non continuativi, negli ultimi otto anni, presso l’amministrazione di assunzione.

Il reclutamento deve avvenire tramite procedura concorsuale.

Accesso alla Dirigenza Regioale

L’articolo 3, comma 5 ter prevede per le regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria di procedere sino al 31 dicembre 2016 ad indire concorsi pubblici per dirigenti per una quota del 50% di personale che abbia maturato con pieno merito almeno 36 mesi di servizio anche non continuativi, negli ultimi 8 anni, negli uffici per la ricostruzione relativamente agli eventi sismici dal 2009 al 2017.

Superamento del precariato nella PA

Un ulteriore misura di stabilizzazione è prevista dall’articolo 20 che permette l’assunzione sino al 31.12.2023 di personale non dirigente a favore di coloro che a far tempo dall’entrata in vigore della legge 124/2015 abbiano lavorato con contratti a tempo determinato presso le amministrazioni e servizi associati e sia stato a tale scopo reclutato mediante concorso.

Disposizioni in materia di vice segretari comunali

L’articolo 3, comma 6 quater estende da 24 a 36 mesi nei piccoli comuni la possibilità di affidare temporaneamente la funzione di vice segretario ad un funzionario di ruolo del Comune in servizio da almeno 2 anni ed in possesso dei requisiti per partecipare al concorso per segretario comunale.

Fabio Petracci

Licenziamento dell’assistente odontoiatrico per mancato aggiornamento periodico

Un caso aperto in tema di formazione professionale nelle professioni sanitarie.

Sabato 13 maggio a Milano si è tenuto a Milano al Pirellone, il convegno di SIASO – CIU UNIONQUADRI , Sindacato Italiano Assistenti Odontoiatrici.

L’avvocato Fabio Petracci per conto del Centro Studi di CIU Unionquadri ha trattato il tema relativo all’aggiornamento professionale della categoria.

Il DPCM 9 marzo 2022 individua il profilo professionale della categoria ed affida all’iniziativa delle regioni l’aggiornamento periodico della stessa.

Si sono verificati casi dove gli iscritti non hanno adempiuto tempestivamente a questo adempimento e l’associazione si vede costretta a fornire dei corsi integrativi con le conseguenti difficoltà legali.

Con l’entrata in vigore del DPCM 9 marzo 2022 è  recepito l’accordo sancito tra il Governo, le regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano in data 7 ottobre 2021, concernente l’individuazione del profilo professionale dell’assistente di studio odontoiatrico, quale operatore d’interesse sanitario.

L’accordo definisce in maniera compiuta la figura professionale dell’assistente di studio odontoiatrico (articolo 1 dell’accordo) come figura di interesse sanitario di cui all’articolo 1, comma 2 legge 1 febbraio 2006 n.43.

Il successivo articolo 2 si occupa invece della formazione e dell’aggiornamento della categoria.

La formazione in base a tale norma è di competenza delle Regioni .

Il comma 3 stabilisce poi che coloro che abbiano ricevuto la formazione e la qualifica debbano frequentare degli eventi formativi di aggiornamento della durata di almeno dieci ore all’anno.

E’ inoltre stabilito che obbligo di aggiornamento annuale decorre dall’anno successivo a quello della data di acquisizione della qualifica/certificazione e deve essere concluso entro l’anno medesimo.

Si trascrive la parte di interesse del predetto accordo recepito in DPR

“   art. 2. Art. 2. La formazione 1. La formazione dell’assistente di studio odontoiatrico è di competenza delle regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano che, nel rispetto delle disposizioni del presente Accordo, procedono alla programmazione dei corsi di formazione e autorizzano le aziende del servizio sanitario regionale e/o gli enti di formazione accreditati per la realizzazione degli stessi, valorizzando le precedenti esperienze istituzionali e associative già esistenti.

