CASSAZIONE – Non è valida la conciliazione in sede sindacale stipulata presso la sede aziendale.

Lo afferma la Cassazione Sezione Lavoro con la pronuncia n.10065 del 15.4.2024.

Nel caso di specie, il lavoratore e il datore di lavoro avevano sottoscritto un accordo per la riduzione stipendiale in base all’articolo 2103 del codice civile, siccome novellato dall’articolo 3 DLGS 81/2015, in sede aziendale, ripromettendosi poi di formalizzarlo nelle sedi indicate dalla legge.

L’articolo 2103 nel testo attuale richiama per la validità dello stesso la necessità che esso avvenga nelle sedi dell’articolo 2113 quarto comma o innanzi alle Commissioni di Certificazione.

L’articolo 2113 al quarto comma richiama a sua volta l’articolo 185 del codice di procedura civile riferito alla conciliazione in sede giudiziale e quindi, il riferimento va all’articolo 410 del codice di procedura con il riferimento al tentativo di conciliazione che può precedere l’avvio del contenzioso giudiziale, e quindi sempre l’articolo 2113 fa menzione dell’  412 ter del codice di procedura civile che stabilisce: “La conciliazione e l’arbitrato, nelle materie di cui all’articolo 409, possono essere svolti altresì presso le sedi e con le modalità previste dai contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative.”

L’articolo 412 quater prevede poi, sempre richiamato dall’articolo 2113 del codice civile l’ipotesi della procedura di conciliazione ed arbitrato nell’ambito della quale si possono formulare valide transazioni in tema di lavoro.

Il ragionamento esposto nell’ordinanza della Suprema Corte non va quindi inteso siccome ristretto esclusivamente alla censura della sede topografica per la stipula di una valida conciliazione, ma in qualche modo richiama la formazione della volontà delle parti che in quello che può essere definito un preaccordo, pur raggiungendo l’accordo transattivo nella sede aziendale, si erano riproposte di formalizzare l’accordo medesimo nelle cosiddette “sedi protette” indicate dalla legge. In nessun naso, però, ha sostenuto la Cassazione la sede aziendale può considerarsi come sede protetta.

Dunque due sono i motivi in base ai quali la Cassazione ha confermato la sentenza appellata.

Il primo è la mancata formalizzazione del preaccordo ed il secondo anche di conseguenza la mancata individuazione anche in senso letterale e materiale della sede sindacale.

Fabio Petracci

CASSAZIONE – Gli oneri di allegazione che incombono sul lavoratore che chiede un risarcimento a seguito di infortunio.

Cass. civ., Sez. lavoro, Ordinanza, 05/04/2024, n. 9120.

La Cassazione ha affermato che nel caso sia evocata la responsabilità del datore di lavoro a seguito di infortunio non è necessaria da parte del lavoratore l’allegazione specifica delle norme di cautela violate, essendo sufficiente l’esposizione delle modalità di infortunio che consenta l’emergere della responsabilità datoriale.

È, comunque, necessario, afferma la Corte, che il lavoratore alleghi la condizione di pericolo insita nella conformazione del luogo di lavoro, nella organizzazione o nelle specifiche modalità di esecuzione della prestazione, ed il nesso causale tra la concretizzazione di quel pericolo ed il danno psicofisico sofferto, incombendo a questo punto su parte datoriale l’onere di provare l’inesistenza della condizione di pericolo oppure di aver predisposto tutte le misure atte a neutralizzare o ridurre, al minimo tecnicamente possibile, i rischi esistenti (Nel caso di specie, richiamati gli enunciati principi, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata che, nel respingere la domanda di risarcimento del danno differenziale conseguente ad un infortunio verificatosi mentre il lavoratore ricorrente era intento a rifornire di gasolio il camion che, in veste di autista, gli era stato assegnato in dotazione, aveva, da un lato, ritenuto necessaria l’individuazione delle norme di prevenzione violate, e dall’altro considerato la negligenza di quest’ultimo idonea da sola ad elidere la responsabilità datoriale).

Di seguito, la motivazione della sentenza:

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  1. Con l’unico motivo del ricorso il lavoratore ha denunciato, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5 c.p.c., violazione o falsa applicazione dell’art. 2087c.c., degli artt. 1518 del D.Lgs. n. 81 del 2008, dell’art. 116 c.p.c., nonché omesso esame di un fatto storico decisivo.
  2. Il ricorrente ha dedotto di avere allegato, fin dal ricorso introduttivo del giudizio (che ha trascritto nelle parti essenziali a p. 8), che l’infortunio si era verificato nell’espletamento dell’attività lavorativa, presso la sede operativa della società datoriale sita in N e che, nell’effettuare il rifornimento di gasolio al camion in dotazione presso il distributore ivi collocato, era caduto a terra a causa dell’intralcio costituito dal tubo di erogazione sprovvisto di sistema di sicurezza. Ha aggiunto che tale dinamica era riportata nella denuncia di infortunio (riprodotta nel corpo del ricorso e localizzata – doc. 6 allegato al ricorso di primo grado) trasmessa dalla società all’Inail, che aveva riconosciuto e indennizzato l’infortunio. Ha affermato di avere, fin dal ricorso introduttivo del giudizio (v pp. 11-12 del ricorso in cassazione), argomentato sulla nocività del luogo di lavoro e, precisamente, sul fatto che “il tubo andava a cadere su una piattabanda posizionata in maniera irregolare al di sotto del distributore e per l’intera estensione dello stesso, creando una sporgenza da uno dei due lati (cfr. rilievi fotografici allegati). La collocazione della piattabanda determinava un dislivello tra la superficie di calpestio e il distributore, atteso che la stessa fuoriusciva da uno dei due lati dell’erogatore, creando una sporgenza.. L’incidente poteva essere evitato modificando lo stato dei luoghi ovvero apponendo delle apposite barriere protettive eliminando il dislivello…nonché adottando un sistema di riavvolgimento automatico della pompa…L’incidente …è da attribuirsi alla esclusiva responsabilità del datore di lavoro…per non avere apprestato le opportune misure di sicurezza nell’area di sosta dove è ubicato il serbatoio del gasolio per consentire il rifornimento dei mezzi”.
  3. Il ricorso è fondato.
  4. L’art. 2087c.c., norma di chiusura del sistema di prevenzione e di sicurezza nel rapporto di lavoro, impone all’imprenditore di adottare tutte le misure e le cautele atte a preservare l’integrità psicofisica dei lavoratori, tenuto conto delle caratteristiche concrete dei luoghi di lavoro e, in generale, della realtà aziendale. L’obbligo di sicurezza imposto dall’art. 2087c.c. si inserisce nella struttura del rapporto obbligatorio tra lavoratore e datore di lavoro ed è fonte di responsabilità contrattuale.
  5. La formulazione della norma in esame, attraverso l’espresso riferimento alle “misure che secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica sono necessarie a tutelare la integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”, correla l’obbligo di protezione alle concrete e indefinite situazioni di rischio a cui il lavoratore può trovarsi esposto e in tal modo impone al datore di lavoro l’adozione non solo delle misure cd. nominate ma anche di tutte quelle che, seppure non tipizzate, siano richieste dalle conoscenze tecniche e dall’esperienza riferite ad un determinato momento storico.
  6. Le caratteristiche dell’obbligo di sicurezza, come appena delineate, si riflettono sul contenuto degli oneri di allegazione e prova che gravano sul creditore dell’obbligo medesimo, il lavoratore. Questi, ove agisca verso il datore di lavoro per il risarcimento integrale del danno patito a seguito di infortunio, ha l’onere di provare il fatto costituente l’inadempimento ed il nesso di causalità materiale tra l’inadempimento ed il danno, ma non anche la colpa della controparte, nei cui confronti opera la presunzione ex art. 1218c.c. (Cass. n. 10319 del 2017n. 14467 del 2017n. 34 del 2016n. 16003 del 2007).
  7. Sulla allegazione del “fatto costituente inadempimento” occorre, tuttavia, svolgere alcune precisazioni, partendo dalla premessa che “l’inadempimento esprime la qualificazione giuridica di una determinata condotta, commissiva o omissiva, adottata in violazione di un obbligo preesistente, (e ciò) comporta che la relativa allegazione debba modularsi in relazione alle caratteristiche ed al contenuto di tale obbligo” (v. Cass. n. 29909 del 2021, in motivazione, p. 6 par. 5.8., e precedenti ivi richiamati).
  8. Posto che l’art. 2087c.c. pone un generale obbligo di tutela dell’integrità fisica e della personalità morale del lavoratore, senza ulteriori specificazioni in merito alle condotte omissive e commissive destinate a sostanziarlo, l’onere di allegazione del lavoratore non può estendersi fino a comprendere anche l’individuazione delle specifiche “norme di cautela violate”, come preteso dalla Corte di merito, specie ove non si tratti di misure tipiche o nominate ma di casi in cui molteplici e differenti possono essere le modalità di conformazione del luogo di lavoro ai requisiti di sicurezza. È, invece, necessario, che il lavoratore alleghi la condizione di pericolo insita nella conformazione del luogo di lavoro, nella organizzazione o nelle specifiche modalità di esecuzione della prestazione, ed il nesso causale tra la concretizzazione di quel pericolo e il danno psicofisico sofferto, incombendo a questo punto su parte datoriale l’onere di provare l’inesistenza della condizione di pericolo oppure di aver predisposto tutte le misure atte a neutralizzare o ridurre, al minimo tecnicamente possibile, i rischi esistenti.
  9. In altri termini, l’identificazione dell’inadempimento, quale componente dell’onere di allegazione del lavoratore, “deve essere modulata in relazione alle concrete circostanze e alla complessità o peculiarità della situazione che ha determinato l’esposizione al pericolo” (v. Cass. n. 29909 del 2021cit., in motivazione, con cui è stata cassata la pronuncia di merito che aveva rigettato una domanda di risarcimento del danno, in quanto carente di allegazioni circa le condotte, commissive od omissive necessarie a configurare l’inadempimento datoriale, pur rilevando come tale “deficit” discendesse dalla stessa dinamica dell’infortunio che aveva visto il dipendente, macchinista di Trenitalia Spa, colpito all’occhio da schegge metalliche prodotte dalla frenatura di un rotabile, mentre era in attesa di prendere la guida di un treno sul marciapiede di un binario).
  10. Nella fattispecie oggetto di causa, il lavoratore nel ricorso introduttivo della lite ha descritto lo stato dei luoghi aziendali, esattamente del distributore ove egli doveva fare rifornimento per il veicolo in dotazione, sottolineando l’esistenza di un dislivello tra il piano di calpestio e il distributore e la assenza di barriere protettive e di sistemi di riavvolgimento automatico della pompa, condizioni tali da rendere concreto il pericolo di caduta nell’esecuzione delle operazioni di rifornimento (v. ricorso per cassazione p. 11-12 in cui sono trascritti brani del ricorso introduttivo di primo grado).
  11. Occorre, ancora e sotto diverso profilo, considerare che, in materia di tutela dell’integrità psicofisica del lavoratore, il datore di lavoro, in caso di violazione della disciplina antinfortunistica, è esonerato da responsabilità soltanto quando la condotta del dipendente abbia assunto i caratteri dell’abnormità, dell’imprevedibilità e dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute. Ne consegue che, qualora non ricorrano simili caratteristiche nella condotta del lavoratore, l’imprenditore è integralmente responsabile dell’infortunio che sia conseguenza dell’inosservanza delle norme antinfortunistiche, poiché la violazione dell’obbligo di sicurezza integra l’unico fattore causale dell’evento, non rilevando in alcun grado l’eventuale concorso di colpa del lavoratore, posto che il datore di lavoro è tenuto a proteggerne l’incolumità nonostante la sua imprudenza e negligenza (Cass. n. 27127 del 2013n. 798 del 2017n. 16026 del 2018);
  12. La Corte d’appello non ha fatto corretta applicazione dei principi finora richiamati, sia quanto al contenuto dell’onere di allegazione e prova del lavoratore, avendo ritenuto necessaria l’individuazione delle norme di prevenzione violate, e sia nella valutazione della eventuale negligenza di quest’ultimo, avendo considerato la stessa idonea da sola ad elidere la responsabilità datoriale.
  13. Per tali ragioni, accolto il ricorso, deve cassarsi la sentenza impugnata e rinviarsi la causa alla medesima Corte d’appello, in diversa composizione, che procederà ad un nuovo esame della fattispecie conformandosi ai principi di diritto sopra richiamati, oltre che alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Conclusione

Così deciso nell’adunanza camerale del 30 gennaio 2024

Depositato in Cancelleria il 5 aprile 2024

SENTENZA – E’ un agente di commercio l’influencer operante on line a favore di società di produzione.

Lo afferma il Tribunale di Roma con la sentenza del 4.3.2024. n.2615

Influencer ed inquadramento legale e contrattuale

La progressiva diffusione dell’informatica ha via via scardinato le usuali modalità di lavoro, creando nuovi modi di lavorare e nuove professionalità non sempre facilmente inquadrabili nelle usuali categorie professionali e legali.

Dopo i “riders” è il momento degli influencer.

Il termine “Influencer” è ormai ricorrente nel linguaggio comune ed in un mondo dominato dalla presenza dei “media”.

Altrettanto interesse non ha ad oggi destato la figura professionale questi soggetti sotto l’aspetto giuridico.

Per Influencer deve intendersi una figura in grado di influenzare in senso positivo i potenziali clienti di un prodotto o servizio semplicemente parlandone o raccomandandolo.

Normalmente questi soggetti operano nell’ambito dei “Social Media” e pertanto sono anche definiti Web Influencer o Social Influencer.

Segno tangibile dell’evoluzione di queste figure professionali è stata pure la costituzione ai sensi sella legge 4/2013 dell’associazione Assoinfluencer nata per tutelare gli interessi della categoria professionale.

Nel caso che ci interessa, ENASARCO Ente Previdenziale degli Agenti di Commercio imponeva l’iscrizione alla Cassa degli agenti di commercio ad alcuni soggetti ingaggiati quali influencer tramite i canali social per promuovere i prodotti di una società che svolgeva attività di vendita on line di integratori alimentari.

L’attività di pubblicizzazione avveniva sia tramite la pubblicizzazione dei prodotti che attraverso la presenza di appositi link e codici di sconto atti a consentire ai followers l’accesso alla piattaforma e – commerce della società.

La Sezione Lavoro del Tribunale di Roma con sentenza n.2615 del 4 marzo 2024 ravvisava nell’attività di questi “ Influencer” i tratti caratteristici del contratto di agenzia come individuato dall’articolo 1742 del codice civile.

Giova ricordare che questa disposizione di legge fornisce la nozione del rapporto di lavoro dell’agente di commercio nei seguenti termini:

“Col contratto di agenzia una parte assume stabilmente l’incarico di promuovere, per conto dell’altra, verso retribuzione, la conclusione di contratti in una zona determinata

Dunque, elementi costitutivi sono l’incarico con il suo nesso di causalità con l’attività posta in essere dall’agente, la sua stabilità, una zona determinata.

