Scelta del CCNL e poteri dell’Ispettorato del lavoro

Il T.A.R. della Lombardia, con sentenza n. 2046 del 4 settembre 2023, ha accolto il ricorso di un datore di lavoro ispezionato e sanzionato in merito al CCNL applicabile in azienda.

Il CCNL da applicare in azienda rientra nella sfera di esclusiva competenza del singolo datore di lavoro e, pertanto gli Ispettori del Lavoro potranno imporre di applicare un diverso contratto – in sostituzione del CCNL prescelto – soltanto se vi sono clausole contrarie alla legge oppure riferibili ad un settore economico differente da quello in cui opera l’impresa oppure qualora questo non rispetti il contenuto previsto dalle norme vigenti in materia di “minima” contribuzione previdenziale ed assicurativa.

Dunque, l’Ispettorato del Lavoro non può imporre un diverso CCNL, tramite un provvedimento amministrativo semplicemente teso a migliorare il profilo retributivo dei lavoratori dipendenti.

Nel caso di specie una società cooperativa applicava coerentemente un CCNL specifico per i lavoratori dipendenti del comparto della vigilanza privata e dei servizi fiduciari il quale è stato sottoscritto da sindacati comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale.

L’Ispettorato del Lavoro di Como-Lecco applicava all’impresa cooperativa in questione un provvedimento di disposizione ex art. 14 del D.Lgs. n. 124/2004 – rifacendosi all’articolo 36 della Costituzione che sancisce una retribuzione dignitosa per i lavoratori dipendenti – tramite cui si obbligava il datore di lavoro ad adottare un diverso CCNL, precisamente uno specifico per i Multiservizi, che prevede trattamenti economici superiori con il conseguenziale obbligo di corrispondere le differenze retributive, relative agli arretrati, calcolate in base alle tabelle del CCNL Multiservizi.

La citata pronuncia del TAR annulla il provvedimento di disposizione dell’ITL e si rifà esplicitamente all’artico 7, comma 4°, del D.L. n. 248/2007 che è stato convertito con la Legge n. 31/2008 il quale sancisce che il trattamento economico complessivo minimo da garantire ai lavoratori è quello stabilito dal CCNL del settore comparativamente più rappresentativo sul piano nazionale in quanto – oltre ad essere ritenuto come l’unica fonte idonea ad assicurare la proporzionalità e la sufficienza della retribuzione richiesta dall’articolo 36 della Costituzione – è considerato allo stesso tempo anche come l’unico parametro di riferimento esterno con cui comparare nel complesso la parte economica e la parte normativa previste dal CCNL liberamente scelto dall’impresa in maniera tale da garantire la libertà sindacale, anch’essa tutelata a livello costituzionale.