  1. È consentito l’utilizzo della formazione a distanza FAD nella misura massima del 30 % delle lezioni frontali, salvo situazioni emergenziali sanitarie che possono richiedere una maggiore percentuale, conformemente a quanto stabilito nelle «Linee guida per l’utilizzo della modalità Fad/elearning nei percorsi formativi di accesso alle professioni regolamentate la cui formazione è in capo alle regioni e province autonome», approvate dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome nella seduta del 25 luglio 2019. 3. Coloro che conseguono l’attestato di qualifica/certificazione ai sensi dell’art. 10 e 12 e i lavoratori esentati di cui all’art. 11, sono obbligati a frequentare degli eventi formativi di aggiornamento della durata di almeno dieci ore all’anno.
  2. L’obbligo di aggiornamento annuale decorre dall’anno successivo a quello della data di acquisizione della qualifica/certificazione e deve essere concluso entro l’anno medesimo.
  3. Nei casi di cui all’art. 11, la prima annualità di aggiornamento deve concludersi entro dodici mesi dall’entrata in vigore del presente Accordo.
  4. Fermo restando che la durata della formazione non può essere superiore a dodici mesi, la qualifica di assistente di studio odontoiatrico potrà essere acquisita anche tramite l’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale ai sensi dell’art. 43 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81.

Risulterebbe che alcuni assistenti di studio odontoiatrico non abbiano puntualmente adempiuto agli obblighi di aggiornamento e quindi essendo questi infra – annuali non abbiano allo stato possibilità di adempiervi.

Quindi viene richiesto se un aggiornamento postumo potrebbe ovviare a questo inconveniente.

Formulo di seguito alcune considerazioni nel ricercare una soluzione che non comporti la decadenza dal titolo professionale se non addirittura l’esercizio abusivo della professione con il conseguente licenziamento.

Noto in primo luogo come il comma 2 dell’articolo 1 dell’accordo Governo Regioni definisce come assistente di studio odontoiatrico l’operatore in possesso dell’attestato conseguito a seguito della frequenza di specifico corso di formazione.

Quindi, l’elemento abilitante è dato dall’apposito attestato di formazione.

Non è menzionato il requisito dell’aggiornamento professionale che sicuramente assume importanza, ma non valenza costitutiva.

Ciò significa che il mancato aggiornamento ove non prolungato non può comportare la perdita dell’abilitazione, semmai potrebbe comportare ove esistente un ordine, collegio o associazione all’irrogazione di sanzioni e corsi di recupero e ove presente come ritengo un professionista datore di lavoro, l’irrogazione di una sanzione disciplinare conservativa.

La norma istitutiva non prevede una specifica sanzione per il mancato aggiornamento.

Vi è contestualmente un altro aspetto che porta a ritenere l’attuale normativa in tema di aggiornamento professionale obbligatorio come inadeguata e non conforme all’ordinamento nazionale.

Con il DPCM 9 marzo 2022, è stata modificata la precedente normativa DPCM del 9 febbraio 2018 che disciplinava la figura professionale dell’assistente di studio odontoiatrico quale operatore sanitario in base all’articolo 1 della legge n.43 del 2006 e la disciplina della relativa formazione.

Mediante l’allegato accordo Stato Regioni, è confermata la competenza delle Regioni sia nell’individuazione dei profili nei limiti di cui all’articolo 1 del DPR, sia nell’aggiornamento professionale obbligatorio, come previsto dall’articolo 2 del medesimo accordo.

Quivi si legge come la formazione dell’assistente odontoiatrico sia di competenza delle regioni le quali procedono alla programmazione dei corsi di formazione e autorizzano le aziende del servizio sanitario regionale e/o gli enti di formazione accreditati per la realizzazione degli stessi, valorizzando le precedenti esperienze istituzionali e associative già esistenti.

Essa non prevede neppure l’indicazione tassativa dei soggetti che debbono fornire l’aggiornamento.

Su tale base ritengo che sia onere e facoltà delle associazioni professionali di organizzare dei corsi di recupero possibilmente sotto l’egida di fondi interprofessionali o accordi di categoria oppure con riconoscimento di organi pubblici che sovrintendano alla formazione.