Di fronte alla necessaria sussistenza di questi requisiti, il Tribunale ha ritenuto non dirimente la sussistenza di una zona geografica dove circoscrivere l’incarico, accogliendo una nozione evolutiva di “zona determinata” identificabile anche con una “ porzione di mercato” come nel caso di specie la comunità dei followers.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI ROMA

SEZIONE LAVORO 4

Il Giudice designato, Dott.ssa Francesca Vincenzi, all’udienza del 4.3.2024 ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa iscritta al R.G. n. 38445/2022

TRA

(…) S.P.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore (…) elettivamente domiciliata in Milano, (…) presso lo studio degli Avv.ti (…) che la rappresentano e difendono giusta procura allegata al ricorso

RICORRENTE

E

(…), in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore sig. (…) elettivamente domiciliata in Roma, Roma, (…) presso lo studio dell’Avv. (…) che la rappresenta e difende giusta procura in calce alla memoria di costituzione

CONVENUTA

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ricorso depositato telematicamente il 6.12.2022 ed iscritto a ruolo il 7.12.2022 la società ricorrente in epigrafe nominata esponeva: che (…) è un’impresa commerciale che svolge l’attività di vendita online, iniziando la sua attività produttiva con la vendita di integratori alimentari arrivando poi nel corso del tempo a ideare, studiare e mettere a punto prodotti con marchio proprio, pubblicizzati attraverso l’attività di propaganda e informazione svolta da sportivi, da persone legate al mondo dello sport a vario titolo e da consulenti per le analisi di mercato; che con verbale di accertamento dell’11.7.2022 l’ispettore di vigilanza della (…) ha ritenuto dimostrata la sussistenza di rapporti contrattuali riconducibili alla previsione di cui all’art. 1742 c.c. intercorsi tra (…) e le persone, ivi nominate, ad essa legate da rapporti contrattuali di varia natura (influencer, consulenti di mercato e consulenti per la ricerca), dichiarando come dovuto il pagamento dell’importo complessivo di Euro 70.264,95 di cui Euro 53.991,23 per contributi F.P., Euro 6.624,19 per F.I., Euro 7.899,53 per sanzioni ex art. 34 del Regolamento delle Attività Istituzionali ed Euro 1.750,00 per sanzioni ex art. 40 del Regolamento delle Attività Istituzionali per omessa iscrizione o comunicazione cessazione; che avverso tale verbale di accertamento ispettivo la ricorrente ha proposto ricorso all’Ispettorato Interregionale del Lavoro di Roma, Comitato per i Rapporti di Lavoro, il quale con Provv. del 15 novembre 2022 ha confermato quanto accertato in sede ispettiva; che mancano i presupposti giuridici per inquadrare gli influencer quali agenti di commercio; che il contratto di “influencer marketing” è considerato da alcuni commentatori come un contratto atipico mentre da altri è qualificato come contratto riconducibile allo schema tipico del contratto d’opera intellettuale; che con l’affermarsi di Internet, il termine influencer ha cominciato a essere usato per indicare colui che, avendo un ampio seguito di pubblico, è in grado di raggiungere con i suoi messaggi un numero potenzialmente sempre più alto di individui, creando i presupposti per la diffusione su larga scala dei suoi messaggi principalmente attraverso il passaparola; che si tratta solitamente di individui che posseggono un grado di conoscenza elevato relativamente ad alcuni prodotti o che comunque li utilizzano abitualmente, tanto che le loro opinioni arrivano a influenzare quelle degli altri consumatori orientandone le scelte d’acquisto; che proprio per il ruolo determinante che gli influencer svolgono all’interno delle dinamiche comunicative, essi vengono spesso contattati dalle aziende per pubblicizzarne prodotti o brand che rientrano nella loro sfera di influenza e si parla a tal proposito di influencer marketing; che il compito dell ‘influencer, infatti, è influenzare la propria community di followers sui diversi social network (come Facebook, Youtube, Twitter, Instagram, Pinterest, LinkedIn…); che gli influencer ricoprono differenti figure presenti nel mondo della comunicazione social: sono blogger, videomaker, fotografi, content creators, You Tubers. Instagrammers che postano con regolarità dei contenuti di qualità sui loro canali preferiti (siti web, sodai media, blog…) e interagiscano via chat, post, tweet con utenti e followers interessati ai temi e agli argomenti di cui si occupano; che secondo l’articolo 1742 cod. civ.: “Coi contratto di agenzia una parte assume stabilmente l’incarico di promuovere, per conto dell’altra, verso retribuzione, la conclusione di contratti in una zona determinata”; che affinché esista un rapporto di agenzia occorre quindi che l’agente assuma l’obbligazione di attivarsi in modo stabile per promuovere la conclusione di contratti per conto del preponente e che ciò avvenga con riferimento ad una zona o a una tipologia definita di potenziale clientela; che prima ed essenziale caratteristica del contratto di agenzia è quindi l’assunzione di una obbligazione giuridica avente ad oggetto la realizzazione a favore del preponente di un’attività stabilmente esercitata mirata a convincere possibili partners negoziali ubicati in una definita area geografica a concludere contratti con il preponente; che gli agenti di commercio, come loro peculiare attività, raccolgono proposte contrattuali (gli “ordini” o “commissioni”) che mentre per l’agente di commercio la non occasionalità della prestazione è riconducibile all’esistenza di un preciso obbligo giuridico la cui inosservanza è qualificabile come inadempimento con tutte le conseguenze che pei’ lui ne derivano, per l’influencer la non occasionalità della prestazione deriva da una sua libera scelta e da una pura e semplice convenienza economica in assenza di alcun espresso obbligo contrattuale; che erroneamente, quindi, il requisito della stabilità dell’incarico è stata dedotta dall’Ente dal mero dato cronologico della regolarità della fatturazione e dalla cadenza regolare dell’emissione delle fatture, atteso che né l’influencer, né la ricorrente hanno inteso dare al loro rapporto un carattere stabile ed esclusivo; che gli influencer che hanno svolto la loro attività per la ricorrente non hanno assunto alcun stabile obbligo di promuovere la conclusione di contratti mancando ogni rapporto diretto col potenziale cliente finale dal momento che, la loro attività retribuita si svolge utilizzando piattaforme social sul web tipo Instagram, Linkedin o Facebook sulle quali volontariamente e liberamente pubblicano contenuti (tipo post o stories) nei (quali è anche inserito un codice sconto che il follower dell’influencer può presentare al negoziante al momento dell’acquisto del prodotto o quando acquista tramite gli on line stores;che mentre nel contratto di agenzia l’agente si obbliga a realizzare stabilmente, quindi, non sulla base della propria libera iniziativa personale lo svolgimento dell ‘attività promozionale ma in virtù di un preciso obbligo giuridico, nei rapporti con gli influencer sono le imprese stesse che, cercando di associare i propri prodotti o servizi alla notorietà ed al successo degli stessi, sperano di incrementare le loro vendite beneficiando della loro notorietà e delle loro capacita di creare community di followers; che per gli agenti il successo e il guadagno consistono nell’abilità a ottenere ordini, nel creare un portafoglio clienti e nel fidelizzarli al prodotto o al servizio proposto, mentre il successo degli influencer consiste in caratteristiche personali, che preesistano e sono autonome rispetto a specifici requisiti professionali richiesti per l’esercizio dell’attività di agente e rappresentante di commercio; che agli influencer non è affidata una zona e/o un segmento commerciale e/o una lista clienti; che ciascuno degli influencer ha già un proprio seguito preesistente al contratto, coltivato a prescindere dai rapporti instaurati con una o più imprese; che le caratteristiche dei rapporti oggetto dell’accertamento rilevate dall’Ispettore quali elementi peculiari del contratto di agenzia quali la non occasionalità e la retribuzione con provvigioni non possono essere considerati come indici univoci dell’esistenza di un rapporto di agenzia, essendo rinvenibili in altri tipi di rapporti contrattuali, anche nei rapporti di lavoro subordinato, nelle collaborazioni disciplinate dall’art. 2 del D.Lgs. n. 81 del 2015, nelle collaborazioni coordinate e continuative richiamate dall’art. 409 n. 3 c.p.c.; di non opporsi a quanto accertato in sede ispettiva con riferimento ai signori (…) come già dichiarato nel ricorso proposto in via amministrativa; che il sig. (…) non è un agente e nemmeno un procacciatore, è un culturista, un body builder professionista, di fama internazionale, oltre che un allenatore certificato in tali discipline sportive, come dimostrato dalle sue pagine social; che il sig. (…) ha avviato (…) una piattaforma digitale che consente agli sportivi professionisti (e non), praticanti la disciplina del culturismo, di seguire un programma di allenamento dopo aver sottoscrìtto un abbonamento online; che, come si evince dal sito (https: (…)) il sig. (…) pubblica con costanza video di allenamenti (accessibili con la sottoscrizione dell’abbonamento) nei quali mostra di volta in volta esercizi da svolgere, tecniche di allenamento e consigli per i praticanti del culturismo; che il sig. (…) è altresì autore di libri e pubblicazioni sulle tematiche alle quali si dedica; che da tali dati di fatto emerge che il molo di influencer evolto per (…) non è mai stata la sua attività principale e che, anzi, tale attività è sempre stata meramente accessoria e occasionale rispetto alle altre; che il sig. (…) non risiede nemmeno in Italia, ma nel Regno Unito; che con decorrenza dal 1 gennaio 2020 il sig. (…) e (…) tramite contratto di influencer disciplinavano l’attività di influencer che il sig. (…) avrebbe esercitato a favore dei prodotti (…) sulle proprie pagine social media (e.g. Instagram, Facebook) e sui propri siti web; che con il contratto sottoscritto con la ricorrente il sig. (…) non assumeva alcuna obbligazione tipicamente definita; che il contratto non solo non prevede un obbligo del sig. (…) di promuovere contratti di vendita, ma nemmeno gli impone di attivarsi per essere adempiente alle previsioni contrattuali: laddove nulla avesse fatto, nessun in adempimento gli si sarebbe potuto contestare oltre al rilievo che non avrebbe percepito alcun compenso; che il contratto si premurava (fi regolare il compenso che sarebbe spettato al sig. (…) ove questi avesse favorito la vendita dei prodotti di tramite la propria notorietà e la propria posizione; che la pubblicazione di contenuti sul web, non c’entra nulla con la promozione della conclusione di contratti; che un po’ più suggestivo è il compenso in misura percentuale, che potrebbe far venire in mente i compensi provvigionali di solito corrisposti agli agenti; che nel caso del sig. (…) tuttavia, tale compenso non era collegato ad una attività volta a promuovere contratti, esercitata nei confronti di potenziali clienti in quanto questi non conosceva tantomeno svolgeva alcuna attività promozionale diretta con gli utenti di tale codice promozionale, né aveva mai avuto interazioni con alcuno di essi, per indurli a concludere contratti; che il codice valeva a correlare la sfera di “influenza” del sig. (…) ai benefici commerciali riscontrati da (…) che l’attività viene svolta dal sig. (…) a mezzo di piattaforme digitali, verso una platea di destinatari indefinita, e quindi non si tratta di una “zona determinata”, elemento essenziale e naturale tipico dei genuini contratti di agenzia; che l’influencer si rivolge ad una serie di soggetti (“follower”) che possano geograficamente trovarsi in qualsiasi parte d’Italia e del mondo e il contratto non circoscrive la zona a cui si riferisce; che il sig. (…) ha un numero elevato di follower, pari alla data odierna su Instagram a circa 30.000; che non sussiste esclusiva nel rapporto tra (…) e gli influencer; che il sig. (…) poteva, infatti, svolgere la stessa attività anche a favore di altri prodotti; che il sig. (…) non aveva alcun obbligo nei confronti di (…) di seguirne le istruzioni relative a politiche di mercato e strategie commerciali, così come previsto dall’articolo 1746 cod. civ. (l’agente deve “adempiere l’incarico affidatogli in conformità delle istruzioni ricevute e fornire al preponente le informazioni riguardanti le condizioni del mercato nella zona assegnatagli, e ogni altra in formazione utile per valutare la convenienza dei singoli affari”); che il contratto prevede termini di recesso in contrasto con la disciplina inderogabile, in materia di agenzia dall’art. 1750 cod. civ,; che l’articolo 7.1 del contratto recita che quest’ultimo: “potrà essere risolto in qualsiasi momento da ciascuna delle parti con un preavviso di 15 giorni, da comunicarsi mediante e-mail.”; che i compensi a percentuale non sono solo provvigioni (le percentuali denotano anche i compensi da mediazione, le commissioni, le royalties e innumerevoli collaborazioni commerciali), né le provvigioni sono tipiche solo dell’agenzia (vengono corrisposte anche ai procacciatori e ai lavoratori dipendenti); che i compensi corrisposti non consistevano solo in compensi in percentuale ma anche in compensi fissi erogati per i contenuti pubblicati sui suoi canali web valutati positivamente da (…) per i propri scopi commerciali; che essendo il Sig. (…) residente nel Regno Unito e ivi svolgendo la propria attività, (…) non avrebbe alcuna potestà impositiva nei confronti delle attività del medesimo, attività regolate esclusivamente dalle disposizioni di diritto inglese; che il sig. (…) non è un agente e nemmeno un procacciatore, è un atleta, un culturista, un body builder professionista, allenatore online e titolare di una palestra, oltre che un allenatore certificato in tali discipline sportive, come si evince dalle sue pagine social; che anche nel caso del sig. (…) il ruolo di influencer svolto per (…) non è mai stata l’attività principale, ma meramente accessoria e occasionale rispetto alle altre; che con decorrenza dal 1 febbraio 2020 il sig. (…) e (…) tramite contratto di influencer disciplinavano l’attività di influencer che il sig. (…) avrebbe esercitato a favore dei prodotti (…) sulle proprie pagine social media (e.g. Instagram, Facebook); che anche per il sig. (…) ed il contratto di influencer da questi concluso con (…) valgono 1 e medesime considerazioni già svolte per il sig. (…) e il contratto tra il medesimo e (…) (le cui clausole sono pressoché sovrapponibili); che il contratto non prevede alcun obbligo per l’influencer di promuovere contratti di vendita e non gli impone di attivarsi per essere adempiente alle previsioni contrattuali prevedendo delle conseguenze per il suo mancato rispetto; che l’attivita del sig. (…) è sempre stata svolta in totale indipendenza e autonomia ed il contratto non prevede alcun vincolo di stabilità; che la fatturazione non dimostra una stabile obbligazione da lui assunta ma una liquidazione dei compensi su base mensile che è un mero dato contabile e amministrativo che nulla dimostra circa la sussistenza del requisito dell’obbligo giuridico di fornire una stabile attività promozionale; che l’attività del sig.(…) è stata svolta a mezzo di piattaforme digitali con una platea di destinatari indefinita e non qualificabile come “zona determinata”, elemento essenziale dei contratti di agenzia; che il sig. (…) i rivolgeva, infatti aduna serie indeterminata di possibili lettori, in primis ai suoi follower (almeno 6.124, come si evince dalla pagina Instagram del sig. (…) dislocati in ogni parte d’Italia e del mondo; che il contratto non circoscrive una precisa zona di riferimento; che anche il sig. (…) come gli altri influencer, non aveva alcun obbligo di seguire alcuna istruzione di (…) ai sensi dell’articolo 1746 Cod. civiche il sig. (…) poteva svolgere la stessa attività anche a favore di altri prodotti mentre gli acquirenti dei prodotti (…) potevano essere raggiunti dalla notorietà di altri influencer della stessa (…) che anche il suo contratto, come anche gli altri, prevedeva termini di recesso in contrasto con la disciplina in derogabile in materia di agenzia dall’art. 1750 cod. civ.: che il sig. (…) non è un agente e nemmeno un procacciatore, è un influencer di professione, che ha fondato vari siti promozionali per la sua città; che anche nel caso del sig. (…) il ruolo di influencer svolto per (…) non è mai stata l’attività principale, ma meramente accessoria e occasionale rispetto alle altre, come si evince dalle sue pagine social; che con decorrenza dal 1 febbraio 2020 il sig. (…) e (…) tramite contratto di influencer disciplinavano l’attività di influencer che il sig. (…) avrebbe esercitato a favore dei prodotti (…) sulle proprie pagine social media (e.g. Instagram, Facebook); che anche per il sig. (…) ed il Contratto di influencer da questi concluso con (…) valgono le medesime considerazioni già svolte per i signori (…) e (…) in quanti (…) ha identico contenuto; che il sig.(…) nato in I., ha una partita IVA come consulente, insegnante designer e architetto con iscrizione alia Gestione Separata INPS, non ha mai svolto l’attività né di influencer, né di agente, né di procacciatore d’affari per (…) ed il pagamento del conispettivo era commisurato solamente al tipo di attività di consulenza svolta con (…) dal 2019; che il sig. (…) sia della sua conoscenza dei mercati medio-orientali sia per la storia personale, che per la familiarità con la lingua e la cultura d’origine, ha stipulato con la società un accordo per lo studio dei mercati in questione; che il sig. (…) non ha mai avuto alcun potere di negoziare accordi, promuovere contratti e sottoscriverli per conto di (…) ma si limitava ad affiancare ed assistere la società nei rapporti con i clienti, nei mercati di riferimento; che il contratto con (…) dal 2019 al 2020, che rimanda purtroppo alia forma del contratto di agenzia, è stato usato erroneamente dalla società, che ha adottato un fac-simile scaricato da internet, ne ha cambiato il titolo e l’ha adattato; che tuttavia quanto in esso riportato non coincide con l’effettiva prestazione di consulenza che è sempre stata retribuita secondo un fisso mensile, senza alcun riferimento a una percentuale riferibile ad attività promozionali di alcun tipo; che infatti, il sig. (…) non ha mai potuto concludere o promuovere contratti di vendita e inoltre i primi due anni di rapporto sono stati puramente di analisi e studio di mercato, tanto che poi, con la scadenza del contratto a luglio 2020, l’azienda ha scelto di continuare la collaborazione proseguendo con l’effettiva attività svolta dal sig. (…) sempre come consulente di mercato; che il dott. (…) è un preparatore atletico e professionista del settore farmaceutico e nutraceutico che dall’anno 2015 collabora quale consulente di (…) come responsabile della Ricerca e Sviluppo dei prodotti (…) per cui partecipa fattivamente all’analisi degli studi per migliorare le proprietà dei singoli prodotti e per testarne efficacia e sicurezza; che è imo studioso della materia, come dimostrato dagli articoli pubblicati, sin dall’inizio della collaborazione sul blog ” (…); che il sig. (…) non ha mai svolto l’attività di influencer, di agente o di procacciatore d’affari per (…) ed il pagamento del corrispettivo è sempre stato commisurato all’attività (fi consulenza svolta e pagato sotto forma di compenso fisso annuo; che l’ispettore ha qualificato la posizione del sig. (…) come agente di commercio per gli anni 2017 e 2018 in quanto nel corso del primo periodo di collaborazione con (…) erroneamente, lo stesso ha mantenuto in alcune fatture l’indicazione della contribuzione (…) legata a una sua precedente e concomitante attività di informatore farmaceutico con altre aziende non riconducibili alla ricorrente per la quale non ha mai esercitato alcuna attività promozionale riconducibile a un contratto di agenzia; che il signor (…) ha infatti sempre esercitato per conto di (…) solo l’attività di ricerca e sviluppo retribuita con un compenso fisso; che in data 3.1.2022 il sig. (…) è stato assunto a tempo indeterminato; che l’Ispettore ha quantificato importi asseritamente dovuti da (…) ad (…) a titolo di contributi al F.I.; che tali importi non sono dovuti perché i rapporti sottostanti non sono rapporti di agenzia; che quand’anche si dovesse ipotizzare che si trattasse di contratti agenzia, il F.I. non sarebbe comunque dovuto perché (…) non è iscritta ad alcuna delle organizzazioni sindacali che hanno stipulato gli accordi economici coll citi vi dai quali deriva l’obbligo di versare il F.I. (…) e le altre indennità dovute all’agente successivamente alla cessazione del rapporto di agenzia; che dal momento che il verbale è stato notificato in data 11.7.2022, tutte le pretese di contributi antecedenti al 10.7.2017 sono prescritte; che del pari i versamenti pretesi (…) a titolo di F.I. sono ormai prescritti, per quanto attiene al periodo fino al 10.7.2017, ai sensi dell’art. 2948 cod. civ..

