La Corte dei Conti non invade il campo riservato alla discrezionalità della Pubblica Amministrazione laddove intervenga su scelte non conformi ai canoni fondamentali della buona amministrazione.

La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 22811/2020 decide riguardo al presunto eccesso di potere giurisdizionale per violazione dei limiti imposti dalla legislazione al sindacato della Corte dei conti in merito alle scelte discrezionali dell’amministrazione. In particolare, la sentenza della corte dei conti aveva condannato una dipendente, colpevole di danno erariale, avendo affidato senza il pagamento dei canoni di concessione la gestione di spazi offerti in uso gratuito a un’associazione culturale per la realizzazione di spettacoli teatrali estivi.

Hanno affermato le sezioni unite che la discrezionalità amministrativa non può essere invocata al fine di escludere il sindacato della Corte dei conti, ove l’esercizio in concreto di tale discrezionalità si risolva in una condotta posta in violazione della disciplina normativa che, ai fini della valorizzazione del bene appartenente al patrimonio culturale, imponeva, per la concessione in uso di spazi del bene stesso, l’applicazione del canone. La Corte dei conti, perciò, può e deve verificare la compatibilità delle scelte amministrative con i fini pubblici dell’ente, che devono essere ispirati ai criteri di economicità ed efficacia, ex art. 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

Quindi il giudice contabile, al contrario, ha censurato la condotta consistente nella violazione delle norme di settore che imponevano la corresponsione del canone di concessione da parte dell’associazione, laddove l’utilizzazione degli spazi era stata consentita dall’amministrazione a titolo gratuito, senza che l’assegnazione fosse stata preceduta da una adeguata valutazione dei presupposti per la gratuità e senza tenere nel debito conto le criticità evidenziate da una nota dell’Ufficio tecnico; inoltre. Pertanto la Corte dei Conti ha addebitato alla Soprintendente la mancata rispondenza di tale assegnazione gratuita al fine della valorizzazione del bene appartenente al patrimonio culturale. Sotto quest’ultimo profilo, la Corte dei conti ha osservato che, secondo la disciplina dettata dal codice dei beni culturali e del paesaggio, approvato con il d.lgs. 12 gennaio 2004, n. 42, la valorizzazione si compendia nell’insieme delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso, da attuarsi in forme compatibili con la tutela ed in modo da non pregiudicarne le esigenze, e ha sottolineato che la valorizzazione può essere intesa in due modi, sia quale potenziamento dell’espressione del valore culturale del bene, sia come criterio di gestione dell’istituto della cultura capace di autofinanziarsi secondo canoni di efficienza, di efficacia e di economicità

Ne deriva, a detta delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che è infondata la questione di difetto di giurisdizione in relazione al preteso sindacato della Corte dei conti su scelte discrezionali della pubblica amministrazione, avendo esso riguardato non le scelte proprie del potere discrezionale, ma l’uso del potere in modo non conforme al dovere di diligente cura degli interessi dell’ente, e quindi causativo di un pregiudizio diretto al patrimonio dell’ente medesimo sotto il profilo