Qualora poi l’aggiornamento e l’impegno al recupero fossero inseriti nella contrattazione collettiva di categoria, trattandosi di lavoratori dipendenti, l’inserimento potrebbe essere efficace per la tutela da indesiderabili sorprese.

Fabio Petracci

WHISTLEBLOWING – Protezione delle persone che segnalano illeciti, il decreto legislativo.

La norma di derivazione comunitaria abroga la tutela prevista nell’ambito del pubblico impiego dall’articolo 54 bis del DLGS 165/2001 che offriva una tutela maggiormente ristretta nell’ambito del rapporto di impiego e della pubblica amministrazione.

Il nuovo provvedimento legislativo appena entrato in vigore opera in un quadro più generale ed impone specifici adempimenti e procedure non solo all’ANAC , ma pure agli enti pubblici anche locali ed alle aziende private di dimensioni medio grandi.

Lo studio è in grado di impostare gli adempimenti.

 

Il Decreto legislativo 10 marzo 2023 n.24.

Il decreto legislativo 10.3.2023 n.24 attua la direttiva comunitaria del Parlamento europeo e del Consiglio del 23.10.2019 riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione e recante disposizioni riguardanti la protezione delle persone che segnalano violazioni delle disposizioni nazionali.

  1. Ambito di applicazione.

La norma in questione abroga espressamente la già esistente disposizione di cui all’articolo 54 bis del DLGS 165/2001 (Testo Unico del Pubblico Impiego) che già stabiliva determinate forme di protezione per il dipendente pubblico e per chi comunque in tale ambito segnalava illeciti ai danni della Pubblica Amministrazione, impedendo a carico dei medesimi sanzioni e misure ritorsive.

La nuova normativa disciplina la protezione delle persone che segnalano violazioni di disposizioni normative nazionali o dell’Unione europea che ledono l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato, di cui siano venute a conoscenza in un contesto lavorativo pubblico o privato.

E’ inoltre stabilita una sfera di non applicazione limitata a contestazioni, richieste e segnalazioni collegate ad un interesse personale del segnalante o riferite esclusivamente a conflitti individuali di lavoro o di pubblico impiego.

La normativa inoltre non trova applicazione alle segnalazioni obbligatorie di violazioni imposte da normative comunitarie o nazionali. Essa non si applica inoltre alle segnalazioni inerenti la sicurezza nazionale, il segreto professionale, e la segretezza delle deliberazioni degli organi giurisdizionali.

E’ inoltre delimitato dalla legge l’ambito di applicazione soggettiva della norma.

Essa in primo luogo si applica ai soggetti che per ragioni professionali entrino in contatto con le pubbliche amministrazioni, siano essi pubblici dipendenti o soggetti privati i quali effettuino segnalazioni interne o esterne, divulgazioni pubbliche o denunce all’autorità giudiziaria o contabile.

La normativa tutela inoltre i soggetti del settore privato che effettuino segnalazioni interne o esterne, divulgazioni pubbliche o denunce all’autorità giudiziaria o contabile inerenti la violazione di normative comunitarie o nazionali.

La tutela è estesa anche ai periodi successivi la cessazione del rapporto di lavoro, i periodi di prova ed alle vicende connesse alle persone che intrattengano rapporti sensibili con il segnalante (colleghi e familiari), ad evitare ritorsioni indirette.

Nell’ambito del settore privato, la tutela è esercitata limitatamente alle imprese che hanno impiegato, nell’ultimo anno, la media di almeno cinquanta lavoratori subordinati con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato o che comunque rientrano nell’ambito di applicazione degli atti dell’unione di cui agli allegati della legge in questione.

In pratica, la tutela coinvolge i seguenti soggetti:

  • dipendenti dalle amministrazioni pubbliche, dipendenti degli enti pubblici economici e dagli enti di diritto privato a controllo pubblico, società in house, concessionari di pubblici servizi, lavoratori del settore privato, liberi professionisti o consulenti che prestano attività presso soggetti del settore pubblico e privato, azionisti ed organi aziendali di controllo.
  1. Segnalazioni interne – Canali di segnalazione interna.