Tanto esposto la parte ricorrente concludeva chiedendo di volere: “IN VIA PRINCIPALE Previo ogni opportuno accertamento e declaratoria, annullare il verbale di accertamento ispettivo in data 11 luglio 2022 a carico della ricorrente (…) s.p.a. eseguito dall’ufficio (…) di Brescia (n. Registro Carico BS4441/2009), notificato all’odierna ricorrente in pari data per le causati di cui in narrativa relativamente a quanto accertato relativamente ai sigg. (…) dichiarando non dovute le somme di competenza per ciascuno a titolo di Contributi F.P., F.I., Sanzioni ex art. 34 del Regolamento delle Attività Istituzionali (…) per evasione contributiva e sanzioni ex art. 40 del Regolamento delle Attività Istituzionali (…) per omessa iscrizione o comunicazione di cessazione. IN OGNI CASO 1) Dichiarare l’intervenuta prescrizione di ogni somma dovuta a titolo di contributi e sanzioni maturata in data antecedente al 10 luglio 2017; 2) Dichiarare non dovuto quanto accertato a titolo di F.I.. Con vittoria di spese e compensi professionali, oltre oneri di legge “.

Si costituiva in giudizio la (…) depositando memoria difensiva telematica ed allegato fascicolo chiedendo di volere.-” nel merito, rigettare, in accoglimento dei motivi esposti nel presente atto, il ricorso proposto dalla (…) S.p.A. (C.F. (…) in quanto infondato in fatto ed in diritto, inammissibile e, comunque, non provato; – sempre nei merito, in via riconvenzionale ed in accoglimento dei motivi esposti nel presente atto: 1) accertare e dichiarare che i rapporti intercorsi tra (…) S.p.A. ed i soggetti indicati nelle distinte allegate al foglio n.(…), pag. da 1 a 6, del verbale conclusivo di accertamento ispettivo dell ‘11.07.2022, con la sola esclusione del signor (…) nei periodi e per gli importi indicati nello stesso verbale ispettivo debbano ricondursi a quello di agenzia di cui all’art. 1742 e ss. del cod. civ. e, pertanto, da sottoporre, a contribuzione previdenziale (…) 2) accertare la piena legittimità e correttezza del verbale conclusivo di accertamento ispettivo della (…) dell ‘11.07.2022; 3) condannare, per l’effetto di quanto accertato, la (…) S.p.A., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, al pagamento in favore della (…) della somma complessiva di Euro 90.590,69 (novantamilacinquecentonovanta/69), o della diversa maggiore o minore, somma che sarà ritenuta di giustizia, di cui Euro 52.820,69 (cinquantaduemilaottocentoventi/69) a titolo di contributi omessi al F.P., Euro 28.185,38 (ventottomilacentottantacinque/38) a titolo di sanzioni ex art. 34 (evasione contributiva), comma 1, del Regolamento delle Attività Istituzionali della (…) Euro 1.341,66 (milletrecentoquarantuno/66) a titolo di interessi di mora ex art. 37 del Regolamento delle Attività Istituzionali della (…) sanzioni ed interessi di mora calcolati sui contributi omessi al F.P. alla data del 14 febbraio 2023; Euro 1500,00 (millecinquecento/00) per sanzione ex art. 40 del Regolamento delle Attività Istituzionali della Fondazione (…) Euro. 6.624,19 (seimilaseicentoventiquattro/19) a titolo di omessi versamenti al F.I.; Euro 118,77 (centodiciotto/77) a titolo di interessi di mora calcolati alla data del 14 febbraio 2023 sulle somme omesse a titolo di F.I.; il tutto oltre ulteriori sanzioni ed interessi di mora a far data dal 15 febbraio 2023, o dalla diversa data che verrà ritenuta di giustizia, fino al saldo effettivo. – In ogni caso con vittoria di spese ed onorari, rimborso spese generali al 15%, iva e cpa come per legge”.

In particolare la (…) deduceva: che la (…) è un’impresa commerciale che svolge l’attività di vendita on line e quindi il suo mercato è costituito pressoché esclusivamente dagli utenti raggiungibili nel mondo Web; che la promozione delle sue vendite deve avvenire e dì fatto avviene necessariamente nel mondo Web attraverso collaborazioni con due figure: i testimonial e gli influencer; che il testimonial non è un agente, in quanto si limita a consentire di associare la sua immagine ad un certo brand, ricevendo, per questo, un compenso fisso; che invece l’influencer, come accertato dall’Ispettore, svolge una vera e propria attività promozionale di vendita, e il compenso riconosciuto è detenninato dagli ordini direttamente procurati e andati a buon fine dal collaboratore; che inoltre l’influencer può concedere di fatto sconti al cliente attraverso il codice sconto che permette uno sconto sui prezzi di listino; che tale attività è riconducibile alla fattispecie civilistica prevista dagli artt. 1742 e seguenti del codice civile; che il primo comma dell’art. 1742 c.c. prevede che “col contratto di agenzia una parte, assume stabilmente l’incarico di promuovere per conto dell’altra, verso retribuzione, la conclusione di contratti in una zona determinata”; che per costante giurisprudenza la previsione di una zona non è elemento essenziale, essendo unicamente un elemento a tutela dell’agente, cui le parti possono derogare pattiziamente senza che la sua eventuale mancanza determini il venir meno della causa economico – sociale del contratto; che circa i “modi” attraverso i quali “l’incarico di promuovere… la conclusione di contratti..” può essere espletata, la Cassazione chiarisce che la promozione può avvenire “in qualunque forma” (Cass. n. 20453 dei 2018); che nei contratti stipulati dalla ricorrente il collaboratore è espressamente qualificato “influencer”, e stipula il contratto in tale dichiarata qualità e, cioè, quale soggetto che ha il potere di influenzare le decisioni di acquisto dei cosiddetti followers a causa della sua autorità, conoscenza, posizione o rapporto con il suo pubblico; che in sostanza, con il contratto di influencer la Società mandante persegue lo scopo di far diventare propri clienti i followers dell’inflencer, con la necessaria collaborazione di quest’ultimo; che complesso delle clausole contrattuali emerge che l’attività di promozione commerciale viene svolta dall’influencer attraverso i medesimi social media con i quali ha acquisito la sua popolarità e ciò rientra nei “modi indeterminati” attraverso i quali quell’attività può essere svolta; che infatti, lo scopo di tale attività di proni ozi one è dichiaratamente quello di “procurare direttamente ogni singolo ordine” dei prodotti della (…) e tale nesso viene enfatizzato dalla previsione che l’influencer viene compensato per tutti gli ordini “andati a buon fine”, rimanendo irrilevante il “modo” attraverso il quale l’influencer induca i suoi followers all’acquisto; che nei contratti stipulati la finalità è quella di vendere i prodotti promossi direttamente ai followers dell’influencer; ed è a questo fine che all’influencer è associato un codice di sconto personalizzato, raggiungibile unicamente attraverso le sue pagine social; che così ogni volta che un acquisto avviene attraverso quel codice, il relativo ordine viene contrattualmente considerato come “direttamente procurato” dall’influencer; che a nulla vale che poi quel codice sconto, possa attraverso il passaparola essere usato anche da persone diverse dai followers, in quanto si tratta comunque di un effetto riflesso dell’attività di promozione; che fermo che la “zona” non deve essere necessariamente geografica, ma può essere rappresentata anche da un determinato segmento di mercato, nel caso dell’influencer la “zona” è determinata dal perimetro entro il quale è inscritta la popolazione di followers che acquistano i prodotti della (…) mediante il suo codice sconto; che risulta irrilevante che l’influencer non sia destinatario di particolari direttive ed istruzioni, o che non possa/ debba instaurare specifiche trattative sui prezzi e sugli sconti, atteso che questo particolare tipo di mercato, nel mondo web, è altamente standardizzato, in quanto l’acquisto si effettua con un click e le condizioni di vendita sono fissate una volta per tutte; che, stabilito che l’attività dell’influencer è di promozione delle vendite ai sensi e per gli effetti dell’art. 1742 cod. civ., deve ritenersi sussistente anche il requisito dell’obbligo stabile di effettuare l’attività di promozione, onde distinguere l’attività di agente da quella di mero procacciatore; che infatti è irrilevante che il contratto preveda che “l’influencer svolgerà la propria attività in piena indipendenza ed autonomia”, in quanto indipendenza ed autonomia sono caratteristiche tipiche anche dell’agente; che la previsione che l’influencer agirà “senza alcun obbligo di attività minima ne obbligo di risultati minimi” significa solo che non è tenuto ad attività ulteriori e diverse rispetto a quella di promuovere i prodotti pubblicizzandoli sulle proprie pagine social; che il vincolo di stabilità è sufficientemente provato, non solo dalla presenza di estratti conto contabili delle provvigioni ma anche dalla sistematica emissione di fatture per una serie indeterminata di affari; che risulta irrilevante che il contratto possa essere risolto con un ridotto termine di preavviso, in quanto quel che rileva è che il contratto viene stipulato a tempo indeterminato, e quindi nella prospettiva di una coliaborazione stabile; che le predette pattuizioni rendono chiara la previsione, nel programma delineato dalle parti all’inizio del rapporto, di un significativo impegno di stabilità e continuità, caratteristica tipica di un contratto di agenzia; che la durata del rapporto commerciale tra il soggetto esaminato e la società ricorrente integra il requisito della stabilità tipico dell’agente ed esclude al contempo l’occasionalià dell’attività espletata; che ciò che rileva ai fini dell’obbligatorietà dell’iscrizione presso la (…) e del versamento dei relativi contributi è esclusivamente il fatto che il soggetto svolga l’attività ex artt. 1742 e 1752 c.c.; che l’obbligo contributivo si fonda sull’art. 5 della L. n. 12 del 1973 che prevede l’obbligatorietà dell’iscrizione al (…) di “tutti gli agenti e rappresentanti di commercio”, a prescindere dall’iscrizione o meno ad un ruolo o ad un albo professionale e tale obbligo sorge per il solo fatto di svolgere l’attività di agente; che, con riferimento alla posizione di (…) la previsione di un compenso fisso per ogni contenuto promozionale pubblicato sul web conferma la natura sostanzialmente agenziale del rapporto, in quanto in tal modo è dimostrato che il signor (…) one va in essere concrete e specifiche attività promozionali, pubblicando materiali destinati ai propri follower onde indurii agli acquisti; che la stabilità, inizialmente programmata, è confermata dalla continuità e regolarità delle fatture; che la circostanza che l’attività di influencer non sarebbe prevalente è in dimostrata ed irrilevante; che la circostanza che il signor (…) risiederebbe in Inghilterra è smentita, sino a tutto il dicembre 2020, dalla fatturazione nella quale egli dichiarava la residenza italiana; che il fatto che, dal 2021, abbia iniziato ad emettere fatture nelle quali dichiarava una residenza fiscale inglese non ha alcun valore probatorio nei confronti di terzi, specie nei confronti di un ente previdenziale italiano, anche alla luce della visura camerale effettuata alla data del 10.02.2023 sulla sua società, dalla quale emerge che egli risulta tutt’ora avere domicilio in Roma; che in ogni caso, ai sensi del citato art. 5 della L. n. 12 del 1973, “sono altresì obbligatoriamente iscritti (…) gli agenti ed i rappresentanti di commercio italiani che operano all’estero nell’interesse di preponenti italiani”; che, con riferimento alia posizione di (…) nessuna eccezione specifica viene formulata, se non che, non essendoci esclusività, egli poteva svolgere la stessa attività di influencer anche a favore di altri prodotti; che la circostanza che l’attività di influencer non sarebbe prevalente è priva di ogni riscontro probatorio, in quanto non costituisce prova alcuna la stampa di una pagina web contenente dichiarazioni dell’interessato sulle proprie attività; che tale affermazione è inoltre contraddetta dal fatto che il signor (…) nell’emissione delle fatture alla (…) dichiara di applicare il regime forfettario, in quanto titolare di un complessivo reddito “per attività d’impresa, arti o professioni” (art. 1, comma 54, della L. n. 190 del 2014) inferiore ad Euro. 85.000 annui; che la circostanza che il signor (…) svolga l’attività di influencer marketing anche per altre aziende conferma la professionalità di tale attività, mentre l’assenza di esclusiva è un elemento tipico del nuovo mondo commerciale che si muove sul web e non rileva al line di escludere la sussistenza di un rapporto di agenzia; che la stabilità, inizialmente programmata, è confermata dalla continuità e regolarità delle fatture; che, quanto alla posizione di (…) valgono le considerazioni già svolte, tanto più che anche il signor (…) applica il regime forfettario, onde anch’egli dichiara di avere redditi complessivi per attività d’impresa, arti e professioni al di sotto di determinate soglie, senza che ci sia evidenza alcuna di redditi aventi altra origine e natura, rispetto a quelli prodotti grazie alla collaborazione commerciale con la (…) che anche in questo caso, quanto alla continuità e professi onalità dell’attività, il fatto stesso che le parti abbiano stipulato un contratto indica la loro volontà di porre in essere una collaborazione stabile; che la stabilità, inizialmente programmata, è confermata dalla continuità e regolarità delle fatture; che, quanto alla posizione del sig. (…) è pacifico che il contratto stipulato tra le parti abbia tutti i requisiti del contratto di agenzia ma secondo la ricorrente tale contratto non rispecchi crebbe l’effettiva volontà delle parti, essendo frutto di un mero errore; che tali affermazioni sono irrilevanti atteso che l’errore, anche se essenziale, non determina la nullità e/o l’inefficacia del contratto, ma può determinarne l’annullamento ex art. 1429 c.c., che però “può essere domandato solo dalia parte nel cui interesse è stabilito dalla legge”; che la società ricorrente non ha proposto nessuna domanda di annullamento del contratto di agenzia, onde quel contratto è tutt’ora valido ed efficace; che tutte le clausole del contratto riprendono i contenuti tipici dei contratti di agenzia; che il contratto del signor (…) è del tutto identico a quello del signor (…) per il quale la Società ricorrente riconosce il rapporto di agenzia; che il fatto che le parti abbiano previsto contestualmente un compenso provvigionale a percentuale e sia, allo stesso titolo, un compenso fisso, significa unicamente che il preponente abbia voluto in parte sollevare l’agente dai rischi di avviamento, senza escludere la natura provvigionale del compenso fisso, che andava a compensare l’agente per tutti gli affari conclusi sino al raggiungimento del budget di Euro. 3.000.000,00; che la natura provvigionale anche di tale compenso fisso è espressamente affermata nel contratto, laddove la percentuale riconosciuta al raggiungimento del budget viene qualificata “ulteriore provvigione”; che a fronte della fattura n. (…) del 16.07.2020, il signor (…) ha percepito il rilevante importo di Euro. 57.795,00 a titolo di “prestazioni di intermediazione commerciale relativa dai 07/2019 al 06/2020”; che gli Accordi Economici Collettivi del 1956 e del 1957, che hanno introdotto l’indennità di fine rapporto, hanno efficacia erga omnes, essendo stati recepiti dal D.P.R. n. 145 del 1961; che nei contratti con i signori (…) sono contenuti espressi rimandi all’ “Accordo Economico Collettivo 20 marzo 2002”; che è infondata l’eccezione di prescrizione; che infatti, il termine di riferimento per il versamento dei contributi previdenziali e conseguenti sanzioni (…) è la data ultima entro la quale ricorre l’obbligo del versamento medesimo; che l’art.8, comma 3, del vigente Regolamento delle Attività Istituzionali prevede che i contributi obbligatori debbano essere versati trimestralmente, entro il giorno 20 del secando mese successivo alla scadenza di ciascun trimestre; che conseguentemente, i versamenti previdenziali afferenti al II trimestre dell’anno debbano essere effettuati entro il 20 agosto dell’anno in corso; che tale scadenza è il termine da cui far decorrere la prescrizione quinquennale, ovvero dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere; che nei caso specifico il versamento dei contributi afferenti al II trimestre 2017 avrebbe dovuto essere effettuato entro il 20 agosto dello stesso anno, onde il verbale di accertamento, notificato in data 11.7.2022, è stato notificato ampiamente nel termine utile per evitare il maturare della prescrizione; che, quanto al F.I., pur premettendo che la prescrizione non è quinquennale ma decennale, l’art. 31, secondo comma, del Regolamento delle Attività Istituzionali prevede che “gli accantonamenti delle somme per indennità, di scioglimento del rapporto devono essere effettuati annualmente entro il 31 marzo..”, dell’anno successivo rispetto a quello di pagamento delle provvigioni sulle quali l’accantonamento deve essere calcolato; che pertanto, nel caso si volesse ritenere quinquennale la prescrizione, l’eccezione di prescrizione riguarderebbe unicamente il F.I. maturato relativamente al 2016, che avrebbe dovuto essere versato entro il 31 marzo 2017, mentre per l’anno 2017 l’accantonamento avrebbe dovuto essere effettuato entro il 31 marzo 2018, entro il termine prescrizionale; che il F.I. relativo al 2016, relativo alla soia posizione della signora. (…) è pari ad Euro 158,01; che sul regime sanzionatorio applicabile, cosi come sull’entità dei contributi dovuti, nulla è stato eccepito dalla ricorrente; che con il verbale conclusivo di accertamento ispettivo dell’11.07.2022 era stato richiesto il pagamento delle sanzioni calcolate in misura ridotta ex art. 34, comma 2, del Regolamento, ma il pagamento che giustificava tale riduzione non è stato effettuato nel termine previsto con conseguente applicazione delle sanzioni di cui al comma 1 dell’art. 34; che risulta carretta la sanzione di Euro 1.750,00 inizialmente irrogata a tale titolo nei verbale ispettivo oggetto del presente giudizio in quanto si riferisce ai 7 nominativi accertati nel corso dell’accertamento; che la cancellazione della posizione del signor (…) determina che siano 6 i nominativi di agenti non regolarmente iscritti, onde tale sanzione viene rideterminata nella misura di Euro 1.500,00; che quindi l’assoggettabilita dei collaboratori di cui al verbale de quo alla previdenza (…) comporta la legittimità sia delle sanzioni ex art. 34 che delle sanzioni ex art. 40 del Regolamento che sono state calcolate nel rispetto dei criteri di calcolo contenuti nello stesso e non contestati dalla ricorrente; che la (…) ha interesse ad ottenere l’accertamento e la conseguente condanna della (…) al pagamento di quanto dovuto in virtù del verbale conclusivo di accertamento ispettivo dell’11.07.2022, all’esito del ricalcolo derivante sia dalla eliminazione della posizione del signor (…) sia dall’aggiornamento alla data odierna delle sanzioni e degli interessi di mora dovuti per tutti gli altri nominativi, come da prospetto analitico contenuto nella memoria difensiva.