E’ fatto obbligo ai soggetti del settore pubblico e privato, sentite le rappresentanze o le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, di attivare anche in termini di riservatezza , propri canali istituzionali per gestire le segnalazioni. Detti canali debbono essere inseriti nei modelli di organizzazione di cui all’articolo 6, comma 1, lettera a) del DLGS 231/2001.

  • Obbligo di costituire appositi canali e uffici di gestione delle segnalazioni.

La gestione del canale di segnalazione deve essere affidata ad una persona o ad un ufficio interno autonomo dedicato e con personale specificamente formato, ma può anche essere affidata ad un soggetto esterno con analoghi requisiti.

Per quanto riguarda le amministrazioni comunali, è previsto che i comuni diversi dai capoluoghi di provincia possano condividere con altri comuni il canale di segnalazione interna, come pure possono condividere tra di loro l’organo di segnalazione le aziende con un numero di dipendenti non superiore a duecento quarantanove.

I soggetti del settore pubblico cui sia fatto obbligo di prevedere la figura del responsabile della corruzione e della trasparenza, affidano a quest’ultimo la gestione del canale interno.

  1. La segnalazione esterna.

E’ possibile anche effettuare ad una segnalazione attraverso canali esterni, laddove nel contesto lavorativo non sia prevista l’attivazione di un canale interno di segnalazione, laddove la segnalazione interna non sia stata riscontrata, laddove si tema fondatamente che sussista un pericolo imminente per il pubblico interesse.

La segnalazione esterna avviene attraverso l’ANAC che deve attivare apposito canale per l’inoltro, tramite l’apposita piattaforma informatica oppure in forma orale attraverso linee telefoniche o sistemi di messaggistica vocale ovvero, su richiesta della persona segnalante, mediante un incontro diretto fissato entro un termine ragionevole.

Appositi adempimenti sono stabiliti dalla legge per l’ANAC, la quale inoltre dovrà pubblicare sul proprio sito internet una sezione dedicata facilmente accessibile con tutta una serie di informazioni indicate dalla legge.

Entro tre mesi dall’entrata in vigore della legge, l’ANAC dovrà approvare apposite linee guida.

  1. Segnalazione ed obbligo di riservatezza – la privacy.

Dispone in materia l’articolo 12 di questa disposizione di legge che impone testualmente i seguenti oneri:

Le segnalazioni non possono essere utilizzate oltre quanto necessario per dare adeguato seguito alle stesse.

  1.   L’identità della persona segnalante e qualsiasi altra informazione da cui può evincersi, direttamente o indirettamente, tale identità non possono essere rivelate, senza il consenso espresso della stessa persona segnalante, a persone diverse da quelle competenti a ricevere o a dare seguito alle segnalazioni, espressamente autorizzate a trattare tali dati ai sensi degli articoli 2932, paragrafo 4, del regolamento (UE) 2016/679 e dell’articolo 2-quaterdecies del codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
  2.   Nell’ambito del procedimento penale, l’identità della persona segnalante è coperta dal segreto nei modi e nei limiti previsti dall’articolo 329 del codice di procedura penale.
  3.   Nell’ambito del procedimento dinanzi alla Corte dei conti, l’identità della persona segnalante non può essere rivelata fino alla chiusura della fase istruttoria.
  4.   Nell’ambito del procedimento disciplinare, l’identità della persona segnalante non può essere rivelata, ove la contestazione dell’addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione, anche se conseguenti alla stessa. Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione e la conoscenza dell’identità della persona segnalante sia indispensabile per la difesa dell’incolpato, la segnalazione sarà utilizzabile ai fini del procedimento disciplinare solo in presenza del consenso espresso della persona segnalante alla rivelazione della propria identità.
  5.   E’ dato avviso alla persona segnalante mediante comunicazione scritta delle ragioni della rivelazione dei dati riservati, nella ipotesi di cui al comma 5, secondo periodo, nonché nelle procedure di segnalazione interna ed esterna di cui al presente capo quando la rivelazione della identità della persona segnalante e delle informazioni di cui al comma 2 è indispensabile anche ai fini della difesa della persona coinvolta.
  6.   I soggetti del settore pubblico e del settore privato, l’ANAC, nonché le autorità amministrative cui l’ANAC trasmette le segnalazioni esterne di loro competenza, tutelano l’identità delle persone coinvolte e delle persone menzionate nella segnalazione fino alla conclusione dei procedimenti avviati in ragione della segnalazione nel rispetto delle medesime garanzie previste in favore della persona segnalante.
  7.   La segnalazione è sottratta all’accesso previsto dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, nonché dagli articoli 5 e seguenti del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33.
  8.   Ferma la previsione dei commi da 1 a 8, nelle procedure di segnalazione interna ed esterna di cui al presente capo, la persona coinvolta può essere sentita, ovvero, su sua richiesta, è sentita, anche mediante procedimento cartolare attraverso l’acquisizione di osservazioni scritte e documenti.”