Differita l’udienza ex art. 418 c.p.c. a seguito di presentazione di domanda riconvenzionale da parte della (…) istruito documentalmente il procedimento, quest’ultimo veniva rinviato per la discussione, concesso termine per note. All’odierna udienza, dopo la discussione, il Giudice decideva la causa ex art. 429 c.p.c. con sentenza contestuale.

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

Si osserva che la (…) spa ” è un’impresa commerciale che svolge l’attività di vendita on line” (pag.2 dei ricorso) e pertanto il suo mercato è costituito esclusivamente dagli utenti raggiungibili nei mondo web attraverso attività di promozione svolta dai testimonial e dagli influencer.

Dalla documentazione versata in atti emerge che con verbale di accertamento ispettivo conclusivo dell’11.7.2022 in atti, eseguito nei confronti della (…) S.P.A., relativo al periodo 1.4.2017-31.12.2021, l’ispettore di vigilanza della (…) esaminata la documentazione e le scritture contabili e amministrative acquisite ivi indicate (Certificazioni uniche redditi 2019-2020-2021, Bilanci relativi agli anni 2018-2019-2020, Conti 20110075 (sponsorizzazione atleti) e 20110096 (commissioni influencer) dal 2018 al 2021, Visura camerale ditta, Contratti di influencer e testimonial, Fatture/ricevute per prestazioni da influencer /testimonial, Contratti di procacciamento d’affari di (…) Fatture per compensi dei segnalatori/procacciatori d’affari, Delega all’accertamento) ha rilevato quanto segue:

“… la (…) spa (qui di seguito denominata i (…) società, ditta in oggetto, ispezionata, mandante, preponente) opera nel commercio all’ingrosso di integratori, alimentari on line. La società ha anche un negozio fisico ubicato a Ospitaletto (Bs), una parafarmacia, vera e propria, business unit, gestita da dipendenti della società. La presenza del negozio fisico è necessaria e strumentale al fine di ottenere l’autorizzazione della vendita del parafarmaco on line da parte del ministero della salute. (…) Il core business e le vendite^ tuttavia, si svolgono quasi esclusivamente on line tramite i propri, siti web: (…) Al fine di pubblicizzare i propri prodotti, la società si avvale anche di atleti professionisti e personal trainer, con i quali ha sottoscritto diverse tipologie di contratti di collaborazione,. variamente denominati, che si possono ricondurre principalmente a 2 categorie: i. Contratto di sponsorizzazione e di attività di testimonial (qui di seguito denominato anche di “testimonial”); 2. Contratto per prestazioni di “influencer”. Con il contratto di “testimonial” l’atleta professionista si impegna a prestare la propria immagine ad laf e a partecipare alle gare ufficiali in programma, sia nazionali che internazionali”, alle manifestazioni ed esibizioni a cui l’azienda partecipi. L’atleta si impegna ad indossare gli indumenti personalizzati sponsorizzati e fomiti da (…) a pubblicare articoli/video informativi contenuti dei mondo fitness settimanalmente sul sito (…) Il compenso dell’atleta viene definito a priori ed è onnicomprensivo delle suddette attività e slegato dal raggiungimento di obiettivi di vendita della società. Da tali elementi si esclude che tale tipologia contrattuale sia riconducibile all’agenzia commerciale. Discorso diverso deve farsi per, l’accordo di “influencer” con quale il collaboratore si impegna q promuovere per conto della società i prodotti, del brand di proprietà di (…) srl ralle pagine social media e sita web di proprietà dell’influencer, indicando nelle proprie pagine web il proprio codice sconto personalizzato, a titolo esemplificativo (…): xx (art. 1 oggetto del contratto). Tale codice funge da collegamento ai siti, web della società ed allo stesso tempo permette alla società di determinare gli ordini riconducibili all'”influencer”. Le parti convengono che, per ogni singolo ordine direttamente procurato e andato a buon fine, l'”influencer” avrà diritto di percepire dalla società un compenso del 10% detratto dalle spese di spedizione, previa ricezione fattura, la cui liquidazione avverrà mensilmente (art. 2 Corrispettivo). L'”influencer” può usare marchi, nomi e segni distintivi della società per svolgere l’attività contrattualmente prevista (art. 5 proprietà intellettuale ed industriale). Da quanto sopra emerge che l'”influencer” svolge una vera e propria attività promozionale di vendita, e che il compenso riconosciuto è determinato dagli ordini direttamente procurati e andati buon fine dal collaboratore. L “‘influencer ” può concedere di fatto sconti al cliente attraverso il codice sconto che permette uno sconto sui prezzi di listino. Tale attività è riconducibile alla fattispecie civilistica presta dagli artt. 1742 e seguenti, del codice civile. Dal colloquio con il legale rappresentante è emerso che la (…) stipula i contratti di “testimonial” con gli atleti che sono più noti nell’ambiente sportivo, mentre i contratti di “influencer” riguardano di solito soggetti meno noti, che gravitano attorno al mondo dello sport. L ‘ispezionata ha sottoscritto contratti di sponsorizzazione e testimonial con i sigg. (…). Per quanto riguarda invece, i sigg.(…) produce copia del contratto di “influencer” che regola i rapporti. L’ispezionata non ha fornito copia dei contratti di “testimonial ” relativi a tali collaborazioni volti a dimostrare l’attività. mista “influencer”/”testimonial” di tali fornitori. Dall’esame delle fatture, di tali percipienti è emersa la durata pluriennale e continuativa delle collaborazioni indagate e la stabilità dell’incarico della collaborazione come “influencer”. I sigg.(…) hanno, infatti, emesso fatture con periodicità per lo più mensile negli, anni, 2020-2021. In particolare: – il sig. (…) ha emesso nr. 24 fatture per un totale di Euro 27.846,97 nel 2020 ed Euro 23.034,63 nel 2021; – Il sig.(…) ha emesso nr. 21 fatture per un totale di Euro 2.929,27 nel 2020 ed Euro 1.837,32 nel 2021; – La sig.ra (…) ha emesso nr. 35 fatture per un totale di Euro 5.777,03 nel 2020 ed Euro 4.192,42 nel 2021; – Il sig. (…) ha emesso nr. 16 fatture per un totale di Euro 12.659,07 nel 2020 ed Euro 31.235,26 nel 2021. Le collaborazioni dei sigg.(…) son o d a ricondurre alla fattispecie civilistica prevista dagli artt. 1742 e seguenti del codice civile. Tali collaborazioni, infatti, come si evince dalle fatture acquisite, sono state poste in essere dalle parti, sin dalla loro prima manifestazione, per la promozione di una serie indeterminata di possibili affari e non concepite, invece, per contemplare occasionali e libere iniziative del procacciatore come richiesto dall’oggetto della mera procacceria. Sono da ricondurre all ‘agenzia commerciale anche le collaborazioni dei sigg.(…) quest’ultimo solo per gli anni 2016-2017 e 2018), considerati dall’ispezionata “procacciatori d’affari “. Il convincimento della natura agenziale e della stabilità e continuità dei rapporti dei sigg.(…) trova conforto nel seguente quadro probatorio: i. La durata pluriennale e continuativa delle collaborazioni indagata: – Il sig.(…) ha collaborate per la (…) dal 2018 emettendo 30 fatture provvisionali per un totale di Euro 2.098,64 nel 2018-Euro 19.340,24 nel 2019-Euro 13.783,19 nel 2020; Euro 18.820,71 nel 2021; – Il sig.(…) ha collaborato per laf dal 2019 emettendo nr. 31 fatture per un totale di Euro 15.000 nel 2019; Euro 37.795,00 nel 2020; Euro 30.000 nel 2021; – La sig.ra (…) (…) ha collaborato per laf dal 2016 e ha emesso 42 fatture dal 2016 per un totale di Euro 3.950,27 nel 2016; Euro 12.339,36 nel 2017; Euro 14.149,78 nel 2018; Euro 29.634,56 nel 2019; Euro 26.714,27 nel 2020; Euro 39.115,61; Il sig. ha collaborato per la (…) dal 2016 e ha emesso 41 fatture per attività promozionale dal 2017 per un totale di Euro 2.382,33 nel 2016; Euro 6.797,84 nel 2017; Euro 3.095,28 nel 2018; La controprestazione pattuita a fronte dell’opera promozionale prestata dai collaboratori, per conto della preponente, è costituita da una retribuzione in forma provvigionale, liquidata a cadenze periodiche perlopiù mensili. La regolarità, per archi temporali determinati, delle fatture provvigionali emesse dal collaboratore palesa una continuità programmata tra le parti e non è il frutto accidentale di prestazioni occasionali e libere; Per quanto riguarda i sigg. (…) i compensi corrisposti, sono stati assoggettati alla ritenuta d’acconto del 23% sul 50% dell’imponibile, propria dei compensi provvigionali e al pagamento della relativa ritenuta d’acconto utilizzando il Codice tributo 1040. La natura agenziale di queste intese commerciali trova ulteriore conferma nella lettura degli accordi intervenuti tra (…) e i sigg.(…) che evidenziano la comune volontà delle stesse di sentirsi reciprocamente vincolate in modo stabile e continuativo. In tali contratti, al di là del nomen iuris attribuito dalle parti sono identificabili alcuni elementi fondanti richiamai dell’art. 1742 del c.c. quali: – l’incarico di promuovere stabilmente la conclusione di contratti di vendita dei prodotti contrattuali per conto della preponente (premesse); – l’indicazione di una zona determinata nel quale il procacciatore svolge la sua attività promozionale (art. 1); – l’esistenza di una provvigione costante in percentuale sull’incassato riconosciuta sugli affari promossi dal collaboratore ed andati a buon fine (art. 7. Provvigioni); – è fatto obbligo al collaboratore di astenersi dall’assumere altri incarichi di vendita da ditte concorrenti (art. 3 Esclusiva) -l’impegno a visitare la clientela con la dovuta frequenza, ed informare con regolarità la preponente sulle condizioni di mercato della zona, accertare la solvibilità dei clienti ed inviare report trimestrali sulla clientela ed il mercato (art. 4 Obblighi dell’agente); – l’indicazione di un listino con i prodotti commercializzati dalla ditta ed i relativi sconti (art. 5); – il riferimento agli Accordi economici Collettivi ed agli articoli del codice civile relativi al contratto di agenzia (agii artt. 1-10-12) e del termine “agente” per riferire tali collaborazioni. Dal colloquio con il legale rappresentante è emerso che le fatture della sig.ra (…) riguardano attività promozionale svolta in Sicilia. Tuttavia la sig.ra (…) è anche cliente di (…) Gestisce anche due punti vendita di integratori a Palermo che si riferiscono alla sua ditta individuale (…) Si sono acquisite le fatture vendita del 2020 di (…) emesse nei confronti della sig.ra (…) e si sono visionati i riepilogativi dei fatturati vendita dal 2018 al 2021. E’ emerso che l’attività prevalente svolta dalla sig.ra (…) per (…) é quella di fornitore anziché quella di cliente. Per quanto riguarda, inoltre, il sig. (…) si è rilevato, che il percipiente ha indicato su alcune sue fatture provigionali la quota (…) La mandante avrebbe dovuto iscrivere il collaboratore alla (…) e versare la relativa quota (…) trattenuta all’agente. L’agente percepiva anche premi per il raggiungimento degli obiettivi di vendita (es: fati 4 del 6-2-2017), rimborsi spese (es: fatt. nr. (…) del 10-5-2017). In assenza di una lettera d’incarico scritta è utile precisare che un rapporto di agenzia può sussistere anche “di fatto” e che la mancanza di un contratto in forma scritta non è ostativa alla costituzione dello stesso, posto che tale requisito formale è richiesto dall’art. 1742, secondo comma, codice civile ad probationem e non ad substantiam, né può esonerare dagli obblighi contributivi che ne derivano. Di conseguenza, ai fini della riconducibilità del rapporto intercorrente tra le parti, non appare decisiva, diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, l’inesistenza di un contratto di agenzia stipulato in forma scritta. Per, quanto concerne il sig. (…) si è rilevato che la zona in cui il collaboratore svolge la sua attività promozionale riguarda l’Asia ed il Medio Oriente. In relazione alla sottoponibilità dell’agenzia all’obbligo contributivo (…) infine, il verbalizzante ritiene utile precisare quanto segue: l’eccezione in merito all’esenzione di iscrizione del sig.(…) in quanto questi esercita la sua attività promozionale soltanto su mercati esteri, non può essere condivisa. Come più volte specificato dalla stessa (…) infatti, l’art. 2 del Regolamento Istituzionale dell’ente deve essere interpretato in forma estensiva. Nell’obbligo d’iscrizione richiamato dall’art. 2, già previsto dalla L. n. 12 del 1973, per gli agenti che “operano sul territorio nazionale per conto di preponenti italiani o di preponenti stranieri aventi la sede o una qualsiasi dipendenza in Italia”, devono essere ricompresi anche gli agenti italiani operanti in zona estera, per conto di preponenti con sede o dipendenza in Italia, se residenti in I. o aventi sede in Italia, se soggetti societari. Per questi soggetti l’iscrizione e la contribuzione (…) sono obbligatorie proprio perché parte sostanziale della loro attività è pur sempre svolta in Balia, dove non a caso si producono anche gli effetti giuridici rilevanti ai fini della normativa fiscale. Al di là della mera attività promozionale, se i redditi prodotti all’estero si traducono in effetti giuridici rilevanti ai fini della normativa fiscale italiana, se su questi redditi vengono pagati in Italia imposte e tributi, se sono promossi affari utilizzando mezzi telematici dall’Italia, non si vede il motivo per il quale tali soggetti debbano essere esclusi dall’obbligo della contribuzione (…) Dalla documentazione acquisita è emerso che il sig.(…) ha la residenza in I.. Sulle sue fatture è applicata la ritenuta d’acconto quantificata sulle provvigioni pagate. L’ispezionata, quindi, è il sostituto di imposta per le somme dovute al sig.(…) Ulteriormente, dalla visione delle fatture emerge che le stesse sono pagate con bonifici su conto corrente italiano. Da ciò ne consegue che se l’agente risiede in I., ove paga le tasse, l ‘Italia è il centro dei propri interessi economici e fiscali. Pertanto il sig.(…) deve essere iscritto alla (…) Nei casi di specie, quindi, non può che ricorrere l’obbligo d’iscrizione e contribuzione (…) in ragione della durata continuativa e pluriennale dei rapporti, del pagamento delle provvigioni e di tutti gli elementi fin qui considerati, che rendono evidente un significativo e fattivo impegno da parte del collaboratore, ben diverso da quello episodico e liberamente gestibile proprio del procacciatore d’affari. Pertanto alla società viene richiesto il versamento dei contributi F.P., per i sigg.(…) per i periodi e gli importi indicati, nelle distinte che seguono nel corpo del presente verbale, aumentati delle sanzioni civili. Viene quantificato il F.I. peri rapporti attualmente in essere. I versamenti dovranno essere effettuati con le modalità ed entro i termini di cui al successivo Foglio (…). Dalla visione delle Certificazioni uniche redditi dal 2016 al 2020, dei modelli F24 cod. 1040 del 2021, inoltre, non sono emerse ulteriori collaborazioni commerciali che siano riconducibili, secondo chi scrive, per stabilità e continuità, al paradigma dell’art. 1742 del codice civile e, di conseguenza, assoggettabili a contribuzione obbligatoria (…). In particolare sono state acquisite le fatture a campione dei percipienti, identificati nelle C.U. con le causali A a cui la mandante ha corrisposto importi superiori ad Euro 5.000. Trattasi di professionisti la cui attività non è di intermediazione commerciale. In particolare: (…) Il sig.(…) è un preparatore atletico che si occupa di ricerca e sviluppo, come emerge dai contratti di Ricerca, e sviluppo sottoscritti con decorrenza dal 3-1 -2018 e dalle fatture per consulenza fomite. H rapporto del sig. (…) di natura mista negli anni dal 2016 al 2018, è stato qualificato di agenzia negli anni 2016-2017-2018, limitatamente alle sue fatture per provvigioni (ultima fattura provvigionale fatti nr. (…) del 10-12 -2018). A partire dall’anno 2018 il rapporto è stato di natura tecnica. Si è acquisita una relazione tecnica del sig.(…) relativa alla sua attività. Dal 3-1-2022 è diventato dipendente laf. (…) Con il presente verbale, poiché la ditta non ha mai provveduto all’iscrizione del propri agenti (7) (…) presso la Fondazione cosi come stabilito dagli artt. 2 e 3 del Regolamento delle Attività Istituzionali dell’ente si provvede alla quantificazione della sanzione prevista all’art. 40, del Regolamento delle Attività Istituzionali dell’ente secondo cui “il preponente che non provveda all’iscrizione dell’agente o del rapporto di agenzia ovvero non provveda alla comunicazione della cessazione del rapporto, nel rispetto dei termini e modalità di cui a U’articolo 3, è tenuto al pagamento di una sanzione di Euro 250,00 per ciascun agente (…)”.

Nello stesso verbale risulta, quantificata, alla data dell’11/07/2022, la somma dovuta dalla (…) nell’importo complessivo di Euro 70.264,95, di cui Euro 53.991,23 per contributi omessi al F.P., Euro 6.624,19 per versamenti omessi ai F.I. Euro 7.899,53 per sanzioni ex art. 34, comma 2, del Regolamento delle Attività Istituzionali della (…) ed Euro 1.750,00 per sanzioni ex art. 40 del predetto Regolamento.

Pertanto l’ispettore della (…) ha ritenuto sussistere un rapporto di agenzia tra la (…) spa e i seguenti soggetti :(…)

La società ricorrente nell’atto introduttivo ha dichiarato espressamente di “non opporsi a quanto accertato in sede ispettiva” con riferimento ai signori (…) in quanto “i due soggetti svolgono effettivamente attività di agenzia ” (pag.14 e 15 del ricorso).

La (…) nella memoria di costituzione ha dichiarato che “per il signor (…) infine, alla luce delle considerazioni svolte e degli approfondimenti effettuati dalla (…) si è ritenuto non sussistere un rapporto di agenzia, onde la relativa posizione deve essere stralciata rispetto alle richieste di pagamento per contributi e sanzioni inizialmente avanzate per la sua posizione” (pag. 20 della memoria di costituzione).

Occorre, quindi, esaminare la posizione dei rimanenti soggetti:(…)

Si osserva che ai sensi dell’art. 1742, comma 1, c.c. , “Col contratto di agenzia una parte assume stabilmente l’incarico di promuovere, ver conto dell’altra, verso retribuzione, la conclusione di contratti in una zona determinata”.

La Cassazione ha affermato da tempo che “E’ noto che caratteri distintivi del contratto di agenzia sono la continuità e la stabilità dell’attività dell’agente di promuovere la conclusione di contratti per conto del preponente nell’ambito di una determinata sfera territoriale, realizzando in tal modo con quest’ultimo una non episodica collaborazione profiessionale autonoma con risultato a proprio rischio e con l’obbligo naturale di osservare, oltre alle norme, di correttezza e di lealtà, le istruzioni ricevute dal preponente medesimo; invece il rapporto di procacciatore d’affari si concreta nella più limitata attività di chi, senza vincolo di stabilità ed in via del tutto episodica, raccoglie le ordinazioni dei clienti, trasmettendole all’imprenditore da cui ha ricevuto l’incarico di procurare tali commissioni; mentre la prestazione dell’agente è stabile, avendo egli l’obbligo di svolgere l’attività di promozione dei contratti, la prestazione del procacciatore è occasionale nel senso che dipende esclusivamente dalla sua iniziativa” (Cass. sez. lav. ordin. n. 16565/2020 del 31.7.2020, conforme Cass. sez. lav. sent. n.20322/2013 del 4.9.2013).

Anche di recente la Suprema Corte ha ribadito che “caratteri distintivi dell’agenzia rispetto al procacciamento di affari .. in estrema sintesi, sono da individuare nella continuità e stabilità dell’attività dell’agente e nella mancanza di vincolo di stabilità e nell’episodicità o occasonalità dell’attività di procacciatore di affari (cfr. fra le più recenti Cass. n. 22524/2021Cass. n. 801/2021Cass. 16565/2020Cass. n. 10055/2016)” (Cass. sez. lav. ordin. n. 35740 del 6.12.2022).

E ancora: “Occorre ribadire il principio, condiviso e consolidato, secondo il quale i caratteri distintivi del contratto di agenzia sono la continuità e la stabilità dell’attività dell’agente di promuovere la conclusione di contratti per conto del preponente nell’ambito di una determinata sfera territoriale, realizzando in tal modo con quest’ultimo una non episodica collaborazione profiessionale autonoma, con risultato a proprio rischio e con l’obbligo naturale di osservare, oltre alle norme di correttezza e di lealtà, le istruzioni ricevute dal preponente medesimo; invece il rapporto di procacciatore d’affari si concreta nella più limitata attività di chi, senza vincolo di stabilità ed in via del tutto episodica, raccoglie le ordinazioni dei clienti, trasmettendole all’imprenditore da cui ha ricevuto l’incarico di procurare tali commissioni; mentre la prestazione dell’agente è stabile, avendo egli l’obbligo di svolgere l’attività di promozione dei contratti, la prestazione del procacciatore è occasionale nel senso che dipende esclusivamente dalla sua iniziativa (così. Cass. n. 19828 del 28/08/2013, Cass. n. 13629 del 24/06/2005). Ne consegue che il, rapporto di agenzia e il rapporto di procacciamento di affari non si distinguono solo per il carattere stabile del primo e facoltativo del secondo, ma anche perchè il rapporto di procacciamento di affari è episodico, ovvero limitato a singoli affari determinati è occasionale, ovvero di durata limitata nel, tempo ed ha ad oggetto la mera segnalazione di clienti o sporadica raccolta di ordini e non l’ attività promozionale stabile di conclusione di contratti…” (Cass. sez. lav. sent. n. 1856 del 1.2.2016).

La Cassazione in materia ha, altresì, precisato che il contratto di agenzia non può essere escluso valorizzando l’assenza del vincolo previsto dall’art. 1743 cod. civ., perché il diritto di esclusiva integra un elemento naturale, non essenziale, del contratto, che può essere derogato dalle parti espressamente o per facta concludentia (cfr.Cass. n. 21203/2007Cass. n. 17063/2011), e che ” l’assenza di assegnazione di una specifica zona non è elemento determinante per escludere il contratto di agenzia (vedi Cass. n. 18303/2007)” (Cass. sez. lav. sent. n. 10055 del 17.5.2016).

ostacolo nel fatto che l’atto di conferimento dell’incarico non abbia designato espressamente e formalmente la zona nella quale l’incarico deve essere espletato, ove tale indicazione sia evincibile dal riferimento all’ambito territoriale nel quale le parti incontestabilmente operano” (Cass. sez. lav. sent. n.20322 del 04/09/2013).

Pertanto, rilevato che la Cassazione ha stabilito che l’assegnazione di una specifica zona non è elemento determinante per escludere il contratto di agenzia, occorre evidenziare che, in ogni caso, per “zona determinata” nella quale l’incarico deve essere espletato deve intendersi non solo la zona geografica, ma anche la porzione di mercato, che nel caso dell’influencer è determinata dalla comunità dei followers che lo seguono.

E’ stato, inoltre, precisato che ” Nel contratto di agenzia la prestazione dell’agente consiste in atti di contenuto vario e non predeterminato che tendono tutti alla promozione della conclusione di contrarti, in una zona determinata per conto del preponente, quali il compito di propaganda, la predisposizione dei contratti, la ricezione e la trasmissione delle proposte al preponente per l’accettazione; l’attività tipica dell’agente di commercio non richiedo, quindi, necessariamente la ricerca del cliente ed è sempre riconducibile alla prestazione dedotta nel contratto di agenzia anche quando il cliente, da cui proviene la proposta di contratto trasmessa dall’agente, non sia stato direttamente ricercato da quest’ultimo ma risulti acquisito su indicazioni del preponente (o in qualsiasi altro modo), purchè sussista nesso di causalità tra l’opera promozionale svolto dall’agente nei confronti, del cliente e la conclusione dell’affare cui si riferisce la richiesta di provvigione ” (Cass. sez. lav. sent. n.20453 del 02/08/2018).

Infine occorre rilevare che la Cassazione ha stabilito, in materia di caratteri distintivi dell’agenzia rispetto al procacciamento di affari, che “le presunzioni semplici costituiscono una prova completa alto quale il giudice del merito può attribuire rilevanza anche in via esclusiva ai fini della formazione del proprio convincimento, purché “il fatto ignoto sia – di regola – desunto da una pluralità, di indizi gravi, precisi e univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza” ed il procedimento logico sia articolato ” nei due momenti della previa analisi di tutti gli elementi indiziari, onde scartare quelli irrilevanti, e nella successiva valutazione complessiva di quelli cosi isolati, onde verificare se siano concordanti e se la loro combinazione consenta una valida prova presuntiva (c.d. convergenza del molteplice), non raggiungibile, invece, attraverso un’analisi atomistica degli stessi” ( Cass. n. 9054/2022);. “(Cass. sez. lav. ordin. n. 35740 del 6.12.2022).

Si osserva che l’introduzione di nuovi mezzi e tecniche di vendita ha rivoluzionato il modo in cui i consumatori interagiscano con i prodotti o i servizi. Web e social network, si configurano, oggi, come un nuovo ed ulteriore strumento per fare promozione attraverso gli influencer.

Com’è noto Vinfluencer è un soggetto che è in grado di influenzare le opinioni e gli atteggiamenti di altre persone, in ragione della sua reputazione e autorevolezza rispetto a determinate tematiche o aree di interesse.

Si tratta di figure professionali che, grazie alla loro popolarità e alla capacità di fidelizzare i propri follower, diventano strumento di comunicazione del brand influenzando (promuovendo) le scelte d’acquisto del proprio pubblico. La promozione non avviene in maniera “tradizionale” ma, con le nuove tecnologie.

In particolare, il marketing influencer è un esperto di settore che, con i propri post, permette di offrire maggiore visibilità a prodotti o servizi da lui promossi, avvalendosi dei canali web che ritiene più opportuni ed adeguati (Instagram, Youtube, Facebook, un blog personale, etc.).

L’influencer proprio per il molo determinante che svolge all’interno dei processi comunicativi, viene spesso incaricato dalle imprese del settore in cui esso opera, di pubblicizzare i loro prodotti, andando così a svolgere un’attività promozionale delle vendite, che viene retribuita tramite il pagamento di un compenso.

Con il contratto di influencer; quindi, l’azienda persegue lo scopo di far diventare propri clienti i followers dell’influencer.

Nel caso dell’influencer risulta del tutto irrilevante il modo attraverso il quale egli induca i suoi followers all’acquisto, non essendo necessario che si rivolga individualmente a ciascuno di loro presentando le caratteristiche del prodotto, il prezzo, sollecitandone l’acquisto, atteso che nel mondo web la promozione di prodotti viene assicurata attraverso la pubblicazione sui vari social da parte influencer di contenuti (post o stories) destinati alla platea dei propri followers.

Risulta documentalmente che la (…) spa ha sottoscritto analoghi accordi con i signori (…) nella loro qualità di “influencer”.

Occorre, quindi, verificare se 1 “influencer che svolge un’attività di promozione delle vendite dietro retribuzione di un corrispettivo, possa essere considerato agente di commercio.

Si osserva che oggetto dell’accordo stipulato tra la società ricorrente e i signori (…) di analogo tenore, è il seguente:” L’influencer dovrà promuovere per conto nostro prodotti del brand di proprietà di (…) srl sulle pagine socio media e siti web di proprietà dell’influencer, indicando nelle proprie pagine web il codice personalizzato a titolo esemplificativo (…) “(art. 1.1).

L’att. 2 dell’Accordo definisce il corrispettivo:” 2.1. Le Parti convengono che, per ogni singalo ordine Rettamente procurato e andato a buon fine. l’influencer avrà diritto di percepire dalla Società un concerno nella misura del 10% detratta delle spese di spedizione”; nel contratto del solo sig. (…) risulta aggiunto:”. 2.2 Verrà inoltre corrisposto un compenso di Euro 100,00 per agni articolo/contenuto pubblicato in rete per un massimo di 10 mensili, previa approvazione dell’Azienda. 2.3 La liquidazione del compenso avverrà mensilmente, previa ricezione fattura, relativamente al fatturato generato nel mese, con pagamento entro la terza settimana del mese successivo”.

Il successivo art. 3 indica le modalità di svolgimento dell’attività:” L’influencer svolgerà la propria attività in piena indipendenza ed autonomia, con tutta la dovuta diligenza, perizia e cura, senza alcun obbligo di attività minima né obblighi di risultati minimi”.

L’art. 7 indica la durata:”7.1. Il presente contratto entra in vigore il giorno… /1.1.2020 quanto al sig. (…) 1.2.2020 quanto ai signori (…)). si intende, a tempo, indeterminato e potrà essere risolto in qualsiasi momento da ciascuna delle parti con un preavviso di 15 giorni, da comunicarsi mediante e-mail”.

Deve escludersi che nel caso di specie, con riferimento ai suindicati soggetti si sia trattato di un rapporto di procacciamento di affari del tutto episodico, ovvero limitato a singoli affari determinati, occasionale, ovvero di durata limitata nel tempo, trattandosi, invece, di attività riconducibile al rapporto di agenzia.

Alla luce della documentazione versata in atti ed esaminata dall’ispettore della (…) risulta una pluralità di indizi, gravi, precisi ed univoci, idonei a rimostrare nel caso di specie gli elementi della stabilità e della continuità, tipici dell’agenzia di cui all’art. 1742 e ss. c.c., e cioè:

– lo scopo del contratto stipulato con l’influencer, che non è di mera propaganda ma è quello di vendere i prodotti promossi direttamente ai followers di quei influencer, tanto che il follower in sede di acquisto deve inserire il codice di sconto personalizzato associato all’influencer, raggiungibile unicamente attraverso le pagine sodai dell’influencer-, pertanto ogni volta che un acquisto avviene effettuato attraverso quel codice, il relativo ordine viene contrattualmente considerato come direttamente procurato dall’influencer;

– la presenza di una zona determinata, che ben può essere intesa come comunità dei followers dell’influencer, che acquistano i prodotti della società mediante il codice sconto personalizzato dell’influencer;

– il vincolo di stabilità documentalmente provato dalla presenza di estratti conto contabili delle provvigioni ricevute dagli influencer e dalla sistematica emissione dì fatture per una serie indeterminata di affari procurati attraverso l’attività promozionale svolta sui social e siti web compensati con la percentuale stabilita in contratto; tale vincolo risulta ulteriormente confermato quanto al sig. (…) dalla ulteriore previsione di un compenso fisso per ogni contenuto promozionale pubblicato sul web;

– la durata del contratto, stipulato a tempo in determinato, nell’ottica quindi di un rapporto stabile e predeterminato.

Risulta irrilevante che l’influencer non sia destinatario di direttive ed istruzioni, atteso che il mercato in questione, nel mondo web, è altamente standardizzato, l’acquisto si effettua con un “click” e le condizioni di vendita sono fissate una volta per tutte.