Il successivo articolo 13 è invece dedicato al trattamento dei dati personali.

  1. Le misure di protezione.

Allorquando il segnalante fornisce notizie vere o rientranti nell’ambito dell’operatività della legge, operano a suo favore le misure di protezione previste dalla legge e vengono meno qualora il segnalante sia condannato anche solo in primo grado per calunnia o altri reati connessi alla segnalazione effettuata.

Sino a quel momento e all’accertamento di fatti contrari, opera a favore del segnalante la presunzione che qualunque azione giudiziaria, contabile, disciplinare, risarcitoria, siano connesse alla segnalazione effettuata. L’onere di provare il contrario è posto a carico di chi avrebbe posto in essere gli atti segnalati.

La legge quindi indica talune fattispecie tipiche ritorsive come:

  1. a)  il licenziamento, la sospensione o misure equivalenti;
  2. b)  la retrocessione di grado o la mancata promozione;
  3. c)  il mutamento di funzioni, il cambiamento del luogo di lavoro, la riduzione dello stipendio, la modifica dell’orario di lavoro;
  4. d)  la sospensione della formazione o qualsiasi restrizione dell’accesso alla stessa;
  5. e)  le note di merito negative o le referenze negative;
  6. f)  l’adozione di misure disciplinari o di altra sanzione, anche pecuniaria;
  7. g)  la coercizione, l’intimidazione, le molestie o l’ostracismo;
  8. h)  la discriminazione o comunque il trattamento sfavorevole;
  9. i)  la mancata conversione di un contratto di lavoro a termine in un contratto di lavoro a tempo indeterminato, laddove il lavoratore avesse una legittima aspettativa a detta conversione;
  10. l)  il mancato rinnovo o la risoluzione anticipata di un contratto di lavoro a termine;
  11. m)  i danni, anche alla reputazione della persona, in particolare sui social media, o i pregiudizi economici o finanziari, comprese la perdita di opportunità economiche e la perdita di redditi;
  12. n)  l’inserimento in elenchi impropri sulla base di un accordo settoriale o industriale formale o informale, che può comportare l’impossibilità per la persona di trovare un’occupazione nel settore o nell’industria in futuro;
  13. o)  la conclusione anticipata o l’annullamento del contratto di fornitura di beni o servizi;
  14. p)  l’annullamento di una licenza o di un permesso;
  15. q)  la richiesta di sottoposizione ad accertamenti psichiatrici o medici.

Nel caso di ritorsioni ne viene data comunicazione all’ANAC che in caso di ritorsioni attinenti il settore pubblico, ne dà comunicazione al Dipartimento per la Funzione Pubblica presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e presso gli eventuali organismi di disciplina e di garanzia.

Nel caso di ritorsioni effettuate in ambito di lavoro privato, ne viene data comunicazioni all’Ispettorato del Lavoro.

Al fine di acquisire elementi istruttori, L’ANAC può avvalersi dell’Ispettorato della Funzione Pubblica e dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro.

Gli atti ritorsivi assunti sono considerati nulli ed il licenziamento ritorsivo comporta la reintegra nel posto di lavoro.