Quanto al termine di preavviso previsto (15 giorni) inferiore a quello previsto in materia di agenzia dall’art. 1750 c.c., si osserva che la Cassazione ha chiarito che ” In tema di contratto di agenzia, la mancata concessione del termine, di preavviso, ovvero to concessione di un termine inferiore, a quello dovuto^ non travolge né rende invalido il recesso come manifestazione di volontà, di porre fine ai rapporto; in tale caso, infatti, la clausola nulla viene sostituita di diritto dalla norma imperativa che impone la concessione del preavviso (art. 1419, secondo comma, cod. civ.)” (Cass. sez. 2 sent. n. 4149 del 15/03/2012).

Risulta del tutto irrilevante ai fini di causa, oltre che indimostrata, la circostanza, dedotta dalla ricorrente, che l’attività di influencer svolta dai soggetti in questione non sar ebbe prevalente.

Non risulta dimostrato che il sig. (…) risiede nel Regno Unito e che pertanto (…) non avrebbe alcuna potestà impositiva nei confronti delle attività del medesimo ” (pag. 22 del ricorso).

Al riguardo si osserva che nessuna prova in tal senso emerge dalla mera indicazione nelle fatture di un indirizzo estero del sig. (…) (doc. 12 e 13 fase, ricor.), atteso peraltro che dalla visura camerale del 10.2.2023 emerge che il sig. (…) è domiciliato a Roma (doc.13 fase. conv.).

Gli evidenziati plurimi elementi, gravi, precisi ed univoci, denotano la sussistenza di un rapporto consolidato nel corso di svariati anni, non di natura episodica ed occasionale, non circoscritto a singoli affari occasionalmente segnalati, ma relativo ad una pluralità’ di affari procurati alla ricorrente dai tre influencer di cui al verbale ispettivo, i quali hanno percepito provvigioni solo al buon fine, come avviene nel rapporto di agenzia.

Pertanto risultano sussistere nel caso di specie gli elementi della stabilità e della continuità, tipici dell’agenzia di cui all’art. 1742 e ss. c.c. con riferimento ai signori (…)

Risulta, quindi, fondata la pretesa della (…) Quanto alla posizione del sig. (…) la ricorrente ha dedotto che “Il contratto con (…) dal 2019 al 2020, a cui fa riferimento l’ispettore (Doc. 24) che rimanda purtroppo alla forma del contratto di agenzia, è state usato erroneamente, dalla società, che ha adottato un facsimile scaricato da internet, ne ha cambiato il titolo e l’ha adattato, è però di tutta evidenza la non coincidenza tra quanto in esso riportato e l’effettiva prestazione di consulenza che è sempre stata retribuita secondo un fisso mensile, senza alcun riferimento a una percentuale riferibile ad attività promozionali di alcun tipo, infatti, il sig. (…) come già riportate sopra, non ha mai potuto concludere o promuovere contratti di vendita ” (pag. 29 dei ricorso).

Pertanto la ricorrente ha dedotto che è stato usato erroneamente un fac simile di un contratto di agenzia scaricato da internet, limitandosi a dedurre genericamente “la non coincidenza tra guanto in esso riportato e l’effettiva prestazione di consulenza che è sempre stata retribuita secondo un fisso mensile”.

Nessuna prova documentale ha fornito la ricorrente circa l’asserito compito che, di fatto, avrebbe sempre avuto il sig. (…)” di analizzare l mercati e di capire in quali aree potesse essere più opportuno cercare di entrare con i prodotti (…) (pag. 31 dei ricorso), limitandosi “ad affiancare ed assistere la società nei rapporti con i clienti, nei mercati di riferimento ” (pag. 29 del ricorso).

La prova per testi articolata al riguardo risulta genericamente articolata (pag. 35 e 36 del ricorso)e, pertanto, non è stata ammessa.

Quanto alla continuità e stabilità dell’incarico, si osserva che l’ispettore verbalizzante ha accertato che “il sig. (…) ha collaborate per (…) dal 2019 emettendo nr. 31 fatture per un totale di Euro 15.000 nel 2019; Euro 87.795,00 nei 2020; Euro 30.000 nei 2021”. Peraltro risulta significativa della stabilità dell’incarico la fattura n. (…) del 16.07.2020 per la quale il signor (…) ha percepito il considerevole importo di Euro. 57.795,00 a titolo di “prestazioni di intermediazione commerciale relativa dal 07/2019 al 06/2020” (doc. n. 26 (…)

Per ciò che conceme la richiesta relativa a HRR si osserva che la Cassazione ha stabilito che gli “Accordi Economici Collettivi del 17.7.1957 e del 13.10.1958 sono stati recepita rispettivamente, nel D.P.R. 16 gennaio 1961, n. 145 e nel D.P.R. 26 dicembre 1960, n. 1842 ed hanno, pertanto, acquisito efficacia erga omnes” (Cass. sez. lav. sent. n. 6264 del 31.3.2016).

In merito alla quantificazione dei contributi e sanzioni dovute dalla ricorrente, quest’ultima non ha mosso alcuna specifica contestazione.

Con il verbale conclusivo di accertamento ispettivo dell’11.07.2022 è stato richiesto il pagamento delle sanzioni calcolate in misura ridotta ex art. 34, comma 2, del Regolamento, ma il pagamento che giustificava tale riduzione non è stato effettuato nel termine previsto, con conseguente applicazione delle sanzioni di cui al comma 1 dell’art. 34.

Il dettagliato calcolo aggiornato delle somme dovute per contributi e sanzioni, minuziosamente descritto nella memoria difensiva e nel prospetto di cui al doc. n.36) prodotto dalla convenuta, risulta effettuato nel li spetto della normativa di riferimento.

E’ infondala l’eccezione di prescrizione sollevata dalla ricorrente.

Invero, il termine di riferimento per il versamento dei contributi previdenziali e conseguenti sanzioni (…) è la data ultima entro la quale ricorre l’obbligo del versamento medesimo.

L’art.8, comma 3, del vigente Regolamento delle Attività Istituzionali prevede che i contributi obbligatori debbano essere versati trimestralmente, entro il giorno 20 del secondo mese successivo alla scadenza di ciascun trimestre. Conseguentemente, i versamenti previdenziali afferenti al II trimestre dell’anno debbono essere effettuati entro il 20 agosto dell’anno in corso.

Tale scadenza è il termine da cui far decorrere la prescrizione quinquennale, ovvero dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere.

Nel caso si specie il versamento dei contributi afferenti al n trimestre 2017 avrebbe dovuto essere effettuato entro il 20 agosto dello stesso anno, sicché il verbale di accertamento, notificato in data 11.7.2022, è stato tempestivamente notificato nel termine utile per evitare il maturare della pre scrizione.

Quanto al F.I. la prescrizione è decennale (cfr. Cass. sez. lav. orditi, n. 22523 dei 9.8.2021), termine non maturato alla data dì notifica del verbale di accertamento.

Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere respinto.

In conseguenza, in accoglimento della domanda ri convenzionai e avanzata dalla (…) la società ricorrente deve essere condannata al pagamento in favore della (…) sulla scorta del predetto verbale di accertamento ispettivo, del complessivo importo aggiornato di complessivi Euro 90.590,69, di cui: Euro 52.820,69 a titolo di contributi omessi al F.P.; Euro 28.185,38 a titolo di sanzioni ex art. 34 comma 1 del Regolamento delle Attività Istituzionali della (…) Euro 1.341,66 a titolo di interessi di mora ex art. 37 del Regolamento delle Attività Istituzionali della (…) sanzioni ed interessi di mora calcolati sui contributi omessi al F.P. alla data del 14.2.2023; Euro 1500,00 per sanzione ex art. 40 del Regolamento delle Attività Istituzionali della (…) Euro. 6.624,19 a titolo di omessi versamenti al F.I.; Euro 118,77 a titolo di interessi di mora calcolati alla data del 14.2.2023 sulle somme omesse a titolo di F.LKR.; oltre interessi legali a far data dal 15.2.2023 fino al saldo.

Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo in calce.

P.Q.M.

1) respinge il ricorso;

2) in accoglimento della domanda ri convenzionai e condanna la società ricorrente, in persona del legale rappresentante pro-tempore, al pagamento in favore della (…) del complessivo importo di complessivi Euro 90.590,69, di cui: Euro 52.820,69 a titolo di contributi omessi al F.P.; Euro 28.185,38 a titolo di sanzioni ex art. 34 comma 1 del Regolamento delle Attività Istituzionali della (…) Euro 1.341,66 a titolo di interessi di mora ex art. 37 del Regolamento delie Attività Istituzionali della (…) sanzioni ed interessi di mora calcolati sui contributi omessi al F.P. alla data del 14.2.2023; Euro 1500,00 per sanzione ex art. 40 del Regolamento delle Attività Istituzionali della Euro.

6.624,19 a titolo di omessi versamenti al F.I.; Euro 118,77 a titolo di interessi di mora calcolati alla data del 14.2.2023 sulle somme omesse a titolo di F.I.; oltre interessi legali a far1 data dal 15.2.2023 fino al saldo;

3) condanna la società ricorrente al pagamento delle spese di lite che liquida in complessivi Euro 4.831,00 di cui Euro 4.201,00 per compensi ed Euro 630,00 per spese, oltre iva e epa.

Conclusione

Così deciso in Roma, il 4 marzo 2024.

Depositata in Cancelleria il 4 marzo 2024.

CASSAZIONE – Licenziamento illegittimo se le contestazioni sono tratte dal telepass in uso al dipendente.

Illegittimo il licenziamento, se le contestazioni sono tratte dal telepass in uso al dipendente e se manca la previa informativa circa il possibile uso disciplinare dell’apparato ed il giustificato sospetto circa la commissione di illeciti.

Cassazione Sezione Lavoro 3.6.2024 n.15391

Il datore di lavoro non può procedere ad irrogare un licenziamento disciplinare sulla base delle mere risultanze del telepass, senza allegare prima e provare le circostanze che lo hanno spinto ad attivare il controllo mediante l’apparato tecnologico in dotazione al proprio dipendente.

Il telepass apposto sull’autovettura aziendale deve considerarsi un controllo tecnologico finalizzato alla tutela dei beni aziendali e solo a seguito di un fondato sospetto circa la commissione di un illecito, possono dar luogo a controlli disciplinari.

Quindi, la legittimità dei controlli ed. difensivi in senso stretto presuppone il “fondato sospetto” del datore di lavoro circa comportamenti illeciti di uno o più dipendenti, ed è stato, quindi, specificato che spetta al datore di lavoro l’onere di allegare, prima, e di provare, poi, le specifiche circostanze che l’hanno indotto ad attivare il controllo tecnologico ex post, sia perché solo il predetto sospetto consente l’azione datoriale fuori del perimetro di applicazione diretta dell’art. 4 st. lav., sia perché, in via generale, incombe sul datore, ex art. 5 L. n. 604 del 1966, la dimostrazione del complesso degli elementi che giustificano il licenziamento (Cass., sez. lav., 26.6.2023, n. 18168).

Ritiene quindi la Cassazione come la società non abbia fornito la prova di aver rispettato gli adempimenti indicati” all’articolo 4 della legge 300/70 , non avendo fornito nella corrispondenza e nell’informativa intercorsa con il dipendente alcun  riferimento al telepass sistemato sull’autovettura in dotazione al A.A.

Appare quindi chiaro come l’azienda non abbia rispettato la disposizione di cui all’art. 4, comma 3, L. n. 300/1970, facendone discendere l’inutilizzabilità dei dati attinti attraverso tale apparecchio che consegue al non aver assolto l’obbligo di adeguata informazione del lavoratore ivi sancito.

Ne deriva che i dati provenienti da apparecchiature telefoniche in dotazione al lavoratore non possono essere utilizzati per un controllo generico della protezione.

Il loro utilizzo principale è finalizzato alla protezione del patrimonio aziendale.

Il controllo di natura disciplinare può scattare esclusivamente previa informativa di tale eventualità ed a fronte di giustificato e dimostrabile sospetto circa la commissione di illeciti.

Utilizzo improprio dei permessi di cui alla legge 104/92 e licenziamento

L’utilizzo improprio dei permessi di cui alla legge 104/92 può giustificare il licenziamento del lavoratore.

È legittimo l’utilizzo dell’opera di un’agenzia investigativa qualora finalizzato a confermare i sospetti di un uso fraudolento dei permessi. Conferma questo orientamento una recente ordinanza della Corte di Cassazione (Cass. civ., Sez. lavoro, Ordinanza, 12/03/2024, n. 6468).

Cosa accade e cosa può fare il datore di lavoro di fronte ad un utilizzo dei permessi di cui alla legge 104/92 non coerente con le finalità della legge?

La fattispecie.

L’articolo 33 della legge 104/1992 comma 3 e 3 bis così stabilisce:

  1.   Il lavoratore dipendente, pubblico o privato, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa, per assistere una persona con disabilità in situazione di gravità, che non sia ricoverata a tempo pieno, rispetto alla quale il lavoratore sia coniuge, parte di un’unione civile ai sensi dell’articolo 1, comma 20, della legge 20 maggio 2016, n. 76, convivente di fatto ai sensi dell’articolo 1, comma 36, della medesima legge, parente o affine entro il secondo grado. In caso di mancanza o decesso dei genitori o del coniuge o della parte di un’unione civile o del convivente di fatto, ovvero qualora gli stessi siano affetti da patologie invalidanti o abbiano compiuto i sessantacinque anni di età, il diritto è riconosciuto a parenti o affini entro il terzo grado della persona con disabilità in situazione di gravità. Fermo restando il limite complessivo di tre giorni, per l’assistenza allo stesso individuo con disabilità in situazione di gravità, il diritto può essere riconosciuto, su richiesta, a più soggetti tra quelli sopra elencati, che possono fruirne in via alternativa tra loro. Il lavoratore ha diritto di prestare assistenza nei confronti di più persone con disabilità in situazione di gravità, a condizione che si tratti del coniuge o della parte di un’unione civile di cui all’articolo 1, comma 20, della legge 20 maggio 2016, n. 76, o del convivente di fatto ai sensi dell’articolo 1, comma 36, della medesima legge o di un parente o affine entro il primo grado o entro il secondo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con disabilità in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.

3-bis.    Il lavoratore che usufruisce dei permessi di cui al comma 3 per assistere persona in situazione di handicap grave, residente in comune situato a distanza stradale superiore a 150 chilometri rispetto a quello di residenza del lavoratore, attesta con titolo di viaggio, o altra documentazione idonea, il raggiungimento del luogo di residenza dell’assistito”.

Quindi la legge 104/92 impone al datore di lavoro un sacrificio ed un limite alla propria attività ed alla naturale corrispettività del rapporto di lavoro, sacrificio finalizzato a ragioni di solidarietà sociale a favore del lavoratore chiamato ad assistere un proprio familiare gravemente invalido.

In sostanza, l’assenza dal lavoro e la mancata prestazione trovano ragione e giustificazione in base alla stretta attinenza con tale finalità.

Al di fuori di tali limiti, si concretizza una condotta del lavoratore idonea a determinate condizioni di gravità a giustificare il licenziamento.

L’ipotesi disciplinare.

L’orientamento della Corte di Cassazione e dei giudici di merito è quello di ravvisare l’ipotesi disciplinare del licenziamento, ogniqualvolta non sussista uno stretto nesso causale tra l’attività svolta dal lavoratore nel corso del permesso e le necessità dell’assistito.

Ciò significa in primo luogo che non sussiste il nesso causale allorquando il lavoratore utilizzi il permesso per riposarsi dall’attività di assistenza prestata. Non è pertanto consentito un riposo che potrebbe definirsi “compensativo” dell’assistenza prestata in altri momenti, Non sussiste inoltre in tutti i casi in cui il lavoratore utilizzi il tempo concessogli per finalità che alcuna attinenza hanno con l’opera di assistenza.

Sussiste invece, il nesso e la giustificazione laddove il dipendente risulti assente per effettuare compere o commissioni per conto dell’assistito.

Non sussiste l’ipotesi disciplinare allorquando il lavoratore si sia momentaneamente assentato per una necessità urgente ed imprevista.

L’ipotesi di utilizzo fraudolento dei permessi qualora grave per durata o intenzionalità o reiterazione, giustifica il licenziamento per giusta causa.

Minimi discostamenti tra tempo di assistenza e durata del permesso ove contenuti e non reiterati possono dar luogo a sanzioni disciplinari minori.

Si fa presente che anche la mancata comunicazione dell’avvenuto ricovero dell’assistito che in base all’articolo 33 fa venir meno il diritto all’assistenza può costituire mancanza disciplinare che nei casi più gravi può dar luogo anche al licenziamento.

Come procedere.

L’accertamento.

L’onere di provare l’utilizzo improprio dei permessi grava sul datore di lavoro.

Normalmente gli accertamenti è consigliabile siano affidati ad una agenzia investigativa.

Sul punto meritano attenzione alcune cautele.

Se l’agenzia investigativa non può verificare e controllare l’effettuazione della prestazione del dipendente, essa può invece indagare condotte truffaldine che arrechino pregiudizio all’azienda.

Quindi ben potrà l’agenzia investigativa verificare la presenza e l’attività del lavoratore in permesso per fornire l’assistenza di cui alla legge 104/92.

Si ritiene però da molte parti che l’attività investigativa sia comunque soggetta alla disciplina in materia di trattamento dei dati e quindi, secondo quanto disposto dall’articolo 4 n.1 e 2 del Regolamento 679/2016 – GDPR, l’investigatore potrà agire solo sulla base di concreti sospetti.

Si consiglia pertanto di dare atto di un tanto nella lettera con la quale viene conferito l’incarico all’agenzia investigativa sulla base di rilevati e concreti sospetti.

Alla fine della propria attività, l’investigatore dovrà redigere una relazione con i nominativi degli accertatori che potranno essere indicati in qualità di testi nell’eventuale procedimento di impugnazione del licenziamento.

La contestazione.

La procedura disciplinare di licenziamento è imperniata sulla lettera di contestazione che in apertura del procedimento deve essere inviata all’incolpato.

Si ricorda che per la validità del procedimento, la contestazione di addebito deve individuare in maniera chiara e specifica il fatto in merito al quale il lavoratore è chiamato a discolparsi.

Quindi dovranno essere indicate le giornate e l’ora di assenza dagli incombenti di cui alla legge 104/92 e preferibilmente anche le attività svolte in luogo della dovuta assistenza.

Molta attenzione dovrà essere posta alle giustificazioni poste dal lavoratore per verificare se siano idonee o meno a smentire l’esito degli accertamenti svolti.

Fabio Petracci

CASSAZIONE: Rapporto di lavoro ed invenzioni: azione di indebito arricchimento da parte di consulente nei confronti della Pubblica Amministrazione.

La Corte di Cassazione, con la pronuncia n. 7178/2024 interviene sul caso di un medico che aveva maturato negli Stati Uniti adeguata competenza nel campo dell’informatica medica e svolgeva una collaborazione con la ASL n.6 di Palermo.

Contestualmente ed al di fuori dell’oggetto della consulenza, egli aveva realizzato per la ASL medesima un programma denominato Sistema Informativo 2004 – 2005.

Egli peraltro non aveva ricevuto formale incarico alcuno dall’amministrazione che riteneva di non dovergli compenso alcuno non risultando incarico alcuno formalizzato.

Il consulente quindi conveniva in giudizio l’amministrazione ritenendo sussistente un indebito arricchimento della medesima.

La domanda era accolta dal Tribunale di Palermo, ma successivamente, la Corte d’Appello in riforma della sentenza del Tribunale, rigettava la domanda.

Avverso quest’ultima sentenza era interposto ricorso innanzi alla Corte di Cassazione.

La suprema Corte individua il tema della decisione nel fatto che secondo la ASL sarebbe stato pattuito con il consulente un surplus di orario che avrebbe compensato l’opera resa in ambito informatico definibile come un’invenzione aziendale resa da un prestatore autonomo.

Secondo invece il consulente, l’opera sarebbe stata resa a seguito del conferimento di un diverso e complesso incarico professionale.

Premette la Cassazione che i rapporti con la Pubblica Amministrazione richiedono, per la loro instaurazione, la forma scritta che nel caso di specie risulta assente.

Nel caso di specie, l’opera di carattere informatico doveva ritenersi incompatibile con l’attività di medico di guardia a fronte della quale risultava erogato lo straordinario.

La difesa della ASL è inoltre incentrata sul fatto che il consulente avrebbe dovuto agire in forza dell’articolo 64 del DLGS 30/2005 che tutela le invenzioni nell’ambito del rapporto di lavoro.

La Cassazione sul punto dubita che un software possa considerarsi brevettabile.

Ritiene inoltre che altre normative concorrenti a tutela delle opere dell’ingegno non siano applicabili al caso di specie in quanto non trattasi di lavoro dipendente e non è accertato che l’opera fosse brevettabile.

Essa pertanto ritiene come l’unica azione esperibile sia nel caso di specie quella per ingiustificato arricchimento, in quanto l’azione teoricamente esperibile per l’inadempimento contrattuale trovava il proprio limite nella mancanza di forma scritta da parte della pubblica amministrazione.

In tal senso, la Cassazione ha richiamato la sentenza delle Sezioni Unite della medesima Corte del 5 dicembre 2023 la quale ha affermato che “Ai fini della verifica del rispetto della regola di sussidiarietà di cui all’art. 2042 c.c., la domanda di arricchimento è proponibile ove la diversa azione, fondata sul contratto, su legge ovvero su clausole generali, si riveli carente ab origine del titolo giustificativo”.

Viceversa, resta preclusa nel caso in cui il rigetto della domanda alternativa derivi da prescrizione o decadenza del diritto azionato, ovvero nel caso in cui discenda dalla carenza di prova circa l’esistenza del pregiudizio subito, ovvero in caso di nullità del titolo contrattuale, ove la nullità derivi dall’illiceità del contratto per contrasto con norme imperative o con l’ordine pubblico.

In tema di invenzioni nell’ambito del rapporto di lavoro si ricordano le disposizioni contenute nel codice civile e nelle leggi speciali.

Il primo accenno va all’articolo 2590 del codice civile laddove è stabilito che Il prestatore di lavoro ha diritto di essere riconosciuto autore dell’invenzione fatta nello svolgimento del rapporto di lavoro I diritti e gli obblighi delle parti relativi all’invenzione sono regolati da leggi speciali, il c.d. Codice della proprietà industriale (DLGS 30/2005).

La legge stabilisce inoltre che tale disposizione si applica a tutti i datori di lavoro sia privati che pubblici (vedasi articoli 64 – 65 del DLGS 30/2005).

Essa in base all’articolo 4 della legge 81/2017 trova applicazione anche al lavoro para – subordinato.

Le invenzioni debbono essere brevettabili.

Si distinguono per quanta riguarda le invenzioni da lavoro le invenzioni di servizio che costituiscono oggetto del contratto e conferiscono al datore di lavoro il diritto ad avvalersi dei benefici dell’invenzione stessa.

Per quanto riguarda invece le cosiddette invenzioni di azienda (invenzioni avvenute avvalendosi del ruolo e dell’attività aziendale, ma non oggetto di contratto) spetta al lavoratore un equo compenso, ma l’invenzione è acquisita dal datore di lavoro.

Le invenzioni cosiddette occasionali sono quelle realizzate in occasione del rapporto di lavoro, ma senza collegamento alcuno con l’attività lavorativa.

Al datore di lavoro è riconosciuto un diritto di opzione per l’uso esclusivo, con diritto per l’inventore di ottenere i diritti patrimoniali conseguenti allo sfruttamento economico dell’invenzione.

Fabio Petracci

Cassazione – Giustificato Motivo Oggettivo – Soppressione della posizione lavorativa – Obbligo di Repechage.

Incombe sul datore di lavoro, in quanto ormai facoltizzato a dequalificare il lavoratore nel caso di soppressione del posto di lavoro e delle mansioni svolte, di fornire la prova dell’impossibilità di procedere alla dequalificazione del medesimo allo scopo di mantenergli il posto di lavoro.

Il testo integrale della sentenza della Corte di Cassazione.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO LUCIA – Presidente

Dott. PATTI ADRIANO PIERGIOVANNI – Consigliere

Dott. GARRI FABRIZIA – Consigliere

Dott. AMENDOLA FABRIZIO – Rel. Consigliere

Dott. CASO FRANCESCO GIUSEPPE LUIGI – Consigliere

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso 12532-2020 proposto da:

A.A., elettivamente domiciliata in ROMA, Vi.Co. 2, presso lo studio dell’avvocato FILIPPO AIELLO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGM S.R.L., già AGM S.A.S. di B.B. & C., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA De.Tr. 8, presso lo studio degli avvocati MARCO MARAZZA, MAURIZIO MARAZZA, DOMENICO DE FEO, che la rappresentano e difendono;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 943/2020 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 23/03/2020 R.G.N. 4181/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consigli del 29/11/2023 dal Consigliere Dott. FABRIZIO AMENDOLA

Svolgimento del processo

RILEVATO CHE

  1. la Corte di Appello di Roma, con la sentenza impugnata, in riforma della pronuncia di primo grado resa all’esito di un procedimento ex lege n. 92 del 2012, ha respinto l’impugnativa del licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimato il 18 maggio 2016 a A.A. dalla AGM S.a.s. di B.B. & C.;
  2. la Corte, premesso che alla dipendente erano affidate le mansioni di centralinista e che gli ulteriori compiti alla stessa attribuiti rivestivano il carattere di residualità e di occasionalità, ha ritenuto che, “da un lato, l’introduzione del sistema automatico di risposta telefonica, sia stato posto legittimamente dalla società quale elemento organizzativo produttivo integrante l’ipotesi di motivo oggettivo del licenziamento intimato, posto che, all’evidenza l’attività di smistamento delle telefonate è divenuta per la società non più proficuamente utilizzabile e, dall’altro, che le mansioni residuali ben potessero essere redistribuite all’interno dell’Ufficio”;
  3. “quanto all’adempimento dell’obbligo del repechage”, la Corte ha affermato che, “se e vero che l’onere probatorio della impossibilità di utilizzare il lavoratore in altre mansioni – anche diverse purchÈ© equivalenti a quelle precedentemente svolte – spetta al datore di lavoro, È anche vero che, trattandosi di prova negativa, la prova relativa non può che essere fornita mediante risultanze probatorie di natura presuntiva, come l’inesistenza all’epoca del recesso di vuoti di organico, in riferimento alle stesse mansioni o a quelle equivalenti, o la mancata assunzione successivamente al licenziamento e per un periodo congruo di altri dipendenti con la medesima qualifica”; ha aggiunto che incombe sul lavoratore “un onere di allegazione relativamente all’indicazione delle circostanze di fatto idonee a dimostrare, o a far presumere, l’esistenza, nell’ambito della struttura aziendale, di posti di lavoro in cui potrebbe essere utilmente adibito, ponendo in tal modo la parte datoriale nella condizione di poter dimostrare concretamente per quale motivo l’inserimento del lavoratore nelle posizioni lavorative evidenziate non era praticabile”; la Corte, quindi, sulla base degli elementi acquisiti al giudizio, ha ritenuto provata “la impossibilità di utilizzare l’attività lavorativa della Santi in altro settore con mansioni equivalenti”;
  4. per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la soccombente con quattro motivi; ha resistito con controricorso la società;

entrambe le parti hanno comunicato memorie;

all’esito della camera di consiglio, il Collegio si È riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni;

Motivi della decisione

CONSIDERATO CHE

  1. il primo motivo di ricorso denuncia: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 3della legge n. 604 del 1966(Art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.). In ordine alla legittimità della scelta datoriale di perseguire un maggior profitto”; si critica l’orientamento di legittimità maturato a partire da Cass. n. 25201 del 2016;

il motivo non può trovare accoglimento; oltre al profilo di inammissibilità derivante dalla circostanza che la doglianza non si misura con l’effettiva ratio decidendi della sentenza impugnata, atteso che la Corte territoriale ha ritenuto giustificata la soppressione del posto di lavoro dovuta non ad una mera ricerca del profitto, bensì ad una modifica organizzativa scaturita da una innovazione tecnologica, la censura È comunque infondata alla luce di un oramai pluriennale orientamento di questa Corte, che va ribadito (tra le altre: Cass. n. 25201 del 2016Cass. n. 10699 del 2017Cass. n. 31158 del 2018Cass. n. 19302 del 2019Cass. n. 3908 del 2020Cass. n. 3819 del 2020Cass. n. 2234 del 2020Cass. n. 41586 del 2021Cass. n. 14840 del 2022Cass. n. 33892 del 2022; Cass. n. 37946 del 2022Nu Cass. n. 752 del 2023Cass. n. 1960 del 2023);

il Collegio non riscontra elementi per mutare il richiamato orientamento (cfr. art. 360 bis, comma 1, n. 1, c.p.c.), atteso che, una volta che l’interpretazione della reguia iuris È stata enunciata con l’intervento nomofilattico della Corte regolatrice, essa “ha anche vocazione di stabilità, innegabilmente accentuata (in una corretta prospettiva di supporto al valore delle certezze del diritto) dalle novelle del 2006 (art. 374 c.p.c.) e 2009 (art. 360 bis c.p.c., n. 1)” (Cass. SS.UU. n. 15144 del 2011); invero, la ricorrente affermazione nel senso della non vincolatività del precedente deve essere armonizzata con l’esigenza di garantire l’uniformità dell’interpretazione giurisprudenziale attraverso il ruolo svolto dalla Corte di Cassazione (Cass. SS.UU. n. 23675 del 2014), atteso che, in un sistema che valorizza l’affidabilità e la prevedibilità delle decisioni, il quale influisce positivamente anche sulla riduzione del contenzioso, vi È l’esigenza, avvertita anche dalla dottrina, “dell’osservanza dei precedenti e nell’ammettere mutamenti giurisprudenziali di orientamenti consolidati solo se giustificati da gravi ragioni” (in termini: Cass. SS.UU. n. 11747 del 2019; conf. Cass. n. 2663 del 2022), nella specie non ravvisabili, tenuto altresì conto della primaria necessità di garantire – ai cittadini che si rivolgano al giudice per tutelare analoghe situazioni soggettive – delle condizioni di effettiva eguaglianza innanzi alla legge; ne consegue che, in mancanza di ragioni nuove e diverse da quelle disattese nei giudizi analoghi, deve operare il principio di fedeltà ai precedenti, come più volte ribadito da questa Corte sulla base delle considerazioni che precedono (cfr., tra innumerevoli, Cass. n. 14204 del 2023, in materia di interpretazione di contratti collettivi; Cass. n. 11938 del 2023, Cass. n. 9749 del 2023 e Cass. n. 6840 del 2023, in materia di prescrizione; Cass. n. 6668 del 2023 e Cass. n. 6653 del 2023, in materia di cd. “doppia retribuzione” conseguente a cessione di ramo d’azienda; Cass. n. 3868 del 2023, in materia di vittime del dovere; Cass. n. 22168 del 2022, in materia di decadenza ex art. 32, comma 4, lett. d) l. n. 183/2010Cass. n. 10729 del 2023, Cass. n. 35666 d 2021, Cass. n. 22249 del 2021, Cass. n. 18948 del 2021 e Cass. n. 7364 del 2021, in materia di art. 2112 c.c.; Cass. n. 21569 del 2019, in materia di indennità cd. “De Maria”; Cass. n. 6668 del 2019, in materia di somministrazione; Cass. n. 26671 del 2018, in materia di ammissione di crediti al passivo del fallimento);

  1. il secondo motivo denuncia: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 3della legge n. 604 del 1966(Art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.) per la possibilità di utilizzo parziale della prestazione lavorativa della ricorrente con modalità part time”;

la doglianza non può essere condivisa; non È in discussione che, ai fini della configurabilità della ipotesi di soppressione del posto di lavoro, integrante il giustificato motivo oggettivo di recesso, non È necessario che vengano soppresse tutte le mansioni in precedenza attribuite al lavoratore licenziato, nel senso della loro assoluta e definitiva eliminazione nell’ottica dei profili tecnici e degli scopi propri dell’azienda di appartenenza, atteso che le stesse ben possono essere soltanto diversamente ripartite e attribuite nel quadro del personale già esistente, secondo insindacabili e valide, o necessitate, scelte datoriali relative ad una ridistribuzione o diversa organizzazione imprenditoriale, senza che detta operazione comporti il venir meno della effettività di tale soppressione (in questo senso costante giurisprudenza risalente, tra cui v. Cass. n. 8135 del 2000Cass. n. 13021 del 2001Cass. n. 21282 del 2006, citate anche da Cass. n. 11402 del 2012, richiamata da parte ricorrente a sostegno del gravame);

si È pure affermato che la soppressione parziale del posto presuppone ed implica ex se che ci sia una (maggiore o minore) attività residuale che il lavoratore licenziato potrebbe continuare a svolgere per il solo fatto che già la espletava in precedenza; ed allora il datore di lavoro non può senz’altro respingere questa parziale utilità residuale della prestazione lavorativa, ma deve prima verificare la residuale concreta utilità della prestazione lavorativa del dipendente eventualmente in part time, nel senso che la redistribuzione delle mansioni tra altri dipendenti rimarrà pur sempre possibile, ma solo dopo che sia stata esclusa, per ragioni tecnico-produttive, la possibilità di espletamento, ad opera del lavoratore solo parzialmente eccedentario, della parte di prestazione lavorativa liberatasi per effetto della parziale soppressione del posto ricoperto (cfr. Cass. n. 6229 del 2007);