  1. Misure di sostegno.

A favore dei soggetti segnalanti, ANAC ed altri enti del Terzo Settore forniscono misure di sostegno come informazioni, assistenza e consulenze a titolo gratuito sulle modalità di segnalazione e sulla protezione dalle ritorsioni offerta dalle disposizioni normative nazionali e da quelle dell’Unione europea, sui diritti della persona coinvolta, nonché sulle modalità e condizioni di accesso al patrocinio a spese dello Stato.

Fabio Petracci

Aree professionali. Differenze tra progressione ordinaria e progressione transitoria del CCNL 16.11.2022

Il CCNL ai fini dell’inquadramento nelle aree professionali prevede due diverse tipologie di procedure. La prima è quella straordinaria che avviene all’entrata in vigore del nuovo CCNL ed è disciplinata dall’articolo 15 del medesimo CCNL come procedura ordinaria. La seconda invece è disciplinata dal precedente articolo 13 come norma di prima applicazione.

Esamineremo dapprima la procedura ordinaria con il testo dell’articolo 15 che la prevede:

Art. 15 Progressioni tra le aree

 Ai sensi dell’art. 52, comma 1-bis del D. Lgs. n. 165/2001, fatta salva una riserva di almeno il 50 per cento delle posizioni disponibili destinata all’accesso dall’esterno, nel rispetto del piano triennale dei fabbisogni di personale, gli Enti disciplinano le progressioni tra le aree tramite procedura comparativa basata:  – sulla valutazione positiva conseguita dal dipendente negli ultimi tre anni in servizio, o comunque le ultime tre valutazioni disponibili in ordine cronologico, qualora non sia stato possibile effettuare la valutazione a causa di assenza dal servizio in relazione ad una delle annualità; – sull’assenza di provvedimenti disciplinari negli ultimi due anni; – sul possesso di titoli o competenze professionali ovvero di studio ulteriori rispetto a quelli previsti per l’accesso all’area dall’esterno; – sul numero e sulla tipologia degli incarichi rivestiti. 2. In caso di passaggio all’area immediatamente superiore, il dipendente è esonerato dal periodo di prova ai sensi dell’art. 25 (Periodo di prova), comma 2 e, nel rispetto della disciplina vigente, conserva le giornate di ferie maturate e non fruite. Conserva, inoltre la retribuzione individuale di anzianità (RIA) che, conseguentemente, non confluisce nel Fondo risorse decentrate. 3. Al dipendente viene attribuito il tabellare inziale per la nuova area. Qualora il trattamento economico in godimento acquisito per effetto della progressione economica risulti superiore al predetto trattamento tabellare iniziale, il dipendente conserva a titolo di assegno personale, a valere sul Fondo risorse decentrate, la differenza assorbibile nelle successive progressioni economiche all’interno della stessa area.

Art. 13 Quale norma di prima appicazione

Art. 13 Norme di prima applicazione 1. Al fine di consentire agli enti di procedere agli adempimenti necessari all’attuazione delle norme di cui al presente Titolo, lo stesso entra in vigore il 1° giorno del quinto mese successivo alla sottoscrizione definitiva del presente CCNL.