È tuttavia successivamente precisato che, al fine di ritenere la possibilità di un utilizzo parziale del lavoratore nella medesima posizione lavorativa, se del caso ridotta con l’adozione dei part time, è necessario che le mansioni diverse da quelle soppresse rivestano, nell’ambito del complesso dell’attività lavorativa svolta, una loro oggettiva autonomia, non risultino cioè intimamente connesse con quelle (prevalenti) soppresse, in modo che possa ritenersi che il residuo impiego, anche part time, nelle mansioni non soppresse, non finisca per configurare la creazione di una diversa ed autonoma posizione lavorativa, con indebita alterazione dell’organizzazione produttiva; in altri termini l’attività – pur minoritaria – non oggetto di soppressione dovrebbe qualificarsi in termini di effettiva autonomia, sÌ da poter ritenere che la posizione lavorativa fosse connotata in termini di affiancamento di diverse mansioni, ciascuna delle quali indipendente e distinta – anche in termini logistici e temporali – dallo svolgimento dell’altra e non già intimamente connesse fra loro, come dovrebbe invece ritenersi laddove le mansioni non soppresse fossero svolte in via sostanzialmente ausiliaria o complementare di quelle oggetto di soppressione (in termini, Cass. n. 11402/2012 cit.); evidentemente, il necessario carattere di oggettiva autonomia del complesso delle mansioni non soppresse, al fine di non configurare la creazione di una diversa ed autonoma posizione lavorativa, con indebita alterazione dell’organizzazione produttiva, deve essere escluso non solo allorché risultino intimamente connesse con quelle (prevalenti) soppresse, ma anche quando – come nella specie stato accertato dalla Corte territoriale – abbiano un carattere residuale non quantitativamente rilevante, occasionale, promiscuo e ancillare rispetto ai compiti di altri dipendenti;

  1. col terzo mezzo si lamenta la “Violazione e falsa applicazione dell’art. 3della legge n. 604 del 1966(Art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.) e dell’art. 2103 c.c. In ordine alla mancata prova del repechage”; si censura la sentenza impugnata per l’erroneo riparto degli oneri di allegazione e prova del repechage, imponendo alla lavoratrice un onere di allegazione non dovuto; si eccepisce che, in ragione del nuovo testo dell’art. 2103 c.c., in seguito alle modifiche introdotte dall’art. 3 del D.Lgs. n. 81 del 2015, “l’ampiezza dell’obbligo di repechage abbraccia tutte quelle posizioni lavorative che siano riconducibili allo stesso livello e categoria possedute dal lavoratore passibile di licenziamento”;

con l’ultimo motivo si denuncia: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 604 del 1966 (Art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.) e dell’art. 2103 c.c. In ordine al repechage in mansioni inferiori”; si eccepisce che, nonostante la questione fosse stata posta sin dall’atto introduttivo del giudizio e coltivata nel suo seguito, “la Corte romana non si sia curata della necessaria allegazione e prova della possibilità di repechage in mansioni inferiori”;

  1. il Collegio reputa fondati tali motivi di ricorso, da valutare congiuntamente per reciproca connessione;

4.1. l’affermazione dei giudici d’appello secondo cui incomberebbe sul lavoratore un onere di allegazione circa “l’esistenza, nell’ambito della struttura aziendale, di posti di lavoro in cui potrebbe essere utilmente adibito” contrasta con una oramai consolidata giurisprudenza di legittimità, secondo la quale spetta al datore di lavoro l’allegazione e la prova dell’impossibilità di repechage del dipendente licenziato, senza che sul lavoratore incomba un onere di allegazione dei posti assegnabili (ab imo: Cass. n. 5592 del 2016);

4.2. parimenti, la sentenza impugnata mostra di ritenere come riportato nello storico della lite – che l’onere di prova l’impossibilità di ricollocare il lavoratore da licenziare sia limitato alla possibilità che quest’ultimo possa svolgere mansioni comunque equivalenti a quelle precedentemente espletate, trascurando che, per condivisa giurisprudenza di questa Corte, l’indagine va estesa anche all’impossibilità di svolgere mansioni anche inferiori (da ultimo v. Cass. n. 31561 del 2023, cui si rinvia per ogni ulteriore aspetto, anche ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c.);

invero, sin da Cass. SS.UU. n. 7755 del 1998, È stato sancito il principio per il quale la permanente impossibilità della prestazione lavorativa può oggettivamente giustificare il licenziamento ex art. 3 l. n. 604 del 1966 sempre che non sia possibile assegnare il lavoratore a mansioni non solo equivalenti, ma anche inferiori; l’arresto riposa sull’assunto razionale dell’oggettiva prevalenza dell’interesse del lavoratore al mantenimento del posto di lavoro, rispetto alla salvaguardia di una professionalità che sarebbe comunque compromessa dall’estinzione del rapporto; il principio, originariamente affermato in caso di sopravvenuta infermità permanente, È stato poi esteso anche alle ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo dovute a soppressione del posto di lavoro in seguito a riorganizzazione aziendale, ravvisandosi le medesime esigenze di tutela del diritto alla conservazione del posto di lavoro da ritenersi prevalenti su quelle di salvaguardia della professionalità del lavoratore (Cass. n. 21579 del 2008Cass. n. 4509 del 2016Cass. n. 29099 del 2019Cass. n. 31520 del 2019); È stato, così, affermato che il datore, prima di intimare il licenziamento, È tenuto a ricercare possibili situazioni alternative e, ove le stesse comportino l’assegnazione a mansioni inferiori, a prospettare al prestatore il demansionamento, in attuazione del principio di correttezza e buona fede, potendo recedere dal rapporto solo ove la soluzione alternativa non venga accettata dal lavoratore (cfr. Cass. n. 10018 del 2016; v. pure Cass. n. 23698 del 2015, Cass. n. 4509 del 2016Cass. n. 29099 del 2019);

  1. la sentenza impugnata sulla violazione dell’obbligo di repechage non si È attenuta ai richiamati principi, per cui, respinti i primi due motivi di ricorso, devono essere accolti gli altri, con cassazione della pronuncia in relazione alle censure ritenute fondate e rinvio alla Corte indicata in dispositivo che si uniformerà a quanto statuito, regolando anche le spese del giudizio di legittimità;

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo ed il quarto motivo di ricorso e rigetta gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese.

Conclusione

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 29 novembre 2023.

Depositatao in Cancelleria il 30 gennaio 2024.

Decorrenza della prescrizione dei crediti retributivi in corso di rapporto di lavoro

Con la sentenza 36197/2023, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite è chiamata a pronunciarsi sui seguenti quesiti:

  1. se la prescrizione dei crediti retributivi dei lavoratori nel pubblico impiego contrattualizzato debba decorrere dalla fine del rapporto, a termine o a tempo indeterminato, o, in caso di successione di rapporti, dalla cessazione dell’ultimo, come accade nel lavoro privato;
  2. se, nell’eventualità di abuso nella reiterazione di contratti a termine, seguita da stabilizzazione presso la stessa P.A. datrice di lavoro, la prescrizione dei crediti retributivi debba decorrere dal momento di tale stabilizzazione;

L’attualità del tema è data dall’entrata in vigore della legge 92 del 2012 e quindi del DLGS n.23/2015 che in caso di licenziamento illegittimo nella maggioranza dei casi hanno fatto venir meno l’ipotesi della conseguente reintegra.

Di seguito, la Corte di Cassazione con la sentenza n.26246 del 2022 ha stabilito che, in assenza della tutela reale, poteva in ogni caso ritenersi incombente sul lavoratore il timore della conseguente reazione datoriale e quindi la prescrizione doveva ritenersi operante a partire dalla cessazione del rapporto di lavoro.

Ora lo stesso tema si pone nell’ambito del pubblico impiego contrattualizzato.

Va notato in proposito che dopo alcune oscillazioni giurisprudenziali con l’articolo 21 del decreto Madia era affermata nell’ambito delle Pubbliche Amministrazioni la piena applicabilità della legge sui licenziamenti nel testo originale che prevedeva la reintegrazione in caso di licenziamento illegittimo per il personale non dirigente e dirigente.

La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, è chiamata ad affrontare il tema che già sul presupposto della confermata stabilità del posto di lavoro pubblico in base all’articolo 21 del decreto Madia dovrebbe trovare soluzione nel senso di consentire il decorrere della prescrizione in corso di rapporto di lavoro.

La Corte affronta però il tema della decorrenza della prescrizione nel caso di reiterazione di contratti a termine nell’ambito del settore pubblico.

Essa ribadisce per il pubblico impiego, la regola già vigente della decorrenza della prescrizione in costanza di rapporto di lavoro in nome della peculiarità tuttora persistente tra lavoro alle dipendenze dei privati e delle pubbliche amministrazioni anche in forza dei principi fondamentali contenuti nell’articolo 97 della Costituzione.

Secondo le Sezioni Unite “La privatizzazione non ha comportato una totale identificazione tra lavoro pubblico privatizzato e lavoro privato. In particolare, permangono nel lavoro pubblico privatizzato quelle peculiarità individuate dalla Corte Costituzionale, in relazione al previgente regime dell’impiego pubblico, come giustificative di un differente regime della prescrizione: sia in punto di stabilità del rapporto di lavoro a tempo indeterminato (D.Lgs. n. 165 del 2001art. 51, comma 2 e, all’attualità, D.Lgs. cit., art. 63, comma 2), che, in punto di eccezionalità del lavoro a termine (secondo la disciplina speciale dell’art. 36 D.Lgs. cit.)…” (Cass. 19 novembre 2021, n. 35676, in motivazione sub p.to 42, così, massimata: “In tema di pubblico impiego contrattualizzato, nell’ipotesi di contratto di lavoro formalmente autonomo, del quale sia successivamente accertata la natura subordinata, la prescrizione dei crediti retributivi decorre in costanza di rapporto, attesa la mancanza di ogni aspettativa del lavoratore alla stabilità dell’impiego e la conseguente inconfigurabilità di un metus in ordine alla mancata continuazione del rapporto suscettibile di tutela”).

Fabio Petracci

Il termine di 120 giorni per la conclusione del procedimento del procedimento disciplinare

Con l’ordinanza n. 33382/2023 la Corte di Cassazione in tema di procedimento disciplinare nell’ambito del pubblico impiego, ha ritenuto che il termine di 120 giorni tassativamente prescritto per concludere a pena di decadenza il procedimento disciplinare decorra dalla data di prima acquisizione della notizia dell’infrazione che coincide con quella in cui la notizia è pervenuta all’ufficio per i procedimenti disciplinari o, se anteriore, con la data in cui la notizia medesima è pervenuta al responsabile della struttura in cui il dipendente lavora”.

Ove non sia possibile individuare un dirigente o un responsabile dell’Ufficio interessato competente, il termine per concludere il procedimento disciplinare non può che decorrere, ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001art. 55 bis, comma 4, secondo e terzo periodo, dalla data in cui la notizia dell’illecito è pervenuta all’ufficio per i procedimenti disciplinari.

La pronuncia prende in esame un caso verificatosi in data anteriore al DLGS 75/2017 (Riforma Madia) che ha apportato importanti innovazioni all’impianto disciplinare del pubblico impiego, modificando sensibilmente l’articolo 55 bis del DLGS 165/2001 che scandisce i termini del procedimento disciplinare.

A seguito della riforma Madia, solo i termini di avvio e di conclusione del procedimento disciplinare sono perentori, mentre la violazione di altri termini nell’ambito del procedimento, non comportano la decadenza dall’azione disciplinare, a meno che non ne risulti irrimediabilmente compromesso il diritto di difesa del dipendente.

La nuova normativa che va ad innovare l’articolo 55 bis del DLGS 165/2001 prevede che, nel caso in cui il fatto addebitato abbia una conseguenza disciplinare superiore al rimprovero verbale, il Responsabile della struttura entro dieci giorni, segnala il fatto all’Ufficio Procedimenti Disciplinari (UDP) e quindi quest’ultimo con immediatezza e comunque non oltre trenta giorni dal ricevimento della segnalazione , provvede a trasmettere la contestazione scritta dell’addebito al dipendente, convocandolo con un preavviso di dieci giorni per l’audizione disciplinare.

Quindi, l’UDP conclude il procedimento con l’atto di archiviazione o con l’irrogazione della sanzione, entro 120 giorni dalla contestazione dell’addebito.

A questo punto, dopo la riforma attuata con il decreto legislativo Madia DLGS 75/2017, gli unici due termini tassativamente previsti a pena di decadenza sono il termine di avvio del procedimento ( invio all’Ufficio Disciplinare 10 giorni) ed il termine di conclusione del procedimento 120 giorni dall’avvio dee contestazione.

Quindi, a seguito della riforma Madia,  il termine di 120 giorni per la conclusione del procedimento disciplinare non è più ancorato alla data della prima acquisizione della notizia dell’infrazione, come precedentemente stabilito al vecchio testo dell’articolo 55 bis DLGS 165/2001, ma è riferito ad una data più chiara e facilmente individuabile data dalla “contestazione dell’addebito fatta dall’UPD” al lavoratore.

Fabio Petracci

Posizioni organizzative per la copertura di posizioni dirigenziali: la normativa contrattuale trova applicazione parziale

La Cassazione civile, Sez. lavoro, con sentenza 30 ottobre 2023, n. 30097, cassa una sentenza di appello che aveva ritenuto illegittima la decurtazione dell’indennità di posizione in un ente privo di dirigenza, ritenendo che la decurtazione fosse illegittima in quanto il relativo decreto sindacale non era stato preceduto da concertazione con le OOSS e che i motivi addotti non fossero validi (ente di piccole dimensioni, minore carico di lavoro del dipendente e difficile situazione finanziaria dell’ente).

I giudici di legittimità osservano come la Corte territoriale non abbia tenuto conto delle disposizioni del contratto collettivo applicabili. In particolare, osserva la Suprema Corte che  “per i Comuni di minori dimensioni demografiche non si procede dunque alla formazione del Fondo di cui all’art. 10, e gli oneri della retribuzione di posizione sono determinati nell’ambito delle risorse finanziarie previste dai medesimi Comuni a carico dei rispettivi bilanci; ne consegue che nel caso in cui il Comune versi in una situazione deficitaria è giustificata la riduzione della retribuzione di posizione, purché tale riduzione avvenga nel rispetto dei limiti minimi”. Inoltre, precisa la Suprema Corte, “l’art. 16 del CCNL 31 marzo 1999 non si applica dunque ai Comuni di piccole dimensioni, per i quali non si procede alla formazione del Fondo di cui all’art. 10”; gli oneri della retribuzione di posizione “sono determinati nell’ambito delle risorse finanziarie previste dai Comuni di minori dimensioni demografiche a carico dei rispettivi bilanci”.

In pratica, nel caso in cui un comune di piccole dimensioni voglia sostituire un dirigente con una posizione organizzativa, la comune normativa contrattuale che prevede il concorso di apposito fondo e la concertazione con le organizzazioni sindacali, trova delle rilevanti eccezioni che andremo ad esaminare.

Il CCNL del 1999 per le funzioni locali relativo al sistema di classificazione del personale all’articolo 9 prevede l’istituzione delle “posizioni organizzative” definite come posizioni di lavoro che richiedono assunzione diretta di elevata responsabilità di prodotto e di risultato.

Non si tratta quindi di un diverso inquadramento, ma di una funzione che pur appartenendo sempre all’area apicale, implica l’assunzione di maggiore responsabilità.

Il successivo articolo 9 del medesimo contratto collettivo (Conferimento e revoca degli incarichi per le posizioni organizzative) stabilisce le modalità per il conferimento della posizione organizzativa prevedendo come le posizioni organizzative siano conferite dai dirigenti per un periodo non superiore a cinque anni (quindi a termine) previa determinazione di criteri generali da parte degli enti, con atto scritto e motivato.

Gli incarichi possono essere revocati prima della scadenza con atto scritto e motivato, in relazione a intervenuti mutamenti organizzativi o in conseguenza di specifico accertamento di risultati negativi.

Il successivo articolo 10 stabilisce invece il trattamento economico che spetta a chi è attribuita la posizione organizzativa.

E’ previsto che Il trattamento economico accessorio del personale della categoria D titolare delle posizioni di cui all’art. 8 è composto dalla retribuzione di posizione e dalla retribuzione di risultato. Il trattamento è omnicomprensivo in quanto esso assorbe tutte le competenze accessorie e le indennità previste dal vigente contratto collettivo nazionale, compreso il compenso per il lavoro straordinario.

Per quanto riguarda la retribuzione di posizione, essa varia da un minimo di L. 10.000.000 ad un massimo di L. 25.000.000 annui lordi per tredici mensilità. E’ previsto come ciascun ente stabilisce la graduazione della retribuzione di posizione in rapporto a ciascuna delle posizioni organizzative previamente individuate.

L’importo della retribuzione di risultato varia da un minimo del 10% ad un massimo del 25% della retribuzione di posizione attribuita. Essa è corrisposta a seguito di valutazione annuale.

Il tema affrontato dall’ordinanza della Corte di Cassazione trova riscontro nel successivo articolo 11 (Disposizioni in favore dei Comuni di minori dimensioni demografiche) dove è previsto che i comuni privi di posizioni dirigenziali nell’ambito delle risorse finanziarie previste dai rispettivi bilanci applicano la disciplina delle posizioni organizzative ai dipendenti ai quali, in assenza della dirigenza, sia attribuita la responsabilità degli uffici e dei servizi.

Il successivo articolo 16 (relazioni sindacali) prevede apposita procedura di concertazione tra gli enti e le rappresentanze sindacali in merito ai criteri generali per il conferimento degli incarichi relativi alle posizioni organizzative e relativa valutazione periodica.

Con l’ordinanza in commento, la Cassazione ha ritenuto definiti dalla legge l’individuazione degli incarichi e dei compensi per le posizioni organizzative destinate a ricoprire le posizioni dirigenziali.

Fabio Petracci