  1. Il personale in servizio alla data di entrata in vigore del presente Titolo è inquadrato nel nuovo sistema di classificazione con effetto automatico dalla stessa data secondo la Tabella B di Trasposizione (Tabella di trasposizione automatica nel sistema di classificazione).
  2. Gli incarichi di posizione organizzativa in essere alla data di entrata in vigore del presente Titolo sono, in prima applicazione, automaticamente ricondotti alla nuova tipologia di incarichi di EQ. Gli incarichi di posizione organizzativa conferiti secondo la predetta disciplina proseguono fino a naturale scadenza.
  3. Le procedure per l’attribuzione di progressioni economiche definite dai contratti integrativi già sottoscritti alla data di entrata in vigore del nuovo ordinamento di cui al comma 1 sono portate a termine e concluse sulla base della previgente disciplina. 5. Fermo restando il potere di autotutela dell’amministrazione, le procedure concorsuali di accesso alle aree o posizioni di inquadramento giuridico del precedente ordinamento professionale, ivi incluse quelle riservate al personale già in servizio presso l’amministrazione, già bandite prima dell’entrata in vigore del nuovo ordinamento, sono portate a termine e concluse sulla base del precedente ordinamento professionale. Il personale utilmente collocato nelle graduatorie delle stesse procedure viene inquadrato nel nuovo sistema di classificazione applicando la disciplina di cui al comma 2, secondo la Tabella B di Trasposizione.
  4. In applicazione dell’art. 52, comma 1-bis, penultimo periodo, del D.Lgs.n.165/2001, al fine di tener conto dell’esperienza e della professionalità maturate ed effettivamente utilizzate dall’amministrazione di appartenenza, in fase di prima applicazione del nuovo ordinamento professionale e, comunque, entro il termine del 31 dicembre 2025, la progressione tra le aree può aver luogo con procedure valutative cui sono ammessi i dipendenti in servizio in possesso dei requisiti indicati nella allegata Tabella C di Corrispondenza.
  5. Le amministrazioni definiscono, in relazione alle caratteristiche proprie delle aree di destinazione e previo confronto di cui all’art. 5 (Confronto), i criteri per l’effettuazione delle procedure di cui al comma 6 sulla base dei seguenti elementi di valutazione a ciascuno dei quali deve essere attribuito un peso percentuale non inferiore al 20%: a) esperienza maturata nell’area di provenienza, anche a tempo determinato; b) titolo di studio; c) competenze professionali quali, a titolo esemplificativo, le competenze acquisite attraverso percorsi formativi, le competenze certificate (es. competenze informatiche o linguistiche), le competenze acquisite nei contesti lavorativi, le abilitazioni professionali.
  6. Le progressioni di cui al comma 6, ivi comprese quelle di cui all’art. 93 e art. 107, sono finanziate anche mediante l’utilizzo delle risorse determinate ai sensi dell’art.1, comma 612, della L. n. 234 del 30.12.2021 (Legge di Bilancio 2022), in misura non superiore allo 0.55% del m.s. dell’anno 2018, relativo al personale destinatario del presente CCNL.

 Su tale base, valutiamo le differenze tra le due procedure di inquadramento.

La procedura transitoria fa riferimento alla tabella C di corrispondenza allegata al CCNL
Dall’esame della stessa sono indicati requisiti quali esperienza e titolo di studio. Per quest’ultimo aspetto, si fa riferimento anche al possesso di un titolo di studio inferiore rispetto a quello ordinariamente previsto per la qualifica, privilegiandosi invece la durata dell’esperienza. Dunque la differenza sta nei requisiti selettivi adottati, con prevalenza del fattore esperienza.
Inoltre per la procedura transitoria è necessario il previo confronto con le associazioni sindacali.

Elementi comuni alle due procedure di accesso all’area sono da individuarsi nell’esistenza di un bando, un’istanza di ammissione alla procedura di avanzamento ed una fase di istruttoria per valutare la sussistenza dei requisiti.

Fabio Petracci

 

 

Responsabilità del pubblico dipendente. Azione penale e presunzione di innocenza

Sino a che punto il giudizio penale interferisce nell’ambito del pubblico impiego nel giudizio disciplinare ed in quello di danno innanzi alla Corte dei Conti?

L’articolo 651 del codice di procedura penale stabilisce la generale efficacia nell’ordinamento della sentenza penale irrevocabile di condanna, affermando testualmente che “. La sentenza penale irrevocabile di condanna pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato, quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso nei confronti del condannato e del responsabile civile che sia stato citato ovvero sia intervenuto nel processo penale.

  1. La stessa efficacia ha la sentenza irrevocabile di condanna pronunciata a norma dell’articolo 442, salvo che vi si opponga la parte civile che non abbia accettato il rito abbreviato.

Ulteriore norma di raccordo è data dal successivo articolo 652 del codice di procedura penale che nello specifico affronta il tema della valenza della sentenza irrevocabile di condanna tanto nel giudizio civile di danno che in quello amministrativo, e che testualmente stabilisce come

  1. La sentenza penale irrevocabile di assoluzione pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato, quanto all’accertamento che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto è stato compiuto nell’adempimento di un dovere o nell’esercizio di una facoltà legittima  nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso dal danneggiato o nell’interesse dello stesso, sempre che il danneggiato si sia costituito o sia stato posto in condizione di costituirsi parte civile, salvo che il danneggiato dal reato abbia esercitato l’azione in sede civile a norma dell’articolo 75, comma 2 
  2. La stessa efficacia ha la sentenza irrevocabile di assoluzione pronunciata a norma dell’articolo 442, se la parte civile ha accettato il rito abbreviato.

Riguardo invece alla valenza del giudicato penale nel giudizio disciplinare innanzi alle pubbliche amministrazioni, interviene il successivo articolo 653 del codice di procedura penale che così stabilisce:

  1. La sentenza penale irrevocabile di assoluzione ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare davanti alle pubbliche autorità quanto all’accertamento che il fatto non sussiste o non costituisce illecito penale ovvero che l’imputato non lo ha commesso .

1-bis. La sentenza penale irrevocabile di condanna ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare davanti alle pubbliche autorità quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso.”

 

In sintesi è solo la condanna irrevocabile di condanna o di assoluzione ad assumere efficacia in altro procedimento civile, amministrativo, disciplinare ed esclusivamente all’accertamento del fatto, o la sua commissione da parte dell’imputato o alla sussistenza di scriminanti.

Cosa accade qualora, la Pubblica Amministrazione decida dopo la sentenza di primo grado ed in assenza di giudicato, di proseguire l’azione disciplinare, civile o amministrativa (Corte dei Conti) contro il proprio dipendente?

Va ricordato come l’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo e quanto all’ordinamento nazionale,  l’articolo 48 della Carta Costituzionale affermano chiaramente il principio della presunzione di innocenza che limita grandemente l’efficacia della sentenza non ancora passata in giudicato sino al definitivo accertamento della colpevolezza.

In ogni caso, la pendenza di un giudizio penale in assenza di sentenza avente effetto di giudicato, può produrre effetti sul rapporto di lavoro previsti dalla legge.

A sua volta in tema di procedimenti disciplinari nell’ambito dell’impiego pubblico, la normativa sin qui trattata si salda con le disposizioni di cui al testo unico del pubblico impiego nella parte disciplinare dall’articolo 55 in poi del DLGS 165/2001.

In tema di connessione tra procedimento penale e disciplinare, la materia è trattata all’articolo 55 ter che limita la pregiudiziale penale consentendo la parallela indipendenza del giudizio disciplinare, salvo l’interferenza di quest’ultimo in merito all’accertamento di fatto, e la riapertura del giudizio disciplinare una volta intervenuto il giudicato.

Nel caso di specie, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo con la sentenza del 19 novembre 2021 ha ritenuto come un’autonoma e motivata decisione in sede civile ed amministrativa che non si basi sull’automatico recepimento del giudizio penale può intervenire in qualunque momento del giudizio civile e amministrativo, senza peraltro violare la presunzione di innocenza di cui all’articolo 6 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.

Sulla stessa lunghezza d’onda, si è posta pure la Corte Costituzionale con la sentenza n.182/2021 che ha ritenuto come effettivamente la presunzione di innocenza possa tradursi in una limitazione dei poteri cognitivi e dichiarativi dell’autorità investita del nuovo procedimento non avente natura penale.

Il limite però va ristretto al divieto di emettere per quest’ultima autorità, provvedimenti che presuppongano esclusivamente un giudizio di colpevolezza emerso in sede penale o che siano fondati su un nuovo apprezzamento della responsabilità penale della persona in ordine al reato precedentemente contestato.

Quindi, nel caso si decida di proseguire l’azione civile, disciplinare o amministrativa, in pendenza di giudizio penale ed in assenza di giudicato, sarà necessario fondare l’azione stessa  non esclusivamente sulle risultanze penali e sulla sentenza non passata in giudicato, ma dotarla di autonoma motivazione.

Fabio Petracci